Besucco Francesco: la vita

Era un ragazzo dell'Oratorio di Don Bosco a Torino. Francesco aveva sentito parlare dell'Oratorio “Don Bosco” di Torino e desiderava essere accolto, pur sapendo che non era cosa facile per l'estrema povertà dei genitori. Un giorno, dopo...

Besucco Francesco: la vita

da Spiritualità Salesiana

del 20 novembre 2005

Il 2 agosto 1863 entrava all'Oratorio di Don Bosco a Torino come alunno il giovane tredicenne Besucco Francesco, nativo dell’Argentera, un villaggio di montagna, in Piemonte. Era molto stimato dai suoi conterranei per il rispetto e l'affezione ai parenti. Si distingueva per la pietà, l’innocenza di vita ed  il profitto nella scuola.

Francesco aveva sentito parlare dell'Oratorio “Don Bosco” di Torino e desiderava essere accolto, pur sapendo che non era cosa facile per l'estrema povertà dei genitori. Un giorno, dopo aver  ricevuto la santa Comunione e fatto una  supplica a Maria Santissima, udì una voce misteriosa che lo riempì d'immensa gioia: - “Abbi fiducia, Francesco, perché il tuo desiderio sarà soddisfatto”.

 

Ecco come D. Bosco descrisse il suo primo incontro con Besucco.

“ Francesco aveva già passato alcuni giorni all'Oratorio, ed io non l'avevo ancora visto e nemmeno gli altri lo conoscevano. L'Arciprete Pepino dell’Argentera mi aveva comunicato qualche cosa per lettera. Un giorno, mentre ero in ricreazione in mezzo ai ragazzi dell’ Oratorio, vidi un giovane  vestito alla montanara, mediocre di corporatura, di aspetto semplice, con il volto coperto di lentiggini. Stava con gli occhi spalancati a guardare i suoi compagni che giocavano. Come il suo sguardo s'incontrò col mio, fece un rispettoso sorriso e venne verso di me.

 

- Chi sei tu ? gli dissi sorridendo.

- Io sono Besucco Francesco dell'Argentera.

- Quanti anni hai?

- Tra poco compio quattordici anni.

- Sei venuto da noi per studiare o imparare un mestiere?

- Io desidero tanto studiare.

- Che scuola hai fatto?

- Ho fatto le scuole elementari al mio paese.

- Con quale intenzione tu vorresti continuare gli studi invece di intraprendere un mestiere?

- Il mio vivo desiderio è di poter abbracciare lo stato ecclesiastico.

- E chi ti ha dato questo consiglio?

- Ho sempre avuto questo nel cuore ed ho sempre pregato il Signore che mi aiutasse a compiere  questa mia volontà.

- Hai già domandato consiglio a qualcuno?

- Sì, ne ho già parlato più volte con mio padrino; sì, con mio padrino…… - detto questo, si commosse e gli spuntarono le lacrime.

- Chi è il tuo padrino ?

- Mio padrino è il mio prevosto, l'Arciprete dell'Argentera, che mi vuole tanto bene. Egli mi ha insegnato il catechismo, mi ha fatto scuola, mi ha vestito, mi ha mantenuto. È tanto buono, mi ha fatto tanti favori e dopo avermi fatto scuola quasi due anni mi ha raccomandato a lei affinché mi ricevesse all'Oratorio. Com’è buono mio padrino! quanto mi vuole bene!

E si mise di nuovo a piangere. Questa sensibilità ai favori ricevuti, questo affetto al suo benefattore mi confermò nella giusta opinione sulla bontà di indole di cuore del giovane Francesco. Richiamai allora alla memoria le belle raccomandazioni che mi erano state fatte dal suo parroco e dissi tra me: questo giovanetto con lo studio farà una eccellente riuscita. È comprovato dall'esperienza che la gratitudine nei fanciulli è segno sicuro di un felice avvenire: al contrario coloro che dimenticano con facilità i favori ricevuti e le sollecitudini ricevute, rimangono insensibili agli avvisi, ai consigli, alla religione e sono perciò di educazione difficile, di riuscita incerta. Dissi pertanto a Francesco:

- Sono molto contento che tu porti grande affetto a tuo padrino, ma non voglio che ti affanni. Amalo nel Signore, prega per lui e, se vuoi fargli cosa veramente gradita, procura di tenere tale condotta che io possa mandargli buone notizie e che, venendo a Torino, possa essere soddisfatto del tuo profitto e del tuo comportamento. Intanto va' con i tuoi compagni a fare ricreazione. - Asciugandosi le lacrime mi salutò con un affettuoso sorriso e andò a prendere parte ai divertimenti con i suoi compagni.

 

Pochi giorni dopo me lo vidi nuovamente venire incontro con aspetto preoccupato.

- Che hai, gli dissi, mio caro Francesco?

- Io mi trovo qui in mezzo a tanti compagni tutti buoni. Vorrei farmi buono come loro ma non so come fare. Ho bisogno che lei mi aiuti.

- Ti aiuterò con tutti i mezzi a me possibili. Se vuoi farti buono, pratica tre sole cose e tutto andrà bene.

- Quali sono queste tre cose?

- Eccole: Allegria, Studio, Pietà. È questo il grande programma. Se lo praticherai, tu potrai vivere felice e fare molto bene all'anima tua.

- Allegria... Allegria... Io sono fin troppo allegro. Se basta stare allegro per farmi buono io andrò a divertirmi da  mattina a sera. Va bene così?

 - Non da mattina a sera ma solamente nelle ore in cui è permessa la ricreazione.”

E Francesco, persuaso di far cosa gradita a Dio divertendosi, in tempo di ricreazione, si gettava a capofitto in mezzo ai settecento suoi compagni, tutti presi dai vari giuochi. Non essendo però pratico di certi esercizi ricreativi, capitava che spesso gli urti, i capitomboli, le cadute fossero la conclusione dei suoi divertimenti.  

Un giorno si avvicinò a Don Bosco tutto zoppicante ed impensierito.

- Che hai, Besucco, gli dissi?

- Ho la vita tutta dolorante!

- Che ti è accaduto?

- Sono poco pratico dei giochi di questa casa. Quando cado urtoo con la testa, con le braccia o con le gambe. Ieri, correndo, ho sbattuto la faccia contro quella di un compagno e ci siamo insanguinati il naso tutti e due.

- Usa qualche riguardo e sii un po' pi√π moderato.

- Ma lei mi dice che questa ricreazione piace al Signore ed io vorrei abituarmi a far bene tutti i giuochi che fanno i miei compagni.

” - Non intenderla così, mio caro; i giochi ed i divertimenti si devono imparare un po’ alla volta, man mano che ne sarai capace, sempre in modo che possano servire di ricreazione, mai di danno al corpo.

Un giorno, lesse su di un cartello, sopra l’entrata di camera mia, queste parole:

OGNI MOMENTO DI TEMPO È UN TESORO.

- Non capisco, mi chiese con interesse. Che cosa significano queste parole? Com’è possibile guadagnare in ogni momento di tempo un tesoro?

- È proprio così. In ogni momento di tempo noi possiamo acquistarci qualche nozione scientifica o religiosa, possiamo praticare qualche virtù, fare un atto di amor di Dio, tutte cose che davanti al Signore sono altrettanti tesori utili nel tempo e per l'eternità.

” Non disse più nulla ma scrisse sopra un pezzetto di carta quella frase. Poi soggiunse: - Ho capito!

Da questo incontro risalta mirabilmente la dolce familiarità di D. Bosco con i suoi alunni. Per conoscere meglio le sorprendenti virtù di Besucco è bene legger la biografia scritta da D. Bosco stesso.

 

Francesco possedeva in sommo grado lo spirito di preghiera e si metteva in ginocchio dinanzi all'altare della Vergine Maria, nel luogo preciso dove pregava Domenico Savio. Essendo proibito fare penitenza corporale, esercitava i lavori più umili della casa e aiutava i compagni in ogni necessità materiale e spirituale, suggerita dalla carità. Nello stesso tempo, oltre la custodia dei sensi esterni e specialmente degli occhi, considerava come penitenza la diligenza nello studio, l'attenzione a scuola, l'obbedienza ai superiori, il sopportare i disagi della vita come il caldo, il freddo, il vento, la fame, la sete.

Ogni atto di adorazione al Santissimo Sacramento, la confessione e la comunione erano la sua delizia. Questo suo ardente amore a Ges√π Sacramentato era anche effetto delle accorate istruzioni di D. Bosco e del suo zelo per togliere ogni ostacolo che potesse diminuire la frequenza ai Sacramenti.

 

Besucco Francesco, per amore alla penitenza, avendo tralasciato, nella stagione invernale, di coprirsi convenientemente a letto, fu assalito da congestione allo stomaco. La sua malattia incominciata il 3 di gennaio, ordinariamente durava sette giorni. Questi furono per lui altrettante penitenze mentre per i compagni erano esempi di pazienza e di cristiana rassegnazione. Il male gli opprimeva il respiro, gli procurava un acuto e continuo mal di capo. Ma tutte le prescrizioni dei medici, tutte le cure non valsero ad alleviarlo.

Era giunto soltanto al quarto giorno della sua malattia, quando il medico cominciò a temere della vita del nostro Francesco. Per cominciare a parlargli di quell'ultimo momento D. Bosco gli disse:

 - Mio caro Francesco, ti piacerebbe andare in Paradiso?

     - Si immagini se non mi piacerebbe andare in Paradiso! Ma bisogna guadagnarselo!

 - Supponi che si tratti di scegliere tra guarire o andare in Paradiso, cosa sceglieresti?

     - Sono due cose distinte, vivere per il Signore o morire per andare con il Signore. La prima mi piace, ma molto di più la seconda. Chi mi assicura il Paradiso dopo tanti peccati che ho fatto?

 - Facendoti tale proposta io suppongo che tu sia sicuro di andare al Paradiso. Io non voglio che per ora tu ci abbandoni.

 - Come potrò meritarmi il Paradiso?

 - Ti meriterai il Paradiso per i meriti della passione e della morte di nostro Signore Gesù Cristo.

 - Ci andrò dunque in Paradiso ?

 - Ma certamente, ben inteso, quando al Signore piacerà.

Allora Francesco volse lo sguardo ai presenti e fregandosi con gioia le mani disse:

- Il contratto è fatto: il Paradiso e non altro; in Paradiso e non altrove. Non voglio più sentire parlare di altro se non del Paradiso.

D. Bosco allora continuò: - Sono contento che tu manifesti questo vivo desiderio del Paradiso, ma voglio che tu sia pronto a fare la santa volontà del Signore ......

Egli interruppe quel discorso, dicendo: - Sì, sì, la santa volontà di Dio sia fatta in ogni cosa, in cielo e in terra......

Alla sera del quinto giorno D. Bosco gli domandò se aveva qualcosa da raccomandare a qualcuno.

- Oh sì, mi diceva; dica a tutti che preghino per me affinché il mio purgatorio sia breve.

- Cosa devo dire ai tuoi compagni da parte tua?

- Dica loro che fuggano lo scandalo, che procurino di far sempre delle buone confessioni.

- E ai chierici?

Dica ai chierici che diano buono esempio ai giovani e che si impegnino sempre a dar loro dei buoni avvisi, dei buoni consigli, ogni volta che si presenterà l’occasione.

- E ai tuoi superiori?

Dica ai miei superiori che io li ringrazio tutti della carità che mi hanno usato; che continuino a lavorare per guadagnare molte anime. Quando sarò in Paradiso pregherò per loro il Signore.

- E a me che cosa dici?

A questo parole Francesco si commosse e guardandomi fisso:

- A Lei chiedo, ripigliò, che mi aiuti a salvarmi l'anima. Da molto tempo prego il Signore che mi faccia morire nelle sue mani: mi raccomando che compia quest’opera di carità e mi assista fino agli ultimi momenti della mia vita.

Io lo assicurai che non l’avrei abbandonato, sia che egli guarisse, sia che egli stesse ammalato, ed ancor di più qualora si fosse trovato in punto di morte. Dopo prese un'aria molto allegra, né pensò più ad altro se non a prepararsi a ricevere il Santo Viatico.

Fatta la comunione si mise a pregare per far il ringraziamento. Alla richiesta se avesse bisogno di qualche cosa, rispondeva soltanto: Preghiamo. Dopo un considerevole tempo di ringraziamento chiamò accanto a sé i presenti e raccomandò loro di non parlargli di altro che del Paradiso.

Qualche tempo dopo, vedendolo tranquillo, D. Bosco gli chiese se avesse qualche commissione da lasciargli per il suo Arciprete. A queste parole si commosse.

- Il mio Arciprete, rispose, mi ha fatto tanto del bene; ha fatto quanto ha potuto per salvarmi; gli faccia sapere che io non ho mai dimenticato i suoi insegnamenti. Io non avrò più la consolazione di vederlo in questo mondo, ma spero di andare in Paradiso e di pregare la SS. Vergine affinché lo aiuti a conservare buoni tutti i miei compagni e così un giorno io lo possa vedere con tutti i suoi parrocchiani in Paradiso.  Ciò dicendo la commozione gli interruppe il discorso.

Dopo un po’ di riposo gli domandai se desiderava vedere i suoi parenti.

- Io non li posso più vedere, rispondeva, perché essi sono lontani, sono poveri e non possono affron-tare la spesa del viaggio. Mio padre poi lavora distante da casa. Faccia loro sapere che io muoio rassegnato, allegro e contento. Pregate per me, io spero di andarmene in Paradiso; di là li attendo tutti.    

Qualche ora dopo gli chiesi:

- Avresti forse qualche commissione per tua madre?

Dica a mia madre che la sua preghiera è stata ascoltata da Dio. Ella mi disse più volte: Caro Franceschino, io desidero che tu viva lungo tempo in questo mondo, ma desidero che tu muoia mille volte piuttosto di saperti nemico di Dio con il peccato. Io spero che i miei peccati saranno stati perdonati e spero di essere amico di Dio e di poter presto andarlo a godere in eterno. O mio Dio, benedite mia madre, datele coraggio nel sopportare con rassegnazione la notizia della mia morte; fate che io la possa vedere con tutta la famiglia in Paradiso, a godere la vera gloria.

Francesco voleva ancora parlare ma io l’ ho obbligato a tacere per riposarsi un po’. La sera del giorno otto gennaio, aggravandosi, decisi di amministrargli l'Olio Santo. Richiesto se desiderava di ricevere questo Sacramento:

- Sì, rispose, io lo desidero con tutto il mio cuore.

Non hai forse qualcosa che ti pesa sulla coscienza?

 - Ah! sì, ho una cosa che mi fa molto pena e che mi tormenta molto la coscienza!

Qual'è questa cosa? Desideri dirla in confessione o altrimenti?

- Ho una cosa cui ho sempre pensato in vita mia; ma non mi sarei immaginato che mi dovesse procurare tanto rincrescimento in punto di morte.

Qual'é dunque la cosa che ti procura questa pena e tanto rincrescimento?

- Io provo il più amaro rincrescimento perché nella mia vita non ho amato abbastanza il Signore come Egli si merita.

Datti pace a questo riguardo, poiché in questo mondo non potremo mai amare il Signore come si merita. Qui bisogna che facciamo quanto possiamo; ma il luogo dove lo ameremo come dobbiamo è l'altra vita, è il Paradiso. Là lo vedremo come Egli è in se stesso, là conosceremo e gusteremo la sua bontà, la sua gloria, il suo amore. Fortunato tu, che tra breve avrai questo ineffabile incontro! Ora preparati a ricevere l'Olio Santo che è quel Sacramento che cancella il residuo dei peccati e ci dà anche la salute corporale, se è bene per l'anima ”.

Ricevendo l'Estrema Unzione, volle egli stesso recitare il Confesso a Dio Onnipotente con le altre preghiere che riguardano questo Sacramento, aggiungendo una speciale giaculatoria all'unzione di ciascun senso. Infine apparve così stanco ed il polso era così debole da temere che rendesse l'ultimo respiro. Si riprese un po’ e alla presenza di molti indirizzò queste parole a D. Bosco:

- Io ho pregato molto la Beata Vergine che mi facesse morire in un giorno a lei dedicato, e spero di essere esaudito.

Il nove gennaio, giorno di sabato, fu l'ultimo del caro Besucco. Egli conservò il perfetto uso dei sensi e della ragione per tutta la giornata.

Alle dieci e mezzo di sera pareva non potesse più avere che pochi minuti di vita, quando all’improvviso Francesco allargò le mani tentando di levarle in alto. D. Bosco gli prese le mani e le ricongiunse insieme affinché di nuovo le appoggiasse sopra il letto. Egli le risciolse e le levò di nuovo in alto con volto sereno, tenendo gli occhi fissi come chi vede qualche oggetto di somma consolazione. Pensando che forse volesse il crocifisso, D. Bosco glielo pose nelle mani; ma egli lo prese, lo baciò, lo ripose sul letto e rialzò di nuovo in alto le braccia con un impeto di gioia. In quell'istante la faccia di lui appariva florida e ravvivata più di quando stava bene in salute. Gli brillava sul volto una bellezza e un tale splendore che fece oscurare le luci dell'infermeria.

Tutti i presenti, in numero di dieci, rimasero non solo spaventati ma sbalorditi, attoniti. Nel più  profondo silenzio gli sguardi di ognuno erano fissi sul volto di Francesco.

Crebbe in tutti la meraviglia quando l'infermo, elevando un poco il capo e protendendo le mani quanto poteva, come chi stringe la mano a persona cara, cominciò con voce gioiosa e sonora a cantare: Lodate Maria, o lingue fedeli!

Dopo vari sforzi per sollevare più in alto la persona, che realmente si elevava, con le mani giunte in forma devota, si pose di nuovo a cantare: O Gesù d'amore acceso, non vi avessi mai offeso… L'infermo sembrava divenuto come uno degli Angeli del Paradiso.

Per rompere lo stupore dei presenti D. Bosco disse:

- Io credo che in questo momento il nostro Besucco stia ricevendo qualche grazia straordinaria dal Signore o dalla sua celeste Madre, di cui fu tanto devoto in vita. Forse la Madonna viene a ricevere l'anima sua per condurla con sé in cielo.

Francesco continuò il suo canto, ma le sue parole erano tronche e interrotte, come di chi risponde ad amorevoli interrogazioni. Quindi si lasciò cadere lentamente sul letto. Cessò la luce meravigliosa, il suo volto ritornò come prima; riapparvero le luci e l'infermo non dava più segni di vita. Ma accorgendosi che non si pregava più né gli suggerivano più giaculatorie, si rivolse a D. Bosco:

- Mi aiuti, preghiamo.

Erano le undici di notte quando egli voleva parlare ma, non potendo, disse solo questa parola: Il Crocifisso. Invocava la benedizione del Crocifisso con l'indulgenza plenaria in articolo di morte, grazia che Francesco aveva  molte volte richiesto.

Don Alasonatti gli diede quest’ ultima benedizione, quindi si pose a recitare il “Va’ in pace, anima di Dio”, mentre gli altri pregavano in ginocchio. Alle undici e un quarto Besucco, fissando D. Bosco, si sforzò di fare un sorriso in forma di saluto, poi alzò gli occhi al cielo, indicando che egli se ne partiva. Pochi istanti dopo l'anima sua lasciava il corpo e se ne volava gloriosa a godere la gloria celeste.

Difficile esprimere il dolore e il rincrescimento provato da tutto l’Oratorio alla perdita di un così caro compagno. Furono fatte in quel momento molte preghiere intorno al suo letto. Allo spuntar del giorno, tutti i giovani si radunarono in chiesa a pregare in suffragio dell'anima sua. Era Domenica e tutte le comunioni, il rosario, la messa, le pratiche di pietà che si recitavano nel giorno festivo, furono indirizzate a Dio per il riposo eterno del buon Francesco.

I condiscepoli nelle ore di ricreazione salivano a vedere quella salma e tutti dicevano di vedere un angelo del cielo. Quella fisionomia era divenuta così avvenente e il volto così roseo che non pareva morto. Tutti andavano a gara nel cercar qualche oggetto che gli fosse appartenuto per conservarlo come preziosa reliquia.

D. Bosco alla sera parlò delle virtù di Besucco e, tra lacrime, ripetè le sue ultime parole:

-         Io muoio col rincrescimento di non aver amato Dio come si meritava!

È  impossibile descrivere l'effetto che produssero queste parole nel cuore dei presenti.

Un altro giovane dell’Oratorio di Don Bosco era iscritto nell’albo d’oro dei beati in Cielo.

 

(Adattamento dalle Memorie Biografiche di Don Bosco, Vol. VII, a cura di Don Fabbian Vito - SDB)

don Vito Fabbian

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