Nasci e un giorno ti diranno che ti hanno desiderato ma non cercato. Ma in fondo, che importa cosa diranno? Sei vivo. Era l'unica opportunità che avevi e i tuoi genitori hanno detto sì. Cercato o no, ti hanno accolto, ti amano. Questa è una storia vera: una storia come tante, che son sempre troppo poche.
«Amare è comprendere la ragione che Dio aveva per creare quel che amiamo» (Nicolás Gómez Dávila)
Non glielo diranno a quel figlio che non era stato cercato. Che la sua mamma aveva deciso di non volerlo tenere. Che era stato papà a convincerla di sì, con quali parole Dio solo lo sa. Non glielo diranno a quel figlio, il terzo: a nessuno piacerebbe sentire, di sé, questa storia.
La mamma che scopre di custodire una vita che non aveva programmato, ma due bambini li ha già, e il più piccolo è ancora troppo piccolo e i nonni son lontani… E poi il lavoro, chi gli darà una mano: le giornate son già tanto complicate così…
Nasci e un giorno ti diranno che ti hanno voluto, oppure desiderato ma non cercato. Ma in fondo, che importa cosa diranno? Sei vivo. Era l’unica opportunità che avevi e i tuoi genitori hanno detto sì. Cercato o no, ti hanno accolto, ti amano. E questa è una storia vera: una storia come tante, che son sempre troppo poche.
La mamma scopre di aspettare un bambino, ma è spaventata perché quel figlio non era previsto (adesso si dice così) e vuole abortire. Il papà temporeggia.
Non ci sono motivi di salute, non ci sono problemi economici. Chi l’ascolta lo sa, ma è lei a dover decidere, a dire l’ultima parola sulla vita o la morte del figlio che ha in grembo. Il cuore è in tumulto ma lei ha deciso. Ora è un riccio: non vuole parlare più con nessuno. Ha detto no.
Prende tempo il marito, il papà di quel bimbo. Si confida, chiede aiuto. Lui lo sa che aborto non è una parola soltanto. Che se la moglie andrà in ospedale non è per un’escrescenza, un bubbone. Lo sa che nel grembo di lei c’è una vita, suo figlio, e che non gli basta dire è stato un incidente, qualcosa non ha funzionato. Se i conti non tornano non è un buon motivo per impedire a quel bimbo – il suo, il loro bimbo – di vedere la luce.
Al consultorio hanno ascoltato lei, le sue paure. Le han detto signora il corpo è suo, decida. Guardi, la capiamo. Non era previsto un terzo figlio, ce l’ha detto. Veda lei. Ci pensi. Avanti la prossima.
L’amico è stato accanto all’amico (cos’è sennò, “voler bene”?). Se ci sono problemi, gli ha detto, vediamo insieme come risolverli. Se c’è bisogno di soldi, di aiuto, dimmi. Ce la farete, ce la faremo. Insieme. Però sappi: c’è vostro figlio, un bambino, nel grembo di tua moglie. E’ parte di lei, parte di te. E’ il frutto del vostro amore. (Sì, il frutto, perché se l’amore non è sterile, è seme che germoglia)
Magari, come dici, non l’avete cercato, eppure c’è. Parla, l’amico all’amico. E’ il vostro bambino. Amalo. Amatelo insieme.
Poi l’amico telefona in giro e chiede preghiere - noi cristiani facciamo così - e da quel momento sono in tanti a tifare per quel “tu” appena accennato, per quel cuoricino che batte e che dice io sono.
Siamo tanti, piccolino. Abbiamo pregato perché papà trovasse parole buone da dire alla mamma. Parole di sostegno e di speranza. Parole d’amore.
Oggi la notizia, bella da far suonare le campane a festa. «Aspettiamo un bambino, il terzo!»
Grazie a te, dice l’amico all’amico. Grazie per avermi sostenuto. Temevo di perdere mia moglie e invece no. Gliel’ho detto, a mia moglie, che ho parlato con te e che, dopo, ho trovato parole che avevo dentro, nello scrigno prezioso del cuore. La sua vita, e la mia, e noi che quel giorno ci siamo incontrati. Niente. Niente sarebbe accaduto di bello tra noi, da noi, se le nostre mamme, impaurite, avessero detto no…
Grazie, amici, per le vostre preghiere. «Chi salva una vita salva il mondo intero».
Luisella Saro
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