Continuano ad apparire in questi giorni sui giornali articoli sui giovani. Ve ne presentiamo un altro... Ma una domanda si impone: «I giovani oggi... sono proprio così?».Il primo contatto della giornata è con il telefonino, anzi con il messaggino: «Ke fai, sei ancora a casa?». Sedicenni: non più bambini, col trucco marcato e quell'aria da vita vissuta, saputelli e smaliziati. Ma neppure adulti, un po' persi, un po' spauriti davanti a domande più grandi di loro...
del 01 novembre 2004
 
Né caffè né giornale radio. Quella è roba da adulti. Il primo contatto della giornata è con il telefonino, anzi con il messaggino: «Ke fai, sei ancora a casa?». Sedicenni: non più bambini, col trucco marcato e quell'aria da vita vissuta, saputelli e smaliziati. Ma neppure adulti, un po' persi, un po' spauriti davanti a domande più grandi di loro. Valori, politica, futuro? Si stringono nelle spalle. E si immergono nel gruppo.
Portano sciarpe lunghissime e colorate che li strozzano, tre giri attorno al collo, ma l'ombelico scoperto anche col freddo. I jeans a stento si aggrappano ai fianchi: vita bassa, bassissima, e gli slip colorati da mostrare. Corte le giacche, strette le cinture. Si emozionano per una nuova suoneria come fosse un amore appena nato, veloci come internet, straripanti d'informazioni che, in genere, li attraversano senza lasciare traccia.
 
Istantanee di una generazione enigmatica e contraddittoria sulla quale Panorama con un sondaggio della Ekma ricerche ha puntato la lente d'ingrandimento. Per capire che cosa passa veramente nella testa di chi ha 16 anni nel 2004. E che talvolta finisce in cronaca come è accaduto ai 4 ragazzi rei confessi del liceo Parini di Milano.
 
Leggono poco, giornali neanche l'ombra. «Siamo un po' menefreghisti. C'interessa solo quello che ci capita attorno» spiegano leggiadri Dado e Pietro, studenti di uno dei licei più «impegnati» di Milano, il Berchet. Con i genitori non litigano quasi, anzi si confidano, alla faccia del conflitto generazionale. Anche perché i no sono ben pochi. Se tornano tardi, o prendono un brutto voto, si discute un po', ma neppure troppo. Casomai bisogna evitare la iattura dei fratelli trentenni: quelli lì ancora in casa. I sedicenni proprio non ci pensano a finire in quel modo, da eterni Peter Pan: «Una delle peggiori cose che ti possano capitare». Poi però a lavorare non ci vogliono andare: meglio il successo veloce, come le veline, come i calciatori o come quelli del Grande fratello, «che non fai niente, esci e sei famoso».
 
Sono disillusi: tutto è già stato fatto, tutto è già stato detto. E se si manifesta, a scuola, se si sciopera e ci si allinea ai cortei, urlando contro Letizia Moratti, «ministro-mostro», è per schivare il compito in classe, il più delle volte. «Tanto i politici fanno tutti schifo uguale, e allora che senso ha?» scuote i boccoli castani Eleonora, e il gruppo l'approva. Poi, però, compatti, condannano i coetanei del pasticciaccio al Parini. E i loro coetanei romani, che al liceo storico Avogadro hanno sparso nei corridoi colonie di vermi «bigattini». «Dei deficienti assoluti» sentenziano. «Per saltare i compiti in classe basta non andare a scuola». Semplice, no? Tanto la scuola è «quella cosa vecchia e ammuffita che non insegna niente», verso cui ci si trascina la mattina.
 
Una generazione preelettorale che alla politica, a parte esibizioni estetiche come la kefiah al collo o la suoneria di Faccetta nera nel cellulare, si interessa poco, come rivela il sondaggio di Panorama: solo 19,4 la percentuale di «impegnati», per otto sedicenni su dieci la politica, insomma, non «prende», come dicono loro. Il sentimento generale è un po' quello di Federica, terza liceo scientifico al Maria Montessori di Roma, brillantino al naso, French manicure alle unghie e scarpe da ginnastica slacciate come impone la moda, nonostante l'anno scorso correndo si sia rotta una caviglia: «Non ne capisco niente, delle volte penso che abbiano ragione i politici di destra, altre volte quelli di sinistra». Tommaso, sedicenne del Mamiani, racconta che nella scuola dei fratelli del cinema Gabriele e Silvio Muccino ogni tanto qualcuno sale in piedi su un banco al grido di «occupiamo!», anche se «non si sa bene per quale motivo».
 
Stessa insofferenza alla politica la esprimono anche i sedicenni di Palermo. Dovendo proprio scegliere, però, ci si impegna nei «collettivi, contro il potere»: il 60 per cento dei giovani «politicizzati» intervistati da Panorama risponde di «sentirsi a sinistra»: «Fra noi non ci sono berlusconiani» assicura Iole. «Ci distinguiamo solo tra antiberlusconiani accaniti e i meno antiberlusconiani». Spicca nel magma della politica da ricreazione il piacentino Edo, che sfida i compagni eleggendo come suo modello assoluto di vita proprio il presidente del Consiglio. Ma poi, tanto, «chissenefrega», via alla prossima festa e tutto come prima.
 
Snobbata la politica i valori sono altri: l'amicizia al primo posto, poi la famiglia, l'amore, con il sesso sperimentato verso i 14 anni, la solidarietà sociale, sempre secondo il sondaggio di Panorama. I liceali romani si emozionano e commuovono nei viaggi della memoria ad Auschwitz e nelle missioni in Africa organizzati dal sindaco Walter Veltroni. Poi però i soldi li spendono tutti in ricariche per il telefonino.
 
Gioventù bruciata? Luigi Galella, professore di un istituto tecnico commerciale di Fiumicino e autore di L'ultima spiaggia, cortometraggio sull'adolescenza letta nella chiave dell'Amleto, la pensa diversamente: «I ragazzi sono la vera forza vitale della scuola». E non se la sente di colpevolizzarli, a sorpresa, neanche Angelo Bernardini, il preside del liceo Vitruvio di Avezzano che a inizio ottobre ha fatto discutere con la sua circolare contro i jeans a vita bassa: «Hanno tante risorse, ma devono combattere contro la superficialità di un mondo che gli concede sempre tutto e subito».
 
Anna Boiardi, Antonella Piperno
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