Giuda, la scoperta che non siamo predestinati al male.
Un antichissimo canto cristiano del venerdì Santo (il "Trisaghion") unisce le due lingue dell'antichità cristiana (il greco e il latino) in una lunga litania che chiede a Dio di avere misericordia di noi, suo piccolo gregge. Nei secoli questa preghiera multilingue si è arricchita nella liturgia della settimana santa intrecciandosi ai testi dei cosiddetti "lamenti del Signore", ispirati ai testi dei profeti dell'antico testamento.
In questa interpretazione musicale dei Gen Verde, le due lingue originali si arricchiscono con interventi in Aramaico e in italiano, in un canto senza tempo e senza luogo il cui centro è la miseria umana che incontra l'infinita misericordia di Dio che si lascia umiliare e uccidere per amore.
LYRICS
Ágios o Theós, Sanctus Deus
Ágios ischyrós, Sanctus fortis
Ágios athánatos, Sanctus immortalis
Elì, Elì, lemà sabactàni?
Perché, mio Dio, mi hai abbandonato?
Servo del Signore
Al legno della croce
Appeso e maledetto
Dal popolo che hai scelto
Kyrie eléison emás
Miserere nobis, Domine
O Signore Dio abbi pietà
Elì, Elì…
Muori tra gli scherni
Gli sputi ed i flagelli
A chi ti uccide doni
Parole di perdono
Kyrie eléison emás
Miserere nobis, Domine
O Signore Dio abbi pietà
Elì, Elì…
Calice di strazio
Agnello sfigurato
Un verme, non un uomo
Che grida il suo abbandono
Kyrie, Kyrie eléison emás…
Elì, Elì…
Tenebra che piomba
E l’anima che affonda
È tutto ormai compiuto
T’affidi al cielo muto
Kyrie eléison emás…
Elì, Elì…
Ágios o Theós, Sanctus Deus
Ágios ischyrós, Sanctus fortis
Ágios athánatos, Sanctus immortalis
Uno di voi mi tradirà... Non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte.
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 13,21-33.36-38)
In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l'un l'altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte.
Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire».
Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte».
Martedì Santo. Il male non è necessario per due volte. Oggi e domani incontreremo Giuda e dovremo misurarci con questa figura così scomoda, così fastidiosa. E la prima cosa che bisogna sempre tornare a dire, sempre, sempre, è che Giuda non è necessario. Storicamente non è predestinato. Non è predestinato perché serve solo per prendere Gesù con calma, in maniera pulita, in maniera tranquilla. La notte lo avrebbero preso comunque, lo avrebbero ucciso comunque. Era già decisa la morte di Cristo, non è necessaria, ma questa cosa ci riporta a una questione più profonda. Perché tutti vedono la necessità.
Tutte queste storie sulla predestinazione di Giuda, che non stanno da nessuna parte, sono un modo per non assumersi la responsabilità del male. L'uomo dice sempre: "Non è colpa mia." Lo dice di Giuda, e lo dice di se stesso. Il problema non è "colpa mia, non l'ho fatto io", ma "era mia moglie, era mio marito". Tutti fanno così, in ufficio fanno così, e se ne approfittano. Il mondo va così, e che cosa dobbiamo fare?
Giuda ci mostra cos'è scusarsi, cos'è fingere di non avere la responsabilità. Questo modo di leggere Giuda è ancora una volta, vi rendete conto, noi misuriamo con le nostre idee il Vangelo, al posto di lasciarci misurare dal dramma di Giuda, dalla tragedia di Giuda e anche di Pietro, che però chiede perdono. È lo stravolgere la vita.
Il bacio. Il bacio che rappresenta l'amore, lo faccio diventare il contrario. La tristezza. Quante volte l'ho sentito, lo avete sentito tutti voi, mi raccontano di una donna che dice: "Mio marito viene da me, mi dice: 'Caramia, baciami, abbracciami' e scopre, un minuto dopo, sul cellulare che mi sta tradendo con un'altra." È il non avere più gesti che significano quello che significano le parole. Le persone non sai più cos'è la verità, il tradimento, il mistero di non sapere più la verità delle parole nell'altro, del suo sguardo, del suo sorriso, del suo bacio. I bambini lo dicono: "Si è rotto un bicchiere." Come si può pubblicare la rotatoria?
Ma vedete, questo dice la nobiltà dell'uomo. Noi, cancellando la responsabilità, Giuda è uno dei Dodici, uno dei dodici. Si ripete continuamente nella Scrittura. Lo dice per dire: tu, uomo, sei nobile, sei libero e la dignità della tua vita è dire di sì all'amico, dire di sì a Cristo, dire di sì alla verità, dire di sì alla tua professione. Ed ecco che Cristo vive nel profumo, nella meraviglia di questo profumo che dice la sua bellezza per il mondo. E rivive dinanzi al tradimento dell'amico. E questa è la nostra vita.
Noi non abbiamo motivi, se il nostro amico ci tradisce. Se ci fosse un motivo, non sarebbe più un vero tradimento. E invece, noi sappiamo che lui e noi compiamo il peccato per nostra responsabilità. Ed ecco, allora, che il vero predestinato, questo è quello che nessuno ha il coraggio di dire, è Cristo. Cioè, tutta la serie dei peccati del mondo, liberi, tutti liberi, ha bisogno che uno muoia per salvarci, che uno dia la vita per noi. Il peccato serve almeno a una cosa. Tutte le altre cose non servono a niente.
È inutile. È inutile che Giuda spedisca, è la cosa più inutile dell'universo che tradisca la moglie, non serve a niente. Che uno rubi al lavoro, non serve a niente. Ma se noi la viviamo al cospetto di Cristo, serve a dire: "Ho bisogno di Te." Il peccato è quell'umiltà, anche quell'umiliazione, che ci porta a dire: "Signore, io ho bisogno che Tu muoia per me."
Ecco perché Cristo è il predestinato. Leggiamo i canti del Servo, di avere Cristo dal peccato, il Padre dal peccato originale, e poi aveva cominciato a preparare l'annuncio di Cristo necessario nel sangue di Abele, nell'innovazione di Sacco, nel Servo sofferente. Cioè, Cristo deve dare la vita. Sennò l'uomo resta solo con il suo peccato.
Ecco il dramma di Leonardo. Questa opera meravigliosa, Gesù dice: "Uno di voi mi tradirà" e Leonardo dipinge lo scatto delle persone. "No, no, no, no, no, non sono io." Giovanni, che è vicino e più giovane, come sempre dipinto, lui fra poco metterà la sua testa nel grembo di Cristo. Il gesto della fiducia, il gesto inequivocabile, il gesto reale del dono d'amore. Ma poi, nel Getsemani, taglieranno tutti la corda. Tutti, nessuno è predestinato a tagliare la corda dinanzi al bacio di Giuda, dinanzi a Cristo catturato. Tutti scapperanno. È Cristo che accetterà questa vocazione, questo disegno del Padre di dare la vita.
Voglio salutarvi con un testo di Leonardo Mondadori, nella sua vita, che raccontò alcuni anni fa. Lui dice così: "L'ho già detto, ma mi preme ripeterlo. La confessione ben fatta, sincera, completa, è fra le maggiori fonti di gioia che un uomo possa sperimentare. Se non ti vuoi confessare, ma quando ne esci, perché tu devi ammettere la verità del tuo peccato, la tua responsabilità, ma quando ne esci, senti che un altro ha preso su di sé. Esaminarsi sulle nostre colpe, assumersene l'onere, ci aiuta a recuperare quel senso di responsabilità che rischiamo di perdere. Ci confronta beneficamente con la verità su noi stessi, senza alibi e senza scuse ideologiche e sociologiche. Se avessi voluto trovare degli alibi e miei errori, le mie mancanze, non avevo che da scegliere. È stato il realismo cattolico, il suo richiamo alla responsabilità di ognuno, che mi ha aiutato e mi aiuta a stare lontano da ogni vittimismo, dal giustificazionismo, dal sociologo, dalla russa, dallo psicologo progressista, per il quale ogni colpa è della società, delle circostanze."
Pensate che nel cristianesimo serio, è l'unica religione che poi ha la confessione. È l'unica religione che prende sul serio il fatto che io e voi abbiamo bisogno di uno che ci dica: "Io ti assolvo." Non solo "Io ti comprendo, io ti conosco", che è importantissimo, guai a dimenticare la psicologia, ma "Io ti perdono. Io ti perdono."
Non esistono soltanto problemi che per definizione possono trovare una soluzione, come vorrebbero indurci a credere. Ci sono cose, tante cose, troppe, se guardiamo al nostro desiderio di felicità terrena, che sono irrimediabili. Ma quel Dio che facendosi uomo tra gli uomini non è venuto a distruggere la croce, ma a prenderla sulle spalle, alla fine a stendervi sopra la sofferenza, a fare con uno scacco oggi di cui dobbiamo liberarci ad ogni costo. Se si apprezza la vita solo come misura del piacere, del benessere, ma Cristo invece prende il peccato degli uomini su di sé.
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