Un giornale fatto a pezzi
La domenica dopo, alle due pomeridiane, ero in cortile con i ragazzi. Un tale, accanto a me, leggeva il giornale l'Armonia. Ed ecco arrivare i preti che mi aiutavano nel lavoro tra i giovani. Li guardai sbalordito: avevano coccarde e medaglie sul petto, tricolore in mano. E tra le mani avevano anche un giornale anticlericale, l'Opinione.
Uno di essi, che stimavo assai per l'intelligenza e l'impegno tra i giovani, viene accanto a me e mi dice aspro, indicando colui che teneva in mano l'Armonia:
- Vergogna! è tempo di finirla con questi nostalgici! Così dicendo, gli strappa dalle mani il giornale, lo fa a pezzi, lo getta in terra, ci sputa sopra, lo calpesta. Sfogata così la sua rabbia politica, torna verso di me e mi agita sotto il naso l'Opinione.
- Questo sì che è un buon giornale. Questo si deve leggere dai cittadini veri e onesti.
Rimasi sbalordito da quel modo di parlare e di comportarsi. Non volendo aumentare lo scandalo tra i ragazzi, in quel luogo dove si doveva dare solo buon esempio, pregai lui e i suoi colleghi di rimandare quegli argomenti a quando saremmo stati solo noi, in privato.
- Nossignore - mi rispose -. Non ci deve essere più niente di privato o di segreto. Ogni cosa dev'essere fatta e detta alla luce del sole.
Fuga in massa
In quel momento il campanello chiamò tutti in chiesa. Uno di quei preti era stato incaricato di dire una buona parola ai giovani. Ma la sua fu una parola cattiva. Egli tenne un discorso squillante di libertà, emancipazione, indipendenza.
In sacrestia, aspettavo impaziente di poter parlare io, e di mettere fine a quel disordine. Ma il predicatore, terminato il discorso, diede la benedizione, e subito dopo invitò preti e giovani a seguirlo. Cantando a pieni polmoni inni nazionali e facendo sventolare freneticamente la bandiera, andarono fino al Monte dei Cappuccini. Là fecero tutti una promessa solenne: sarebbero rientrati all'Oratorio solo se fossero stati invitati e ricevuti «in forma nazionale».
Tutto questo accadde senza che io potessi dire una parola. Ma non provai nessuna paura. Sapevo qual era il mio dovere. Feci dire a quei preti che proibivo severamente il loro ritorno all'Oratorio. Quanto ai giovani, quelli che volevano rientrare dovevano venire a parlare con me uno alla volta.
La faccenda si concluse bene. Nessuno di quei preti tentò di tornare. I giovani chiesero scusa, riconobbero di essere stati ingannati, e promisero obbedienza e disciplina.
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