Il profondo bisogno del magico spiega il successo di opere letterarie e cinematografiche come la saga di Harry Potter, che Gianluca Bracalante ha studiato in chiave teologica
Pubblicato da Cittadella editrice, il saggio del teologo Gianluca Bracalante esamina i risvolti teologici della saga che ha tenuto banco negli ultimi due decenni fra i lettori giovani e adulti amanti del fantasy: Harry Potter. Una lettura teologica (pagine 208, euro 15,50) . Il volume, che è aperto da una prefazione di Giuseppe Lorizio della quale anticipiamo alcuni brani, viene presentato questa sera alle 18, nella Pinacoteca di Vasto (Chieti), dall’arcivescovo Bruno Forte, dallo stesso Lorizio e da Francesca Fidelibus.
Abbiamo bisogno di ricorrere al genere fantasy per percepire, per quanto possibile, la magia della vita. E questo perché viviamo in un contesto occidentale dominato dalla 'scienza' e dalla 'tecnica'. In tale contesto culturale la magia è ritenuta prescientifica o del tutto antiscientifica, mentre potrebbe anche essere interpretata come postscientifica. Il profondo bisogno del magico spiega il successo di opere letterarie e cinematografiche come la saga di Harry Potter, che Gianluca Bracalante ha voluto leggere e studiare con passione e competenza. (...) Il senso 'magico' dell’esistenza presenta di volta in volta caratteri inquietanti e per altri versi affascinanti. Non a torto si ritiene che la magia rappresenti il contrario dell’autentica fede e sono facilmente identificabili luoghi della Scrittura e della Tradizione cristiana che la condannano e la bandiscono, di fronte ai quali ci sarebbe da chiedersi: ma quale magia viene stigmatizzata e deve esserlo in ambito credente? Il fascino, invece, risiede nel suo rapporto col 'mistero' e nell’orizzonte simbolico che viene a evocare. Ci sono potenze nella natura e nella storia che l’uomo non riesce a controllare, per questo tenta, attraverso un faticoso cammino di iniziazione, di acquisire conoscenze e strumenti per non soccombere di fronte a esse, quando risultino negative e nocive, oserei dire come il virus. Da un lato, senza necessariamente far ricorso alla ponderosa opera (in quattro grossi tomi), dal sapore esoterico ed ermetico di Giuliano Kremmerz, al secolo Ciro Formisano, dal titolo La scienza dei magi, i sapienti di cui narra il vangelo, che intraprendono un lungo cammino per andare incontro al Verbo incarnato, non possiamo non rilevare la possibilità di un’autentica apertura verso il Vero che avviene nella storia, da parte di quanti con cuore sincero e mente libera ricercano risposte di senso alle domande fondamentali. La stessa condanna di Simon mago, negli Atti degli Apostoli prende le distanze dalla commercializzazione del sapere e della religione, che l’ambiguo personaggio mette in atto, attentando alla gratuità della stessa fede e della redenzione operata da Cristo e che ci raggiunge nella Chiesa: un severo monito per uomini di chiesa che cedono alla tentazione del lucro, da cui il peccato di 'simonia', molto più diffuso di quanto non sembri e che il beato Antonio Rosmini aveva stigmatizzato nella quinta piaga della santa Chiesa: la servitù dei beni ecclesiastici. (...) La magia è una vocazione e un destino. Non è il futuro mago che sceglie la bacchetta, ma questa che sceglie lui. (...) La magia è potere. In tal senso ha a che fare con la 'tecnica', ma anche con la lotta per il potere di cui le diverse fazioni e i differenti personaggi intendono appropriarsi per piegare le potenze ai propri interessi, a meno che non si è saggi come l’autorevole Silente e interiormente liberi come Harry e i suoi amici. Di qui la fondamentale differenza fra autorità autentica e potere, che invece tende alla sottomissione dell’altro, persino del Totalmente Altro. (...) La magia è servizio. Si tratta di indirizzare le proprie cognizioni e la tecnica acquisita all’autenticamente umano, nel perenne tentativo di evitare ogni forma di violenza sugli altri, piuttosto di rivolgerla verso le parti oscure e negative della propria personalità, chiamata strada facendo a liberarsi non per usufruire ai propri fini strategici, politici o persino religiosi, di quanto impara dall’esistenza e dalla scuola. Fa riflettere in tutta la saga l’importanza proprio della formazione e dell’istituzione ad essa preposta, appunto la scuola, dove la convivenza fra maestri e discepoli offre occasioni preziose di crescita a ciascuno. La rinuncia alla pietra filosofale nel primo momento della vicenda e alla pietra della resurrezione nell’ultimo... non sta tanto a indicare un rifiuto dell’immortalità o della resurrezione, bensì il valore irripetibile e pertanto unico della vita e dell’esistenza qui e ora.
di Giuseppe Lorizio
Tratto da avvenire.it
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