Ovvero “Come posso amare per essere come Gesù?”.Gesù non dice amatevi come fratelli, o come buoni amici, o come amate il vostro fidanzato o come potete.... Pone se stesso come esempio. Cercheremo di capire cosa significa concretamente amare come Gesù, cosa può voler dire per noi gente del III millennio amare con questa unità di misura, cosa significa amare da cristiani, da discepoli di Cristo.
del 03 gennaio 2006
Nel proseguire la nostra riflessione sulla proposta formativa “Amatevi come io vi ho amato”, vogliamo soffermarci questa volta sull’espressione “Amatevi come…”. Il come in questa frase è un ponte gettato tra il comandamento e Colui che ci fa da modello, da paradigma.
Gesù non dice amatevi come fratelli, o come buoni amici, o come amate il vostro fidanzato o come potete…. Pone se stesso come esempio.
Cercheremo di capire cosa significa concretamente amare come Gesù, cosa può voler dire per noi gente del III millennio amare con questa unità di misura, cosa significa amare da cristiani, da discepoli di Cristo.
 
è STEP ONE: AMARE TUTTI
Scorrendo il Vangelo, non troviamo mai un episodio in cui Gesù abbia rifiutato il suo aiuto a una persona che si fosse rivolta a lui per ottenere qualcosa. Non rifiuta né chi va da lui solo per ottenere un miracolo, né chi va da lui alla ricerca di risposte di vita. Non fa distinzioni nel fare il bene, anche se cerca di riportare sempre l’attenzione alle cose di lassù.
Si ferma ad ascoltare uomini, donne, bambini, giovani ricchi, intellettuali, ciechi, zoppi, pescatori,  ammalati, sani, amici, nemici, ladri, uomini per bene, prostitute... Non si negava a nessuno, in nessun momento, eccetto quando si ritirava a pregare da solo, in qualche luogo silenzioso.
Gesù amava tutti, indistintamente, non di un amore che poteva andar bene per tutti, ma ognuno con un amore “personale”, che sapeva entrare nella storia del singolo e gettare una luce nuova. Gesù si interessava di tutti, si prendeva a cuore chi gli si rivolgeva. Il famoso slogan “I CARE” gli si addice alla perfezione.
 
FOCUS: Quanti incontri facciamo nella nostra giornata, facce note e autentici sconosciuti, sguardi incrociati in treno, sorrisi lievemente accennati. L’amare tutti non è una prerogativa di chi ha ricevuto in dono un carattere estroverso, esuberante, quasi che i timidi possano nascondersi e dire che è cosa che non li riguarda.
No! Amare tutti significa non chiuderci in noi stessi, nei nostri piccoli schemi mentali, andare avanti come automi portando avanti i nostri impegni e non trovare mai il tempo – o sfuggire le occasioni- per conoscere l’altro o magari ri-conoscerlo. Amare tutti significa non ricercare solo la compagnia di chi ci è simile, mettendo la testa ed il cuore in stand-by quando ci troviamo con altri.
Mi ha sempre entusiasmato questa frase di Tonino Bello: “Voi crescete quanto più numerosi sono gli incontri con la gente, quante più sono le persone a cui stringete la mano”.
Questa tensione d’animo non è solo “quantitativa”, conoscere tante persone in superficie, ma soprattutto “qualitativa”: conoscere ognuno nella sua specificità, incontrarlo nel face to face. A volte rischiamo di “amare” tutti e in realtà di non amare nessuno, amare l’umanità ma non amare…l’uomo. Rischiamo di toccare tante mani ma di stringerne davvero poche…
 
è STEP TWO: AMARE PER PRIMI
Uno degli episodi più affascinanti nel Vangelo è quello che racconta la storia della donna adultera che la gente vuole lapidare. Gesù arriva e dice : ”Che sta succedendo?”. Alcuni uomini gli spiegano il problema, e anche lui dice la sua: “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”.
Poi, come se niente fosse, si mette a scrivere col dito sulla sabbia, disinteressandosi apparentemente di come finirà la faccenda, come un bambino che si mette a giocare e non si interessa dei discorsi dei grandi.
Cosa avrà mai scritto? Nessuno può dirlo, ma è bella l’interpretazione che danno i Padri della Chiesa: avrà scritto i peccati di questa donna, e li ha scritti sulla sabbia, pronti ad essere spazzati via dal primo vento; oppure avrà segnato il suo nome, come a sottolineare il fatto che tutti si erano presi la briga di dire il peccato, ma nessuno la chiama per nome.
Grande è l’insegnamento che raccogliamo: è importante amare per primi, interessarsi a quello che succede intorno a noi e dare sempre una seconda possibilità, che poi deve essere pronta a trasformarsi, se necessario, nella terza, e anche nella quarta, fino a contare sette per settanta volte.
 
FOCUS: Mi affascina tantissimo il mondo dell’università. Oggi, mentre ero in corridoio, ho incrociato un ragazzo che vedo spesso a lezione, che conosco, ma che non mi avrebbe salutata, perso com’era nei suoi pensieri o nella sua indifferenza. Incerta fino all’ultimo se salutarlo o no – tanto, a cosa serve, e poi… perché devo sempre salutare io per prima?- alla fine l’ho salutato, e lui… ha spalancato gli occhi, e… s’è illuminato. Allora è partito in quarta, e mi ha raccontato degli esami, e di molte altre cose.
I cristiani sono quelli che amano per primi, che salutano per primi, che si interessano per primi, che si fanno avanti per primi… non per primeggiare, ma per rendere ogni luogo in cui vanno accogliente, familiare. Attraverso il nostro amare per primi- e il morire un po’ a noi stessi- Dio poi parlerà a molti. Noi dovremmo essere come un canale di irrigazione: noi non siamo l’acqua che disseta, noi siamo il canale di cemento su cui passa l’acqua.
 
 
 
è STEP THREE: AMARE ANCHE QUANDO COSTA
Gesù ama anche quando gli costa. Ricordate l’episodio del giovane ricco? Gesù risponde alla sua domanda importante, sul come ottenere la vita eterna, con una affermazione precisa. Ma il giovane non se la sente, e se ne va. “E Gesù, fissatolo, lo amò”.
Ma non lo rincorre, sa che se lo forzasse non servirebbe a niente, lo rispetta. E chissà quanto gli è costato vederlo desistere, e non poter fare qualcosa di più.
Non ci sono episodi in cui Gesù litiga con i suoi amici, come succede costantemente a noi, ma forse gli sarà capitato.
Di sicuro quei dodici amici speciali che si era scelto lo delusero molte volte, non capendolo, oppure dando prova di aver capito i suoi insegnamenti, e poi suggerendogli di mandare via la folla, o impugnando la spada per proteggerlo. Avrà pensato: “Ma che ci facciamo con questi?!”.
E invece li amava lo stesso. Questo l’avrà imparato in quel di Nazareth, osservando la pazienza con cui suo padre piallava il legno, e la serenità di sua madre, che tutto affidava nella mani di Dio.
 
FOCUS: Potremmo definirla la “filosofia dello STABAT”. Maria, di fronte alla morte del figlio, quel figlio che aveva amato, che aveva stretto, che forse non capiva fino in fondo, non dice niente, non fa niente… semplicemente STA sotto alla croce.
Quante volte capita che le persone ci deludano, che dei bei rapporti di amicizia inspiegabilmente si esauriscano; e noi, dopo aver cercato di capire la causa, abbiamo chiesto scusa del nostro sbaglio, abbiamo cercato il chiarimento e… niente da fare. Eppure non riusciamo a rassegnarci.
Allora possiamo reagire in due modi: o sigillare la porta del cuore, diventare persone diffidenti, calcolatrici, o…. stare. Giacere impotenti, amareggiati, ma non scappare. Non fare proprio nulla. Rimettere tutto  nelle mani di Qualcuno che, essendo Onnipotente, saprà anche come aiutarci.
 
è STEP FOUR: AMARE VEDENDO GESÙ NELL’ALTRO
Gesù poteva amare in questa maniera perché scorgeva in ogni uomo un riflesso del volto di Suo padre, sapeva che tutta la sua missione era una missione d’amore, per far capire all’uomo che Dio non è un severo giudice, ma un Padre che ama  i Suoi figli.
L’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio. É come se quel sesto giorno della creazione Dio avesse messo in ognuno di noi una traccia di Lui.
Con il battesimo siamo stati intrisi di Cristo, e ci è stata data la capacità di ritrovarLo in noi stessi ogni qualvolta lo cerchiamo. Dio non è solo “tutto intorno a te”: è dentro e fuori di te. Come ricordava il Papa a Colonia. “Nell’adorazione, Dio non è più soltanto di fronte a noi, come il Totalmente Altro. È dentro di noi, e noi siamo in Lui”.
I cristiani, sapendo questo, hanno una marcia in più, sanno di non essere soli, di avere un “amore in potenza” dal valore incommensurabile.
Per questo è sorprendente la notizia che alcuni vogliono farsi sbattezzare: è come se volessero privarsi del francobollo di posta prioritaria, e accanirsi a comperare quello di posta ordinaria. Certo, non solo i cristiani amano: anche gli altri uomini amano. Ma mentre c’è chi ama in virtù dell’amore ponendolo quale virtù-ideale, i cristiani danno un nome all’amore: è un amato, una persona. I cristiani amano tutti, per primi, anche quando costa, perché sanno che al di là di tutto, dietro i volti sconosciuti della gente che li sfiora, vi è “un amato” in cui ritrovare l’Amato, quel Volto che li ha amati.
 
FOCUS: Due donne ci mostrano com’è possibile questo.
Madre Teresa, alla domanda di un giornalista che le chiedeva perché le piacesse tanto curare i lebbrosi, rispose che se avesse potuto, non avrebbe mai toccato le loro piaghe, non era il sogno della sua vita… Ma sapere che Gesù era in ognuno di loro, poterlo amare amando loro, poterlo toccare toccando loro… era il suo perché.
Chiara Lubich afferma: «Bisogna vedere Gesù in tutti: ma proprio in tutti, tutti, tutti, tutti. Anche in quello lì brutto, anche in quello lì stracciato, anche in quel marocchino che io non mi sento di amare, anche in quell’italiano che mi è antipatico, anche in quell’inglese che io non posso vedere… Bisogna vedere Gesù, perché Gesù ha detto che qualunque cosa noi faremo agli altri, lui ci dice: “L’hai fatto a me”».
Ma per amare Gesù nell’altro, bisogna amare Gesù prima di tutto, averlo conosciuto, averlo visto in volto, per saperne riconoscere i tratti che si incarnano in ogni fratello.
 
è In conclusione…
La domanda che potremmo farci, a questo punto riguarda il senso che può avere l’amare in questo modo.
Sì, perché questo tipo di amore il mondo lo etichetta con la parola “sfigato”. L’amore cristiano è da perdenti, nel senso che uno deve morire a se stesso, deve imparare a non reagire al male. Con la certezza, però, che “la gioia è di quelli che donano, ma ancora di più di quelli che si donano”.
Il cristiano ama così perché questo amore realizza nel profondo la sua vita, da un senso alla sua ricerca di senso. E non si scoraggia se il suo amore non è corrisposto, o se sbaglia nell’amare, perché, se è vero che Gesù riusciva ad amare così perché era il Figlio di Dio, anche noi sappiamo di essere per mezzo di lui figli di Dio, e siamo stati creati a sua immagine e somiglianza, con la stessa potenzialità di amare. E se ci dicono che non siamo coerenti, che sbagliamo, noi siamo lo stesso nella pace perché portiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché sia manifesto che la sublimità di questo amore viene da Dio e non da noi, cioè anche attraverso la nostra imperfezione l’uomo può capire che la capacità di amare viene da Dio.
L’unico modo per imparare ad amare è mettersi alla scuola di Gesù.
 
Una bellissima poesia di Dostoevskj recita: “Io me ne sto con Cristo. E se mi dicono che sbaglio, io me ne sto con Cristo. E se tutti gli uomini della terra mi dicessero che sbaglio, io me ne sto con Cristo. Preferisco sbagliare stando con Cristo, che indovinare a vivere stando con tutto il resto degli uomini”.
 
 
Bibliografia
▪         Chiara Lubich, L’arte di amare.
▪         Tonino Bello, Testi vari.
Francesca Marcon
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