L'Angola è uno dei paesi potenzialmente più ricchi del continente africano, eppure si muore di fame. Ecco un'attenta analisi della situazione.
del 12 ottobre 2003
SUPERFICIE: 1.246.700 kmq
 POSIZIONE GEOGRAFICA: Africa Sud-Ovest
 CAPO DI STATO: José Eduardo Dos Santos
 VALUTA: Kwanza
 LINGUA: Portoghese
 RELIGIONE: Cattolica
La guerra che si trascina ormai da 25 anni tra l'MPLA (Movimento Popolare per la Liberazione dell'Angola) del Presidente Dos Santos e l'UNITA (Unità Nazionale per la Liberazione Totale dell'Angola) di Savimbi ha messo il paese in ginocchio: oggi l'Angola ha uno dei più bassi indici di sviluppo umano del mondo, al 160.mo posto su 174 paesi nella classifica annuale del UNDP insieme al Sudan, Senegal, Haiti e Uganda.
Il numero di sfollati e smobilitati ammonta ad oltre 3 milioni e la loro reintegrazione socioeconomica rappresenta una delle maggiori sfide che il governo angolano si trova ad affrontare.
Nel 1994 i protocolli di pace di Lusaka sembravano aver messo fine alla guerriglia tra l'Mpla al governo e la fazione dei ribelli dell'Unita, ma quest'ultima si rifiutò di osservare le disposizioni dell'Onu, di smobilitare l'esercito e accettare la presidenza di Dos Santos, cosi' nel 1998 la guerra riprese.
Oggi è difficile stabilire con precisione la posizione dei due contendenti: non c'è una netta prevalenza dell'uno o dell'altro, tuttavia la maggior parte dei municipi è in mano al governo.
Quel che è certo è che le ricchezze del paese sono bipartite: le province interne, la zona di Lunda Norte a nord, ricca di diamanti sono in mano all'Unita, le regioni petrolifere e i centri abitati della costa sono del governo.
E' grazie al traffico di pietre preziose - in spregio a ogni embargo delle Nazioni Unite - che il movimento angolano dell'Unita riesce a rifornirsi di armi pesanti e proseguire nella guerra civile scatenata nel 1975 contro il governo di Luanda.
 Il 10 marzo scorso, le Nazioni Unite hanno diffuso il testo del rapporto Fowler, dal nome del presidente della Commissione incaricata di indagare sulle violazioni delle sanzioni compiute dal movimento ribelle guidato da Jonas Savimbi.
“…L'Unione europea ribadisce che l'UNITA, guidata dal dr. Jonas Savimbi, non ha rispettato le disposizioni fondamentali del protocollo di Lusaka ed è la principale responsabile della guerra in Angola. Con il persistere nel non tenere conto delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il dr. Savimbi ha scelto deliberatamente la via del conflitto anziché onorare i propri impegni, un modo di agire che suscita legittimi dubbi sulle sue effettive intenzioni di operare per la riconciliazione nazionale in Angola…”.(dal Bollettino UE 1/2 2000, politica estera e di sicurezza comune)
 
 Rispetto alla questione dei diamanti - ma la commissione ha indagato a largo raggio anche sulle vendite di petrolio e i traffici finanziari - si legge che 'la capacità dell'Unita di vendere i suoi diamanti si fonda su tre fattori. Primo: l'Unita ha accesso a zone ricche di diamanti e dispone delle attrezzature necessarie per estrarli. Secondo, l'Unita ha facile accesso a luoghi esterni protetti dove i diamanti possono essere scambiati. Terzo, la facilità con cui i diamanti illegali possono essere venduti e commerciati sulle principali piazze del mondo e in modo particolare sulla piazza principale - Anversa'.
 
Venticinque anni di guerra civile hanno assuefatto la gente alla precarietà e al caos e non sarà facile tornare alla normalità. Da dieci anni a questa parte tutto è rimasto immutato, le speranze sono svanite nel vento e nell'ottimismo dei tempi in cui si firmavano i protocolli di pace e la comunità internazionale pensava di aver avviato un periodo di ricostruzione.
Oggi rimangono il coraggio e la voglia di chi crede ancora nell'Angola, la dedizione dei missionari, quella dei volontari e la forza della società civile più attenta e capace. Rimangono le potenzialità grandi di questo giovane popolo intelligente e creativo.
L'esodo delle popolazioni rurali ha creato condizioni di vita difficilissime e un clima fra la popolazione che possiamo definire di ricerca di assistenzialismo. I giovani sono stati profondamente colpiti dalla guerra vigendo il reclutamento obbligatorio da parte dei due eserciti in lotta. L'abbandono della produzione agricola ha trasformato Luanda in un luogo di fame dove la gente cerca di guadagnare il necessario per vivere vendendo per le strade. Il settore informale ha quindi conosciuto un periodo di rapida espansione riflettendo l'aumento della partecipazione femminile all'economia del paese che si e concentrata in questo settore.
L’ANGOLA DEI POVERI: DONNE, BAMBINI, PROFUGHI
Queste le statistiche del UNDP (l’ Organo dell’ ONU che si occupa dello Sviluppo): mortalità infantile al 195 per mille, 283 per mille quella materna, 32% dei bambini sotto i 5 anni d'età gravemente denutriti, aspettativa di vita alla nascita di 41 anni per gli uomini e di 43 anni per le donne, tasso di analfabetismo elevatissimo a causa dell'impossibilità di frequentare regolarmente le scuole (quest'anno il 71% dei bambini di 6 anni non ha potuto iniziare il corso regolare di studi), 5 milioni di profughi interni di cui 2 milioni e mezzo di sfollati nella sola Luanda, 350 mila rifugiati.
Il sistema dell'educazione dell'Angola è oggi da ricostruire. La mancanza degli insegnanti e la loro scarsa preparazione scolastica (il 35% non ha una scolarità superiore alla scuola media), unite alla mancanza di attrezzature adeguate per realizzare i corsi, hanno determinato un forte abbassamento del livello qualitativo dell'insegnamento.
L'iper-inflazione ha ridotto il salario degli insegnanti, in termini di potere d'acquisto, al corrispondente di 6 dollari americani. Molti insegnanti hanno lasciato la loro professione per dedicarsi ad attività più redditizie. Inoltre in molte parti del paese la guerra ha determinato la totale assenza di scuole o costruzioni scolastiche poco agibili. I centri di formazione professionale sono tra le realtà scolastiche più colpite dalla mancanza delle strutture, di materiale didattico e dalla scarsa qualificazione dei professori.
Il Programma di Riabilitazione Nazionale riconosce come fondamentale la ricostruzione della scuola 'primaria', che essendo la più diffusa nelle zone rurali, è stata la più colpita dagli scontri armati. Anche i corsi di formazione professionale vengono visti come un importante elemento nel processo di ricostruzione dell'Angola, soprattutto in considerazione del fatto che il 54% della popolazione angolana ha meno di 18 anni. Sviluppando capacità tecniche, tali corsi potranno creare tecnici capaci di promuovere la crescita del lavoro autonomo e di migliorare la qualità dei servizi offerti, incoraggiando in tal modo la ripresa economica del paese.
ANGOLA: RICCA O POVERA?
Eppure l'Angola è uno dei paesi potenzialmente più ricchi del continente africano grazie ai suoi giacimenti di petrolio e diamanti, i cui proventi si accentrano nelle mani di pochi, e che vengono spesi in buona parte in armamenti bellici aggirando l'embargo delle Nazioni Unite; il 20% della popolazione più ricca detiene il 61% della ricchezza nazionale, contro appena il 3,2% detenuto dalla popolazione più povera con un reddito pro-capite annuo di 100 dollari.
L'estrazione del petrolio attira i paesi occidentali; l'Italia si attesta, dopo gli Stati Uniti e la Francia, tra i principali acquirenti del greggio angolano, che viene lavorato sul posto con grosse navi raffineria; ci arrivano direttamente dall'Angola i prodotti finiti, la benzina verde, la super, il gasolio, i derivati per la produzione di materie plastiche. Al contempo l'Italia è al secondo posto tra i paesi donatori, limitandosi tuttavia ad interventi d'emergenza.
A Lixeira, il paradosso economico dell'Angola è lampante. Qui più che altrove si percepisce l'assurdo di un paese che produce ogni giorno 800.000 barili di petrolio ed esporta, anche illegalmente, enormi quantità di diamanti rivenduti poi sulla piazza di Anversa, ma ha l'80% della popolazione costretta a vivere sotto la soglia di povertà. Prima della guerra in Angola si coltivavano manioca, fagioli, banane, pomodori, caffè.
Adesso è diverso. Non c'è più lavoro. Non c'è più agricoltura.
Chiara Giusto
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