Abbiam detto fin da principio che don Bosco era di carattere assai faceto e arguto. Lo stesso si può dire di sua madre. I fatterelli seguenti ne sono una splendida prova.
Il bastone della polenta
Nei primordi del suo Oratorio, per mancanza di locali, era costretto a radunare in cucina i vari gruppi dei suoi giovani studenti e artigiani. In un canto, seduti su un tavolo, c'erano i sarti che rattoppavano; più in là, ad un deschetto, i calzolai che martellavano; poi i legatori che cucivano i libri; dall'altra parte, gli studenti che svolgevano i loro compiti. Don Bosco era maestro in tutto, insegnava anche il canto e la musica, ed aiutava la mamma nel mestiere di cuoco.
Un giorno, mentre rimestava la polenta, aveva radunato attorno al focolare i cantori ai quali insegnava una canzone per Natale. A un certo punto, accortosi che precipitavano alquanto, si volge ed alzando il bastone della polenta, prese con quello a segnare il tempo.
Quell'atto improvviso e repentino, quel bastone giallo e fumante, quegli spruzzi bollenti che piovevano sulle mani e sulla faccia dei cantori in erba, fecero sbellicare dalle risa.
Peccato che non fossero ancora di moda le istantanee e le cartoline illustrate.
Quando troveremo un bue
Quelle polente però e quelle altre brode di fagioli e di castagne secche, non sempre stuzzicavano l'appetito dei suoi giovani, e talora succedeva che or l'uno or l'altro facessero il niffolo.
Allora don Bosco, da tenero papà, li andava incoraggiando con le sue trovate amene, e un giorno disse ad uno dei maggiormente schifiltosi:
- Su, Pin, mangia di buona voglia; quando troveremo un bue che non sia di nessuno, lo macelleremo e faremo delle belle scorpacciate di costolette arrosto.
Tanto bastò perché il ragazzo, rassegnato e festoso, mangiasse allegramente.
Perché quel chiodo?!
Ogni volta che gli capitava di incontrarsi con qualche suo allievo o conoscente che, per trascuranza o per inavvertenza, non lo salutava, faceva suo il fatto attribuito a san Filippo Neri, ossia lo fermava e gli diceva:
- Amico, perché quel chiodo sul cappello? L'amico prendeva in mano il cappello, e girandolo e rigirandolo, rispondeva alquanto smarrito:
- Quale chiodo?
Il Santo, sorridente e buono:
- Scusa, sai!... mi pareva di vedere un chiodo che ti fermasse il cappello, perché, passando, non mi salutavi.
Tanto bastava per cattivarsi la benevolenza di tutti perché tutti, passandogli innanzi, lo salutassero con premura, affinché non vedesse il chiodo sul cappello.
I numeri del lotto
Un giorno vennero due signori a domandargli i numeri del lotto. Il Santo, non avendo potuto scansarsi alle premurose insistenze, disse loro:
- Ebbene, giocate questi numeri: 10-5-14.
Quelli, contenti, se ne andavano; ma don Bosco soggiunse:
- Non ne volete la spiegazione?
- Non c'è bisogno!
- Ma se non ve la do, non saprete giocarli.
- Ce la dia dunque.
- Sentite bene: il numero 10 sono i dieci comandamenti di Dio. Il numero 5 sono i cinque precetti della Chiesa. Il numero 14 sono le quattordici opere di misericordia corporali e spirituali. Giocateli davvero, e farete fortuna.
Grosso salame
Trovandosi un giorno con un buon numero di superiori e di ragazzi, domandò ad uno di questi:
- Delle cose che hai veduto in vita tua qual è che ti è piaciuta di più?
Il ragazzo rispose prontamente:
- Don Bosco!
Tutti applaudirono. Il Santo allora, sorridendo, raccontò:
- Nell'ultima esposizione di Torino, vennero a visitare quelle grandi novità dei contadini del mio paese. Entrando nei diversi reparti, tutti facevano le più grandi meraviglie delle cose colà esposte. Solo uno se ne stava sempre zitto e indifferente.
Ognuno pensava fra sé: possibile che, fra tanti oggetti così vari e meravigliosi, nessuno abbia a piacergli? Continuando pertanto il giro, arrivarono ad una sala ove, tra le altre cose, era esposto un grosso e magnifico salame. A tal vista, quel tale tosto gridò:
- Oh!... questo si che è proprio bello!!!
A quel punto tutti i ragazzi e i superiori capirono che il Santo, con quell'allusione, aveva voluto ridimensionare, scherzandoci su, l'ammirazione di quel ragazzo per lui.
«Cerco il dolce!»
Altra volta, in casa di signori, gli fu portata una tazza di caffè, nella quale, per sbaglio, avevano messo del sale inglese invece dello zucchero. Egli la centellinò con apparente buon gusto; poi indugiando sugli ultimi sorsi, esclamò:
- Cercavo il «dulcis in fundo» (dopo l'amaro il dolce), ma non lo trovo!
Chiarita la cosa, le risate furono molte, e molte le scuse.
Buon granatiere
In uno degli ultimi suoi anni, si recò a fargli visita una signora la quale, vedendo lo sforzo che faceva per passare da un posto ad un altro del suo studio, cercò di sorreggerlo per un braccio. Ma egli, in tono risoluto e faceto, si schermì esclamando:
- Come!... un granatiere come don Bosco... crede ella che abbia bisogno di farsi sorreggere? questo mai.
E fece da sé, raddoppiando la sua energia.
Pelo e contropelo
Entrando un giorno da un barbiere per farsi radere la barba, s'accorse che, invece del barbiere, vi era una barbiera.
Esce allora di botto esclamando tutto ridente:
- Non sia mai che una donna mi pigli pel naso, e mi faccia il pelo e il contropelo!
La bellezza di 400 lire
Un giorno, trovandosi ad una mensa imbandita di molte e squisitissime vivande, giunto al terzo piatto, cessò di mangiare. Accortosene, il padrone di casa gli disse:
- Lei, don Bosco, perché non mangia?... Non si sente bene?
- Sto benissimo - rispose il Santo - ma dinanzi a tanta abbondanza, penso ai miei giovani, i quali stentano a sfamarsi.
Uno dei convitati si alza e dice:
- Giusto! Ebbene, pensiamo anche ai suoi giovani. Prende un piatto, e va in giro per una colletta, che fruttò la bellezza di 400 lire.
Un peso sul cuore
Altra volta, trovandosi a pranzo dal banchiere Cotta, ad un certo punto si rannuvolò, ed avendogli il banchiere domandato se avesse qualche fastidio, rispose:
- Ho qui sul cuore un certo peso di parecchie migliaia di lire che lei mi ha dato ad imprestito, e che non saprei come restituire.
- Stia di buon umore - soggiunse il banchiere; - fra poco si porterà il caffè, e questo le aggiusterà lo stomaco.
Difatti, venuto il caffè, trovò nel piattino la ricevuta firmata a saldo di tutti i debiti che aveva con la banca.
Farei di cappello al diavolo...
Interrogato come riuscisse a farsela con tutti, nobili e signori, parlamentari e Re, rispose:
- Guardate, miei cari, io non avrei difficoltà a fare di cappello al diavolo, purché mi lasciasse passare per andare a salvare un'anima.
Tant'è... siamo di carnevale
Quando si recò la prima volta in Francia, dovendo fermarsi colà per parecchio tempo, fu consigliato di vestirsi secondo l'uso dei preti di quel paese.
Egli acconsentì, e pavoneggiandosi con quel cappello e con quel rabat (colletto) alla francese, andava esclamando:
- Già!... quest'oggi incomincia il carnevale e bisogna fare qualcosa di straordinario!
Chi riderà sarà il demonio
Un giorno, trovandosi a conversare con parecchi dei suoi figli, questi fecero cadere il discorso sulla sua morte e sul compianto generale che ne sarebbe seguito.
Egli, con tutta serenità, rispose:
- Ebbene, se morisse don Bosco, la gente direbbe: «poverino, è morto anche lui!...» e basta. Chi farebbe gran festa e riderebbe davvero, sarebbe il demonio, il quale direbbe: «È finalmente scomparso colui che mi faceva gran guerra e mi rubava le anime!».
Bertoldo, Bertoldino...
Caterina Daghero, seconda superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, accompagnò un giorno dal Santo una suora che soffriva di scrupoli, ed era di tormento a sé ed agli altri.
Don Bosco l'ascoltò pazientemente; poi, chiamata la superiora, le disse:
- Conoscete il libro di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno?
- No, Padre, non lo conosco.
- Ebbene, cercatelo, compratelo e, quando vedete questa figliola pensierosa, fategliene leggere qualche pagina. Lei non ha bisogno che di distrarsi e stare allegra.
O così... o niente pranzo!...
Nel 1884, essendo ospite del Vescovo di Pinerolo, un giorno quel prelato dovette assentarsi e lasciarlo solo. Giunta l'ora del pranzo, don Bosco chiamò il cameriere e il giardiniere e li invitò gentilmente a sedere a mensa con sé.
Quelli si profondevano in mille scuse, ed egli:
- O così... o niente pranzo!. Forse che non dovremo stare insieme per sempre nel santo Paradiso?
Gianduieide
Nel carnevale del 1869, che in Torino si festeggiava nel modo più decoroso, signorile e gaio, ottenne dal Municipio di porre un banco di vendita in piazza Castello negli ultimi giorni dei festeggiamenti.
Il banco dell'Oratorio fu tra i più belli e meglio forniti, specialmente di libri ameni e divertenti.
I venditori erano vestiti in costume di Gianduia, e attiravano un gran numero di persone, spacciando a caro prezzo le loro mercanzie a tutta la nobiltà di Torino.
Gli affari furono eccellenti, e quando la contessa di Camburzano, il giorno dopo, scrisse a don Bosco congratulandosi con lui della idea veramente singolare, di cui solo i santi sanno farsi autori, egli rispondeva:
- Come don Bosco è per tutti, così deve approfittare di tutto anche col fare il «Gianduia» per sfamare i suoi giovani e tirar innanzi le sue opere.
Argenteria che scompare
Don Bosco, come già si disse, era molto spiritoso e faceto. Trovandosi un giorno a pranzo dal Barone Martin, in Francia, ebbe modo d'osservare che i commensali ammiravano assai un ricco servizio da tavola, tutto in argento finemente cesellato.
Prima di prendere commiato, vedendo che il signor Barone, forse per dimenticanza, o forse per riguardo ai forestieri, non gli faceva la solita offerta per le sue opere, ricorse a quest'astuzia. Si accostò al tavolo sul quale stava esposto quel servizio e prese ad insaccare nella sua valigetta. I baroni e gli altri stavano a vedere come andasse a finire quello scherzo; ed egli, compiuta l'operazione, si volta al Barone e chiede:
- Signor Barone, quanto potrà valere questo servizio?
- Se si volesse comprare nuovo - risponde il padrone - ci vorrebbero dieci mila franchi; ma a rivenderlo, se ne ritirerebbero forse solo mille.
- Ebbene - soggiunse don Bosco tutto serio - piuttosto che rivenderlo ad altri, lo rimetto a lei; mi dia mille lire per i miei orfanelli.
Fu uno scroscio di risa generali. E il Barone sborsò volentieri le mille lire.
Restituitemi il mio orologio
Le sue sante arguzie ed amenità se le permetteva anche con persone di riguardo, quando fosse stato necessario. A Parigi, recatosi a far visita ad un ricco signore, si sentì rivolgere queste parole un po' adulatorie:
- Sento raccontare di voi tante meraviglie: sarei curioso di vederne con i miei occhi qualcuna.
- Ben volentieri - rispose il Santo. - Anche subito, se volete.
- Sì, sì! - esclamò l'altro.
Don Bosco divagò alquanto, e dopo pochi istanti, soggiunse:
- Eccomi dunque pronto; la prego di osservare l'ora precisa.
Quel signore fa per cavar di tasca l'orologio, e non lo trova più e allora prese a gridare:
- Datemi il mio orologio: ho prove sufficienti della vostra santità.
- Oh no! - disse don Bosco - l'orologio non ve lo do, se non mi date il prezzo equivalente per i miei ragazzi.
- Ma il mio orologio costa 300 lire.
- Bene, bene, datemi 300 lire, ed eccovi l'orologio. Il signore regalò non 300, ma 500 lire.
Uovo e gallina
Un giorno era in conversazione con due medici, due avvocati e un professore. Costoro si erano messi in testa di provare a don Bosco che l'esistenza di Dio è impossibile.
Don Bosco li lasciò sfogare per bene, e quando ebbero sciorinato tutte le loro ragioni e prove, raccontò loro, a modo di scherzo, la storia dell'uovo e della gallina, e interrogò:
- Ora a voi! È esistito prima l'uovo o la gallina?
- Oh! certamente fu prima la gallina - rispose subito uno dei medici, mentre gli altri approvarono.
- E donde nacque la gallina?
- Dall'uovo - proruppero - insieme.
- Ma chi fece quel primo uovo da cui nacque la prima gallina?
Allora tutti tacquero, giacché più nessuno sapeva rispondere.
- Dite pure - soggiunse il Santo; - fu dunque prima l'uovo o la gallina?
Dopo un istante di silenzio, l'altro medico esclamò:
- Al diavolo l'uovo e la gallina!... come si fa a rispondere?
Allora don Bosco soggiunse:
- Piuttosto che al diavolo, io darei uovo e gallina al cuoco che li cucinasse per farci star allegri; ma voi, signori miei, andate pur dall'uovo alla gallina finché volete, e dovrete alfin conchiudere che vi è un Dio che, come ha creato tutte le cose, ha anche creato l'uovo da cui venne poi la gallina, o la gallina da cui venne poi l'uovo. E così andiamo pure di figlio in padre fin che ci piace; ma dobbiamo terminare ad un uomo creato da Dio, cioè con Adamo che fu il primo uomo.
Tutti dovettero approvare, o almeno tacere, e congratularsi col Santo che li aveva così bellamente e spiritosamente messi nel sacco.
Curiosità appagata
In un viaggio a Parigi, si recò a far visita ad un signore molto danaroso, ma non troppo benefico né largo in offerte.
Costui, desideroso di sapere il fine per cui il Santo si fosse recato a Parigi, gli disse:
- Signor Abate, c'è chi dice che voi siete venuto a Parigi per far conoscere le vostre opere; chi per fondare un Istituto; chi per fini politici...
- Signore - rispose il Santo - sapete che cos'è che spinge i lupi ad addentrarsi negli abitati? È la fame, la sola fame! Orbene, è appunto per togliere la fame ai miei orfanelli, e provvedere loro il necessario, che sono venuto a Parigi. Qui vi sono molte persone caritatevoli e generose, come voi, dalle quali spero un'abbondante carità.
- Ho capito! - rispose quel tale che aveva capito la lezione; e, non volendo smentire don Bosco, gli lasciò una bella elemosina, che non fu l'ultima.
Con una signora bisbetica
Una signora assai caritatevole, ma bisbetica, un giorno invitò il Santo a pranzo.
Don Bosco promise, ma poi non potè tenere l'invito.
Quella signora, indispettita per la mancata parola, gli scrisse una lettera di fuoco nella quale finiva col protestare che non avrebbe più dato soccorso alcuno all'Oratorio.
Il Santo attese qualche giorno per lasciar calmare la bufera, poi si recò in persona da lei, e coi più bei modi le disse:
- Signora, sono venuto a riportarle la sua lettera, perché mi spiacerebbe se si conservasse per il giorno del giudizio.
La signora, a quelle parole dette fra il serio e il faceto, si rasserenò all'istante e, fatta la pace, riprese a mandare le sue offerte.
Dieci lire per confessarsi
Un giorno si presentò a don Bosco un individuo, chiedendo di confessarsi.
Il Santo subito l'accolse con premura, e gli domandò:
- Quanto tempo è che non vi confessate?
- Sono dieci anni.
- Allora - continuò il Santo - datemi dieci lire.
- Ma perché?! ho sempre sentito dire che per confessarsi non si paga nulla.
- E se per confessarsi non si paga nulla perché mai voi avete aspettato dieci anni?
Quel tale alzò gli occhi confuso, e vedendo don Bosco sorridere, esclamò:
- Ha ragione, Padre; d'ora innanzi, non sarà più così.
Dunque io sono un burlone
Questa gli capitò a Parigi. Per la moltitudine di gente che desiderava parlargli o semplicemente vederlo, spesso accadeva che la casa ove pigliava alloggio si gremiva talmente da impedirne l'entrata.
Una mattina, dopo Messa, essendosi alquanto attardato in sacrestia, non gli fu più possibile aprirsi il passo. Alle sue preghiere di lasciarlo passare per poter dare le udienze, andavano rispondendo:
- Rieur! (burlone). Voi ci volete ingannare.
- No, no!... Voi non siete don Bosco... Don Bosco è là, e noi vogliamo essere i primi.
Il Santo, vedendo inutile ogni insistenza, pensò bene di andar in cerca di un'altra entrata per la porticina del giardino, e man mano che cotesti increduli si presentavano poi a lui in udienza, diceva loro scherzosamente:
- Dunque, io sono un burlone?! Orbene, fatemi un'offerta più generosa in compenso della figura patita.
E fioccavano i biglietti e le monete.
La contessa... giovane
Don Bosco aveva più volte udito parlare di una contessa, persona molto ricca e molto religiosa, e desiderava farne conoscenza, ma le circostanze gli avevano sempre impedito di stringere relazione.
Sapeva che costei aveva una innocua debolezza: si piccava di essere giovane, e si offendeva acerbamente che qualcuno accennasse alla sua età avanzata. E siccome aveva una figlia che oltrepassava i trent'anni e che la gente chiama la contessa giovane, era per lei insopportabile essere chiamata la Contessa vecchia.
Un giorno il Santo si incontrò all'improvviso con questa Contessa, la quale si fece a dirgli:
- Scusi, sarebbe lei don Bosco?
- Per servirla, signora! E da chi ho l'onore di essere interrogato?
- Sono la Contessa X...
Don Bosco colse a volo l'occasione, e subito soggiunse:
- Oh, la contessa X! Son proprio felice di questo incontro. E la signora Contessa sua madre come sta?
- Mia madre?... È da un pezzo che il Signore l'ha presa con sé.
- Ma come? Sento sempre dire che sta benissimo e che è sempre giovane ed arzilla.
- Guardi, don Bosco, lei forse prende abbaglio... mi scambia con mia figlia. Io sono la Contessa Madre!
- Perdoni, signora Contessa, il mio sbaglio è pienamente scusabile, giacché la trovo così giovanile... Mi congratulo con lei!
- Che vuole! - soggiunse la contessa sorridendo con visibile compiacenza - mi mantengo così perché non ho mai commesso disordini in vita mia.
- Ebbene - concluse don Bosco - io me ne rallegro con lei, e pregherò il Signore che la conservi molti anni ancora.
- Grazie, don Bosco, accetto l'augurio, e lei accetti intanto questa piccola offerta per le sue opere; d'ora innanzi, procurerò di fare di più.
Erano due biglietti rossi (da 100 lire) che metteva furtivamente nelle mani di don Bosco.
Se ne accorgerà
Abbiamo già raccontato parecchi aneddoti circa la forza di muscoli del nostro Santo.
Da giovane non trovava difficoltà a stritolare fra due dita noci, nocciole e noccioli di pesca e di albicocche, e spezzava come fuscelli le verghe di ferro che servono comunemente di ringhiera ai balconi. Anche nei suoi ultimi anni di vita, e dopo molte malattie, poteva far vedere di avere, di tale forza, quasi nulla perduto.
Nel 1884, trovandosi il Santo a letto ammalato, il medico curante, vedendolo assai depresso, volle misurare la forza dell'infermo e presentandogli il braccio, gli disse:
- Don Bosco, mi stringa il polso con tutta la forza che può.
Il Santo lo guardò con aria di meraviglia e insieme di compatimento, e rispose:
- Badi, dottore, che se ne accorgerà!
- Non abbia timore di farmi male.
Don Bosco accondiscese, e prese a stringere; il dottore, dopo aver resistito alquanto, mandò un grido e, svincolandosi, esclamò:
- Basta, basta! l'esperimento è fatto. Che branche di ferro!
Allora gli presentò il dinamometro (che è l'istrumento col quale si misurano le forze) e don Bosco lo pregò di provarsi prima lui, che poté raggiungere i 43 gradi. Lo pregò ancora di passarlo al sacerdote che lo assisteva. Questi, stringendo con tutta la vigoria, raggiunse il 45.
- Adesso mi provo io - soggiunse il Santo. E presolo, raggiunse i 60, ossia il massimo.
- Che tenaglie!... - esclamò ancora il dottore; - egli malato è più forte di noi sani.
Cercatemi due mantici
Questo spirito arguto lo conservò fino agli ultimi suoi giorni, quando, ai superiori ed agli infermieri che l'assistevano e lo compassionavano essendogli il respiro molto pesante, disse ancora quasi celiando:
- Andate in cerca di un fabbricante di mantici, che venga ad accomodare i miei.
E si sforzava di ridere per temperare la comune mestizia di quelle ore affannose.
Questa serenità perenne, che l'accompagnò nelle vicende liete e tristi per tutta la vita, l'ha ancora accompagnato certamente dinanzi a Dio nell'eterno Paradiso!
Bo...bo...Ia...ia... fa boia!
Anche la mamma di don Bosco era arguta e facile alle amene trovate. Ancora quindicenne, il padre la lasciò un giorno alla custodia del granoturco disteso nell'aia al sole.
In quel tempo, bivaccavano nei dintorni dei soldati tedeschi, che lasciavano liberi alla pastura i loro cavalli. Questi, attratti dall'odore del granoturco, si accostarono all'aia di Margherita e presero a mangiare tranquillamente.
Margherita grida ai cavalli, prega i soldati di richiamarli; ma i cavalli non se ne danno per inteso, ed i soldati, burlandosi di lei, rispondono in tedesco:
- Bo...bo...Ia...ia...! Ella, indispettita, grida:
- Bo...ia fa boia! e voi siete dei boia, che lasciate divorare tutto il nostro raccolto.
E armatasi di una lunga pertica, prese coraggiosamente a battere i cavalli e cacciarli lontano.
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