8° TAPPA: sussidio on-line su Charles de Foucauld

Mi chiederete qual è la mia vita. È la vita di un monaco missionario fondata su tre principi: Imitazione della vita nascosta di Gesù a Nazareth. Adorazione del Santissimo Sacramento esposto. Residenza tra i popoli infedeli più trascurati da tutti...

8° TAPPA: sussidio on-line su Charles de Foucauld

da Teologo Borèl

del 10 ottobre 2005

Ottava Tappa

 

Nazareth era un sogno, ma, appunto per questo, non era ancora l’ultimo posto: era una terra troppo dolce, troppo amata.

L’ultimo posto lui lo conosceva da tempo: era quel deserto che aveva una volta attraversato per seguire il suo desiderio di avventure, e nel quale aveva conosciuto le tribù più miserabili della terra: uomini che non avevano nemmeno la ricchezza di una fede vera e consolante.

Aveva ricevuto l’immenso potere di imbandire la mensa eucaristica, ma nella persuasione che «quel divino banchetto, di cui diventavo ministro, bisognava presentarlo non ai parenti, non ai vicini ricchi, ma agli storpi, ai ciechi, ai poveri, alle anime cioè senza prete».

Progettò di recarsi in una delle oasi del profondo Sahara.

L’intenzione era quella di fondarvi un umile conventino, quasi un eremitaggio, dove si potesse vivere coltivando un po’ d’orzo e qualche frutto, e nella perpetua adorazione del SS. Sacramento, senza mai uscire dall’eremo, senza predicare o fare apostolato, ma solo offrendo ospitalità a chiunque la chiedesse, senza badare alla diversità di razza, di religione, di motivazioni.

Aiutato dagli amici di un tempo, riuscì a raggiungere l’oasi di Benì Abbès. Vi si recò nella sua nuova uniforme: una povera tunica bianca, che aveva sul petto un grande cuore rosso di stoffa, sormontato da una grande croce, e una grossa corona pendente dalla cintura di cuoio. Si installò in solitudine, a un chilometro dall’oasi, in un ripiano arido, da cui si vedeva soltanto la volta del cielo, e qualche roveto inaridito.

Acquistò il piccolo appezzamento di terreno con un po’ di denaro, mandatogli dalla cugina Maria, e con le sue mani costruì il piccolo eremo, rimise in funzione un vecchio pozzo, dissodò un orticello e piantò qualche palma e qualche olivo.

La chiesetta che edificò era la più sperduta chiesa del mondo. Così nel deserto ci fu un tetto sormontato da una croce e un altare col Santissimo esposto, davanti al quale ardeva costantemente una lampada a petrolio.

La croce sull’altare era di cuoio su ebano, dono della badessa di Gerusalemme. Il pavimento era di sabbia rossa. C’erano, inoltre, cinque casette d’una sola stanza: una per Charles e le altre per ospiti di passaggio, o per qualche compagno stabile, se Dio lo avesse voluto. Il tutto era circondato da un fragile muro di cinta, che egli s’era imposto di non superare mai.

Il progetto che s’era prefissato era semplice: «Io voglio abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani, ebrei, idolatri a considerarmi loro fratello, il fratello universale». Perciò chiamò quel luogo «La kahoua – cioè la fraternità – del Sacro Cuore».

Vi celebrò la prima messa il primo dicembre 1901.

 

 

Dai suoi scritti...

 

Mi chiederete qual è la mia vita. È la vita di un monaco missionario fondata su tre principi: Imitazione della vita nascosta di Gesù a Nazareth. Adorazione del Santissimo Sacramento esposto. Residenza tra i popoli infedeli più trascurati da tutti, facendo tutto il possibile in vista della loro conversione. Vita d’austerità uguale a quella della Trappa, ma molto più dura per la sua maggiore povertà e perché il clima è duro e snervante e l’alimentazione ben diversa da quella europea, né si può pensare ad introdurre qui quella dei nostri paesi perché ciò sarebbe un lusso costoso. Si deve vivere di ciò che la regione offre: grano, datteri e latticini. Come vesti ed abitazione non troverete che quanto v’è di più povero e di più rustico, nulla che assomigli alle tonache curate e ai conventi di Francia, ma qualcosa di molto simile probabilmente a ciò che dovettero essere il vestito e l’umile casa di Gesù di Nazareth. Avrete una vita diversa da quella della Trappa in questo che, benché tutto vi si faccia secondo un orario e nella più stretta ubbidienza, non vi esistono quelle piccole prescrizioni esteriori la cui minuzia è una caratteristica della Trappa; si tratta di una semplicissima vita di famiglia. Diversa, anche perché non avrete alcun ufficio cantato, né altra preghiera vocale all’infuori del breviario, ma molta orazione e adorazione, molta preghiera o lettura silenziosa ai piedi dell’altare. Sono e sono sempre stato solo da dieci anni. Se Dio mi concederà ora dei Fratelli da convertire, dividersi per la salvezza delle anime in piccoli gruppi di tre o quattro, moltiplicando tali gruppi al massimo; ciò riuscirà più efficace per la salvezza delle anime che la fondazione di monasteri con maggior numero di frati… Vedo questi distaccamenti, questi romitaggi di tre o quattro monaci missionari, come delle avanguardie, votate a preparare la via per cedere il posto agli altri religiosi organizzati e al clero secolare, quando il terreno sarà stato dissodato.

 

Quando si ama, si imita, quando si ama, si guarda il Beneamato e si fa come fa lui; quando si ama, si trova tanta bellezza in tutti gli atti del Beneamato, in tutti i suoi gesti, in tutti i suoi passi, in tutti i suoi modi di essere, che si imita, si segue tutto, ci si conforma a tutto. È una cosa istintiva, quasi necessaria.

 

ë Per la preghiera personale:   Che cosa avrebbe fatto Gesù al mio posto?

s Una domanda per la tua riflessione:  Penso alle mie giornate: cosa dice che sono “cristiane”?

 

 

Redazione GxG

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