Gesù si offre per essere il compagno di tutte le ore. E questo non ci basta? Lasceremo il Creatore per andare alle creature?Si, Gesù basta: là dove Egli è, niente manca.Adoriamo, baciamo, amiamo, lodiamo ogni parola del nostro Diletto...
del 16 ottobre 2005
Decima Tappa
 
Una sola volta Charles uscì dal suo eremo, quando un centinaio di legionari di scorta ad un convoglio vennero aggrediti e lasciarono sul campo cinquantun morti e quarantanove feriti. Solo allora Charles chiese un cavallo per raggiungere, da solo la zona dello scontro, e assistere feriti e moribondi.
«Ce la farà», disse il capitano della guarnigione. «Egli è l’unico che può attraversare senz’armi tutto il paese in rivolta. Nessuno gli torcerà un capello. Perché egli è sacro».
Quando fratel Charles tornò al suo eremo, c’era ad attenderlo una lettera del generale Leperrin (un vecchio amico di bagordi che aveva fatto carriera) che lo invitava ai confini dell’Hoggar, nell’estremo sud dell’Algeria, dove una popolazione antica e feroce, i Tuareg, era in rivolta.
A Charles piangeva il cuore al pensiero di dover lasciare quel suo amato eremo, ma ancora una volta comprese che gli era stato indicato un nuovo ultimo posto.
Comprese che non c’era nessun altro prete al mondo che avesse la possibilità di recarsi in quel luogo sperduto e feroce. A nessun altro lo avrebbero permesso.
Ma lui era «il Marabutto dal cuore rosso» e partì con l’intento di stabilirsi tra i Tuareg: «... Studierò la lingua, tradurrò il Santo Vangelo, parlerò di Dio agli indigeni».
Partì con un’asina sulla quale aveva caricato gli arredi della sua cappella e, dopo un lungo viaggio, si stabilì nell’oasi di Akablì, dove cominciò a conoscere i Tuareg: alti, dal portamento nobile, vestiti soltanto di blu, e gli uomini dal volto coperto, nelle loro tende di cuoio rosso.
Fu un continuo pellegrinaggio, da una tenda all’altra, da una tribù all’altra. In dieci mesi percorse cinquemila chilometri a piedi. Lo conoscevano come «il Marabutto cristiano, servitore del Dio unico, amante della solitudine».
 
Dai suoi scritti...
 
Ges√π si offre per essere il compagno di tutte le ore. E questo non ci basta? Lasceremo il Creatore per andare alle creature?
Si, Gesù basta: là dove Egli è, niente manca.
Adoriamo, baciamo, amiamo, lodiamo ogni parola del nostro Diletto.
Sarebbe troppo dolce sentire che amiamo Gesù, che siamo amati da lui e che siamo contenti della sua felicità: se sentissimo ciò, la terra sarebbe un paradiso. Contentiamoci di volere e di sapere con più merito e meno dolcezza.
La volontà dell’Amato, qualunque essa sia, deve essere non solo preferita, ma adorata, amata e benedetta senza limiti: bisogna adorarla come il Diletto stesso, ed amarla come lui smisuratamente.
Teniamo, senza tregua, lo sguardo rivolto all’immenso amore di Dio per noi, questo amore che gli ha fatto sopportare per ognuno di noi tante sofferenze, e che gli rende così dolce, piacevole e naturale farci le grazie più grandi.
Si può compiangere colui che fa la volontà di Nostro Signore? Vi è forse qualcosa di più dolce al mondo che fare la volontà di colui che si ama? E se, nell’eseguirla, si trova qualche sofferenza, allora la dolcezza è raddoppiata!…
 
L’obbedienza è l’ultimo, il più alto e il perfetto dei gradi dell’amore. Quello dove si cessa di esistere per se stessi, dove ci si annulla, dove si muore come Gesù sulla croce.
Sono felice di essere e di fare quel che vuole Gesù. Felice della felicità infinita di Dio. Se non ci fosse questa sorgente inesauribile di felicità e di pace, il male che si vede attorno condurrebbe alla tristezza.
 
 
ë Per la preghiera personale:  L’obbedienza è l’ultimo, il più alto grado dell’amore, quello dove si cessa di esistere per se stessi e si muore con Gesù in croce.
s Una domanda per la tua riflessione: Qual è il mio rapporto con l’obbedienza a genitori,adulti…Dio?
 
 
Redazione GxG
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