Il cardinale al Consiglio permanente Cei: «Ci chiediamo con amarezza se si vuol fare della scuola dei campi di rieducazione e di indottrinamento». Il nuovo governo metta «in movimento crescita e sviluppo».
La società ha il «grave dovere» di «non corrompere i giovani con idee ed esempi che nessun padre e madre vorrebbero per i propri ragazzi» e i cittadini hanno «il diritto ad una scuola non ideologica e supina alle mode culturali imposte»: lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, in un passaggio della prolusione con la quale ha aperto i lavori del Consiglio permanente dei vescovi, puntando molto sull'emergenza educativa e sulle difficoltà vissute dalla scuola cattolica.
Bagnasco ha aspramente criticato gli opuscoli che parlano dell'identità di genere distribuiti negli istituti italiani, parlando di «logica distorta e ideologica», a proposito dei tre volumetti intitolati “Educare alla diversità a scuola”, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. «In teoria - ha aggiunto il presidente della Cei - le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” (è questo il termine usato) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte».
«È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza - ha detto Bagnasco - se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga».
Sul banco degli imputati, nelle parole di Bagnasco, c'è «l'iperindividualismo» che caratterizza le società occidentali, dove riemergono le ideologie «sotto vesti diverse, ma con la medesima logica e arroganza». Un segno di ciò, afferma il cardinale «sta nel fatto che l’obiezione di coscienza è ormai sul banco europeo degli imputati: non è più un diritto dell’uomo? E l’Europa dà al mondo un esempio di comunità di popoli, ciascuno con un proprio volto e storia? E perché accade che in Europa alcune serie “raccomandazioni” sono tranquillamente disattese, mentre altre – non senza ideologismo – vengono assunte come vincoli obbliganti?». Bagnasco non le cita, ma tra le raccomandazioni disattese a cui potrebbe riferirsi ci sono quelle sulla libertà di educazione e sulla parità scolastica, o quelle sulla condizione delle carceri; mentre tra quelle «assunte» il riferimento potrebbe essere al «diritto» di aborto o al tema del gender.
L'Occidente vive secondo il presidente dei vescovi italiani una fase di «neocolonialismo culturale» e vuole imporre «con mezzi spesso ricattatori, finanziamenti in cambio di leggi immorali, contrari alle identità di popoli e nazioni che vogliono mantenere le proprie radici». Ma se «l’Occidente vuole corrompere l’umanesimo, sarà l’umanesimo che si allontanerà dall’Occidente e troverà – come già succede – altri lidi meno ideologici e più sensati».
Bagnasco ha anche ribadito l'importanza del «valore della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla nascita, dalla crescita alla piena maturità, dal declino fino alla morte naturale», una difesa, quella della vita nascente, ha spiegato citando Papa Francesco, che «è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano».
Il cardinale ha parlato dei «diritti del bambino, oggi sempre più aggredito: ridotto a materiale organico da trafficare, o a schiavitù, o a spettacolo crudele, o ad arma di guerra, quando non addirittura esposto all’aborto o alla tragica possibilità dell’eutanasia. Ciò grida vendetta al cospetto di Dio». E ha citato pure «la tratta delle donne, la violazione – a volte fino alla morte – della loro dignità».
Nella prima parte della prolusione, significativamente più breve del solito (cinque cartelle e mezza), il presidente della Cei ha commentato il messaggio di Francesco per la Quaresima e a proposito della «miseria materiale» e delle difficoltà dell'Italia, ha detto: «Ormai, sono passati più di sei anni dall’inizio della grave crisi economica, che chiede un prezzo altissimo al lavoro e all’occupazione. In modo speciale, si riversa come una tempesta impietosa sui giovani che restano, come una moltitudine, fuori della porta del lavoro che dà dignità e futuro».
Serve «un tessuto industriale pronto a riconoscere» i pregi dell'intraprendenza dei giovani, «a recepirne i risultati e a metterli in circolo su scala». Senza dimenticare «quanti – non più in giovane età – hanno perso il lavoro e spesso si trovano esclusi da ogni circuito lavorativo e con la famiglia sulle spalle». È poi necessario «incentivare i consumi senza ritornare nella logica perversa del consumismo che divora il consumatore». Ma è anche indispensabile, ha continuato Bagnasco, «sostenere in modo incisivo chi crea lavoro e occupazione in Italia, semplificando anche le inutili e dannose burocrazie. Se non si velocizzano i processi e non si incentiva, si scoraggia ogni intrapresa vecchia e nuova».
Per il cardinale «bisogna ripensare e rimodulare anche la concezione del lavoro: il vecchio schema di dura contrapposizione è superato e rischia di danneggiare i più deboli. È necessario promuovere sempre più una mentalità partecipativa e collaborativa dentro ai luoghi di lavoro, una visione per cui i diversi ruoli sono distinti ma non separati, perché tenuti insieme da un comune senso di appartenenza e di responsabilità verso il proprio lavoro, la famiglia, l’azienda, la società e il Paese».
Insomma, no a scontri tra le parti sociali. E quanto al nuovo governo Renzi, la Cei auspica che, con la «partecipazione convinta e responsabile del Parlamento», riesca a incidere «su sprechi e macchinosità istituzionali e burocratiche, ma soprattutto a mettere in movimento la crescita e lo sviluppo, in modo che l’economia e il lavoro creino non solo profitto, ma occupazione reale in Italia».
Infine, il presidente della Cei ha anticipato alcuni dati del prossimo rapporto Caritas sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia: «le iniziative sono in quattro anni raddoppiate registrando un aumento impressionante di italiani che bussano alla porta, così come di gruppi sociali che fino ad oggi erano estranei al disagio sociale. I fondi diocesani di solidarietà aumentano dell’11%, e gli sportelli, per aiutare la ricerca del lavoro o della casa, sono giunti a 216. Si registrano anche gravi e crescenti difficoltà derivanti purtroppo dalla rottura dei rapporti coniugali, sia a livello occupazionale che abitativo. Il 66,1 % dei separati dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto dei beni di prima necessità. A questi dati di ordine materiale si devono aggiungere quelli di tipo relazionale tra padri e figli: il 68% dichiara che la separazione ha inciso negativamente su tale rapporto».
Andrea Tornielli
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