All'Oratorio i seminaristi sbandati
Sarà difficile dimenticare quell'anno. La guerra del Piemonte contro l'Austria, cominciata l'anno prima, aveva messo sottosopra tutta l'Italia. Le scuole pubbliche furono sospese. I seminari, in particolare quelli di Chieri e di Torino, furono chiusi e occupati dai militari. Per conseguenza, i seminaristi della nostra diocesi rimasero senza sede e senza maestri. Spinto da questa situazione, presi in affitto tutta la casa Pinardi. Non era molto, ma era tutto quello che potevo per fare del bene in quel momento così triste. Con tutta la casa a disposizione potevo moltiplicare le classi scolastiche, ingrandire la chiesa, raddoppiare lo spazio per i giochi, e portare il numero dei ragazzi ospitati giorno e notte a trenta.
Lo scopo principale, però, era di poter accogliere i chierici della diocesi. Questo scopo fu raggiunto, e si può dire che per quasi vent'anni la casa dell'Oratorio divenne il Seminario diocesano.
Quando chiesi di affittare tutta la casa Pinardi, gli inquilini protestarono rumorosamente. Fecero minacce a me, a mia madre, allo stesso Pinardi. Dovetti sborsare molto denaro, ma alla fine tutto l'edificio fu messo a nostra disposizione. Così, tutto quell'ambiente malfamato, che per vent'anni era stato luogo di vizio e di peccato, divenne nostro. Potevo disporre di tutta la zona dove ora sono il cortile e la casa dietro la chiesa di Maria Ausiliatrice.
Colletta per il Papa
Verso la fine dei 1848 gli avvenimenti politici costrinsero Pio IX a fuggire da Roma e a rifugiarsi a Gaeta. Questo grande Papa aveva molte volte dimostrato bontà e simpatia verso di noi. Quando si sparse la notizia che a Gaeta si trovava in difficoltà finanziarie, a Torino si fece una questua sotto il nome di Obolo di San Pietro.
Una commissione composta dal canonico Francesco Valinotti e dal marchese Gustavo Cavour venne all'Oratorio a chiedere anche il nostro contributo. La questua tra i ragazzi risultò di 33 lire. Era una cosa da poco, e noi cercammo di renderla gradita al Papa con una lettera di auguri che gli piacque molto. Manifestò il suo gradimento con una lettera indirizzata al cardinale Antonucci, allora Nunzio di Torino e poi arcivescovo di Ancona. Il cardinale veniva incaricato di dirci quanto l'aveva commosso la nostra offerta, e più ancora le parole che l'accompagnavano. Ricambiava mandandoci la sua benedizione papale e un pacco di 720 corone del Rosario. Furono distribuite solennemente ai giovani il 20 luglio 1850.
Il terzo Oratorio
I giovani che affollavano gli Oratori di Valdocco e di San Luigi erano sempre più numerosi. Passammo allora ad un terzo Oratorio. Fu quello dell'Angelo Custode, in borgo Vanchiglia, poco distante dal luogo dove la Marchesa Barolo fece poi costruire la chiesa di Santa Giulia.
Quell'Oratorio era stato fondato anni prima da don Giovanni Cocchi, e aveva più o meno lo stesso scopo dell'Oratorio di Valdocco. Ma don Cocchi, infiammato di amor patrio, aveva creduto bene di insegnare ai suoi giovani l'uso del fucile e della spada. Aveva marciato alla loro testa per partecipare alla guerra contro gli Austriaci.
L'Oratorio di don Cocchi rimase chiuso per un anno. Poi l'abbiamo affittato noi. Ne prese la direzione don Giovanni Vola, di cara memoria. Rimase funzionante fino al 1871, quando fu trasferito presso la chiesa parrocchiale. La marchesa Barolo lasciò un legato a favore dell'Oratorio, a patto che la cappella e il locale fossero a servizio dei ragazzi della parrocchia. Così si è fatto.
Il primo chierico dell'Oratorio
All'Oratorio di Valdocco, in quel tempo, arrivò una commissione di Deputati, incaricati dal Ministero degli Interni di visitare la nostra opera. Con gentilezza e amicizia videro tutto e tutti. Poi fecero una consistente relazione alla Camera dei Deputati. La relazione fu seguita da una lunga e vivace discussione, riportata dalla Gazzetta Piemontese dei 29 marzo 1850. A seguito di questa visita, la Camera dei Deputati ci assegnò un sussidio di lire 300. Urbano Rattazzi, in quel tempo Ministro degli Interni, ci fece assegnare lire 2000.
Alla fine dell'ottobre di quell'anno,' uno dei miei allievi, finalmente, vestì l'abito dei chierici. Si chiamava Ascanio Savio, e divenne poi Rettore del Rifugio. Fu il primo chierico dell' Oratorio.
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