A torto o a ragione

Diretto da uno dei più importanti registi ungheresi, Istvan Szabo (premio Oscar nel 1980 per Mephisto), questo film racconta un fatto realmente accaduto: il processo per collaborazionismo con il partito nazista del più importante direttore d'orchestra dell'epoca, Wilhelm Furtw√§ngler. [...]

A torto o a ragione

da Quaderni Cannibali

del 19 ottobre 2002

 Personalità complessa e contraddittoria quest'uomo, legato fortemente alla sua terra, si trova a ricoprire le cariche più alte della sua professione anche a causa dell'ammirazione che Hitler nutre  per il suo lavoro. A guerra terminata, subisce il processo da cui esce assolto giuridicamente, ma non moralmente, tanto che, malgrado professionalmente continui ad essere apprezzato in Europa, non potrà mai lavorare in America per l'ostilità dell'opinione pubblica.

 Il film propone un dilemma morale non da poco: quanto cultura ed arte possono essere libere dalla politica. Convinto dell'indipendenza della musica da qualsiasi forma di collegamento con il potere, a Furtwängler viene invece imputato di essere stato il più alto portavoce dell'ideologia nazista.

Il partecipare a concerti prima delle adunate propagandistiche, l' accettare i mille segni di stima da parte delle più alte gerarchie naziste, il restare muto dinnanzi all'orrore che si stava perpetrando, sono considerati dagli americani come un adesione a quell'ideologia. Furtwängler, addolorato e oltraggiato da queste indagini, spiega, invece, come, scosso da quanto stava accadendo, ma impotente davanti a fatti più grandi, non fosse consapevole di come il suo ruolo potesse essere interpretato e che i mille segni di stima siano stati da lui considerati come un tributo ad un artista  osannato dal suo popolo. Furtwängler è visto come una delle menti più geniali della cultura tedesca, ma poi, con l'andare delle indagini, si mostra anche il suo essere gretto, meschino e materialista. E', insomma, una figura complessa e contraddittoria, così che quando siamo certi di un suo comportamento preciso rispetto ad un problema preciso, tutto viene capovolto per mostrandoci un ottica diversa.

 In realtà, il film si concentra sulla prima fase del processo, ovvero le indagini preliminari condotte dal maggiore americano Steve Arnold e dai suoi aiutanti David Willis e Emmi Strabe. David ed Emmi sono entrambi tedeschi e colpiti in prima persona dall'orrore della guerra (David è ebreo, Emmi è figlia di un ufficiale che ha fatto parte del complotto per uccidere Hitler e che, invece, è stato giustiziato). Malgrado questo sono più umani, compassionevoli e disposti a capire di quanto lo sia, invece, Arnold, che non avendo mai sentito parlare prima di Furtwängler avrebbe dovuto essere più obbiettivo. La convinzione di essere nel giusto di Arnold nel considerare subito e senza attenuanti Furtwängler colpevole (questa convinzione non viene mene neppure quando Emmi lo accusa di avere lo stesso comportamento dei nazisti) è, in realtà, la dimostrazione dello scontro tra due mondi e due culture: la vecchia Europa, carica di dubbi e incertezze e la giovane America, piena di verità e della capacità di saper scegliere senza remore.

 Superbi i due attori principali: Kaitel è un duro e inflessibile Steve Arnold, Stellan Skarsgard un sofferto e annientato Furtwängler.

 Il grande merito del film è di non sceglie da che parte stare: non dà verità, ma lascia decidere allo spettatore, se questo è in grado di farlo, per chi schierarsi. Questo non è facile perché tutto può essere interpretato in modo diverso a seconda del punto di vista. E' un film che non dà certezze, ma solo dubbi e lascia con una domanda angosciante lo spettatore: che cosa avrei fatto io al suo posto?

Francesca Pascuttini

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