Interessante esperienza di pastorale giovanile promossa dai salesiani e dalle salesiane a Vienna. L'esperienza avviata nella Don Bosco Haus dimostra che, quando si offrono proposte serie e impegnative, i giovani rispondono e si lasciano coinvolgere.
del 03 agosto 2005
È diventato un luogo comune dire che i giovani amano il rumore e hanno paura del silenzio. Ma luoghi comuni non sempre rendono ragione alla verità. Ci sono anche tanti giovani che invece amano il silenzio. Nel momento in cui prendono coscienza delle inquietudini interiori riescono a penetrare profondamente nella realtà di Dio, di cui hanno nostalgia, sono in grado di confrontarsi con la propria realtà, gli ostacoli e le resistenze interiori, la noia, i limiti… In tal modo «capiscono la necessità di mettere ordine nella propria vita».
 
Forse mancano delle proposte, ma quando queste ci sono ci si accorge che i giovani rispondono. Una di queste proposte è, per esempio, la Don Bosco Haus  di Vienna, un centro per la pastorale giovanile della Famiglia salesiana austriaca, dove una comunità di salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice insieme lavorano per accompagnare i giovani nella loro crescita umana e cristiana.
 
Qui suor Johanna Götsch, da oltre un decennio offre ai giovani proposte di vita spirituale nel quotidiano. Il luogo di incontro è la Don Bosco Haus. Collaborano con suor Johanna anche suor Elisabeth, suor Veronika e don Franz Kos.
 
Oggi, spiega suor Johanna c’è tanta confusione e i giovani si trovano come in un «supermercato delle spiritualità»: meditazione orientale, esoterismo, seminari sull’effetto di certi minerali, diete naturalistiche, Tai Chi Chuan… «Pare che oggi la spiritualità sia semplicemente ridotta ad una tecnica per raggiungere il benessere interiore», oppure «una forma di compensazione dello stress quotidiano». Ed è sintomatico il passaggio dal termine “grazia” ad altri, come “Qi” che vuol dire energia.
 
Di qui la necessità di aiutarli a uscire da questa situazione, proponendo loro itinerario di vita spirituale che alla Don Bosco Haus  è così articolato: invitare i giovani ad avere il «coraggio di far silenzio», ad avere il coraggio di mettere «ordine» nella loro vita, aiutarli a «scoprire il senso e la necessità dell’ascesi», a dare «forma consapevole al proprio vissuto», e a «fare passi effettivi di conversione». Allora essi si accorgono che non possono ottenere un cambiamento radicale e profondo «a buon prezzo», senza impegno. Ordinare la propria vita significa fatica, lotta e ascesi. Cioè esercizio quotidianamente ripetuto. Chi non si impegna veramente non resta in piedi e non ha futuro. Certi obiettivi si raggiungono solo se si resiste in un esercizio continuo. Senza continuità non si può sviluppare e fortificare una sana identità e la vita non può avere una direzione retta: azioni regolari, fatte con  continuità danno ordine e forma alla vita.
 
Questo significa – chiarisce la suora salesiana – anche strutturare il proprio tempo per dare spazio alla preghiera. Ma significa pure ordinare l’ambiente di vita. Una vita spirituale infatti riesce solo se lo spazio è ordinato. Così come si dividono nell’abitazione gli ambienti per vivere, la stanza di lavoro, la stanza per i bambini, così alcuni si organizzano un angolo per la preghiera. I giovani sono molto attenti a questi suggerimenti. Ma la cosa fondamentale è giungere ad una vera conversione. «Insieme alla nostalgia di Dio», puntualizza, «in noi agiscono anche diverse altre forze, desideri, bisogni, passioni che ad essa si oppongono. Ci si deve confrontare con il proprio lato oscuro, con le zone d’ombra, il non-salvato, il non-liberato, il vuoto, dunque con l’altra sponda della nostra umanità».
 
 
UN INSIEME DI PROPOSTE
 
Si tratta di un’offerta che va dalle giornate di riflessione o di ritiro per gruppi scolastici e per cresimandi, a incontri di approfondimento della fede per giovani adulti a varie forme di esercizi spirituali. Propongono dai 10 ai 18 anni Giornate di orientamento e di deserto. L’équipe del centro di pastorale giovanile collabora con gli insegnanti di religione ed un incaricato degli aspetti pedagogici organizza con loro la giornata. Gli argomenti sono scelti dai giovani, e l’esperienza del centro «li aiuta a riflettere sui problemi relazionali e sui fenomeni di emarginazione interni alla classe». Gli argomenti più gettonati toccano l’identità e le situazioni esistenziali (prendere coscienza delle proprie forze e debolezze, organizzare il proprio vissuto) oppure l’amicizia (i valori che l’animano, il discernimento). «Spesso ci chiedono di trattare l’amore, la convivenza, la sessualità, il modo di instaurare relazioni affettive responsabili. Anche la morte, l’angoscia, le depressioni, la droga, la dipendenza. Naturalmente il discorso si apre alla fede, al problema di Dio, alla Bibbia come fonte di valori per l’esistenza, alla Chiesa».
 
Fit for Spirit è una seconda attività per ragazzi e ragazze cresimandi tra i 12-16 anni. Per i giovani adulti (18-35) che scoprono la Don Bosco Haus attraverso le pubblicazioni, i volantini o tramite il sito internet «abbiamo strutturato dei percorsi di spiritualità e di approfondimento della fede nei quali diamo molta importanza all’accompagnamento spirituale personalizzato», aggiunge suor Elisabeth. Per i giovani adulti ogni settimana è la «Preghiera del silenzio», cioè un esercizio per introdurre alla preghiera contemplativa. Ogni mese l’Oasentag (Giorno di deserto). Si tratta «di una giornata di ritiro con la nostra comunità religiosa in cui aiutiamo i partecipanti a percepire la natura», ad imparare la preghiera di Gesù e a fare lectio divina nella condivisione della parola di Dio (Bibelteilen).
 
Spiritualità nel senso cristiano – commenta suor Johanna –  indica uno stile di vita, un’arte del vivere che libera, matura, riscatta, salva. È l’arte di diventare persone nell’incontro con Dio. Quest’arte ha bisogno di un esercizio ordinato e inserito nella vita quotidiana, affinché tutta la vita sia vissuta alla presenza di Dio. Per questo «diamo molta importanza agli Esercizi spirituali nel quotidiano». Sono cinque settimane. Lo scopo è di aiutare il gruppo (massimo 18 persone) a «vivere intensamente e con gratitudine le sfide del quotidiano, a scoprire Dio presente in esse, a percepire se stessi e la propria realtà in rapporto con Dio, a vivere alla sua presenza nel silenzio, nella meditazione, nell’ascolto della Parola».
 
L’itinerario comprende l’invito a camminare con Gesù e ad ascoltarlo nel silenzio (prima settimana); a mostrare come la Scrittura possa nutrire la meditazione e dare concrete risposte al bisogno profondo della persona di essere considerato, accettato e amato (seconda settimana); la richiesta di mettere sotto lo sguardo di Dio salvatore le ferite, i limiti e i fallimenti della vita (terza settimana); l’invito a rivolgersi fiduciosamente a Dio con disponibilità all’ascolto per esaminare i rapporti col prossimo e saper vedere i “tesori” offerti da Dio nelle situazioni quotidiane (quarta settimana); infine l’incoraggiamento a tradurre nella vita concreta le piccole cose che hanno scoperto (quinta settimana). Ogni lunedì sera il gruppo s’incontra per condividere le esperienze, per l’esercizio di un atteggiamento spirituale e per pregare insieme. Nella settimana – in cui ognuno vive nel proprio habitat – i partecipanti s’impegnano ad una preghiera personale quotidiana di 30 minuti. La sera, con una «preghiera di attenzione amorosa», sono invitati a  ripercorrere la giornata. «Quanto più si diventa capaci di portare tutto davanti al Signore – sottolinea suor Johanna - tanto meglio si riescono a percepire in profondità le situazioni, gli avvenimenti, le persone e se stessi». Tre sono le regole che indica la suora salesiana per organizzare il tempo di preghiera: trovare il tempo e mantenersi fedeli; trovare il luogo idoneo e la posizione corporea adatta; scoprire il modo di non distrarsi.
 
«Una volta la settimana incontriamo a tu per tu i singoli partecipanti, per un dialogo di accompagnamento personalizzato. Parliamo dell’andamento degli esercizi spirituali e di ciò che è importante per la persona. Spesso capita che un giovane adulto chieda di continuare l’accompagnamento nel quotidiano oltre le cinque settimane di esercizi, perché sente il bisogno di proseguire sulla strada intrapresa».
 
 
VARIE MODALITÀ DI ESERCIZI SPIRITUALI
 
Alla Don Bosco Haus le suore propongono varie modalità di esercizi spirituali. Nell’incontro di «capodanno i giovani rivelano una speciale sensibilità per riflettere sul futuro della loro vita, che cosa vogliono diventare, quali cose nuove far crescere». Negli Esercizi di Pasqua «celebriamo settimana santa e liturgia pasquale nel silenzio. Riflettiamo in modo particolare sulla sofferenza e approfondiamo il nucleo del messaggio cristiano». Lasciandosi coinvolgere nel «destino comune con Gesù, i giovani si sentono toccare interiormente e rispondono bene».
 
Negli Esercizi di Pentecoste riflettono sul fatto di essere dei “mandati” e si chiedono: «A che cosa sono chiamato?». Ogni due anni questi esercizi si svolgono su una nave. «Sono giorni intensi, in cui meditiamo la storia di Giona e di Noe viaggiando insieme sull’oceano».
 
Per la festa di Tutti i Santi e il giorno dei defunti celebrano gli Esercizi contemplativi. Due giorni di completo silenzio per i giovani che partecipano lungo l’anno alla preghiera settimanale. «Diamo loro l’opportunità di un tempo più lungo di contemplazione. Si sta alla presenza di Dio nel silenzio del cuore e nel respiro della preghiera».
 
Il centro di pastorale suggerisce proposte anche per il tempo libero. La cosiddetta “Con il corpo e con l’anima”. Si tratta di settimane preziose perché condividono con i giovani «la vita e la fede».
 
Mettere insieme formazione umana e formazione cristiana dei giovani vuol dire per suor Johanna «invitare i giovani e ospitarli nelle nostre comunità». È un processo per le comunità religiose. «Abbiamo bisogno di imparare a creare un clima di amicizia e di fiducia, per togliere loro la  paura delle relazioni. Lo possiamo fare incoraggiandoli, accettandoli. La comunità è per noi il fondamento di  una missione dinamica. Se siamo costanti nell’invitare e accogliere i giovani, allora ci avviciniamo al loro desiderio di confronto, capiamo il loro bisogno di scambio internazionale, di viaggiare, di stare insieme, di tenerezza. Nell’incapacità che hanno i giovani di stabilire delle vere relazioni sta nascosta per noi la possibilità di creare una nuova comunità».
 
 
COINVOLGERE I GIOVAN I E PREGARE CON LORO
 
Occorre anche «coinvolgere i giovani e farli diventare nostri collaboratori per un’opera di fede, di speranza e di amore. È importante offrire loro una rete sociale, integrarli come animatori, come responsabili dei gruppi giovanili e delle equipe educative. Aprire ai giovani spazi per ascoltare e aiutare dov’è possibile, dove possono dare amore e dove si possono esprimere. Dipende da noi se i giovani sono veramente collaboratori o no, se assumono delle responsabilità in un mondo in cui anche noi adulti spesso non sappiamo che fare. Dipende da noi aprire i loro occhi per far loro scoprire la grazia della vocazione ad essere testimoni di Cristo».
 
I giovani accettano volentieri di parlare delle proprie esperienze, dei propri ideali e dei problemi. «Possiamo valorizzare questa disponibilità e farla diventare un processo di testimonianza, un processo di apprendimento nel quale si parla di Dio in un modo molto naturale. Penso a un corso di esercizi dal titolo Parlare di Gesù, che ho tenuto quest’anno con le giovani. Ci siamo arricchite a vicenda durante la preparazione, nel rendere testimonianza e attraverso lo scambio di idee. Dopo queste cinque settimane le partecipanti hanno deciso di continuare a  incontrasi regolarmente per scambiare le proprie esperienze su temi importanti per la loro vita». Le testimonianze dei giovani «convincono spesso più di quelle dei grandi teologi, perché non usano parole vuote». Dobbiamo provocare tra i giovani la testimonianza personale e religiosa, lo possiamo chiedere, desiderare e curare.
 
«Ritengo importante pregare con i giovani, lasciarli pregare con noi». Sono loro il contenuto della nostra preghiera e del nostro lavoro. «Può educare solo chi sta alla presenza dell’Eterno, perché educa conducendo gli altri su questo cammino», ama ricordare suor Johanna. È un’espressione di Martin Buber che esprime in pieno lo stile salesiano. Ma la suora salesiana attraverso una storia cinese descrive meglio la loro azione pastorale. Un artigiano – racconta - scolpì un supporto per la campana del tempio. Era talmente precisa che tutti dicevano essere stata opera di un angelo. Il signore del luogo chiese allo scultore: «Qual è il tuo segreto?». Rispose: «Io sono un artigiano e non ho alcun segreto. Quando cominciai a pensare al lavoro commissionato ho raccolto il mio spirito senza voler più pensare ad altro. Ho fatto digiuno finché ho sentito pace interiore. Dopo tre giorni di digiuno dimenticai il guadagno e il successo. Dopo cinque giorni non pensai più alla lode o alle critiche. Dopo sette giorni non sentii più alcun membro del mio corpo. Tutto ciò che mi poteva distrarre dal lavoro era scomparso. Poi sono andato nel bosco. Quando ho trovato il tronco giusto, la sagoma del sostegno era già in esso, chiara e pura. Ho cominciato a lavorare e l’opera venne da sé. Se non avessi incontrato quell’albero non esisterebbe questo sostegno. Cosa era capitato? Il mio unico pensiero mi aveva permesso di vedere la forma nascosta in quel legno. Da questo incontro è scaturita l’opera, che voi dite che sia fatta da un angelo».
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