Una vocazione nata tra i giovani sulle orme di don Bosco: don Daniele Del Gaudio ci racconta il suo percorso di fede. Ordinato lo scorso 9 giugno, Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo dal Mons di Trieste Giampaolo Crepaldi.
Don Daniele Del Gaudio ci racconta il suo percorso di fede
Del grande e indimenticabile giorno della sua ordinazione presbiterale — domenica 10 giugno, solennità del Corpus Domini — don Daniele Del Gaudio, della Casa Salesiana di Trieste, ricorda con particolare emozione il momento della prostrazione durante le litanie dei Santi: un gesto chiave, simbolo del definitivo congedo dal vecchio mondo per entrare in Cristo e consegnarsi totalmente a lui.
Così, un orientamento presente fin dalla frequentazione giovanile dei campi scuola, si è trasformato in una scelta radicale di vita, fondata sulla vocazione ad appartenere totalmente a Cristo e a rendere partecipi anche gli altri di questa medesima appartenenza latrice di vera vita. A poco più di una settimana del definitivo sigillo a questa nuova nascita in seno alla Chiesa e al Signore, don Daniele ci ha fatto condividere con lui alcuni passi del suo cammino vocazionale. Un momento per riflettere insieme, nella consapevolezza che dietro ogni singolo destino, ogni piccola storia individuale, si cela la mano sapiente di Dio che incessantemente costruisce con pietre piccole e grandi, preziose o comuni, la sua città celeste.
Come e quando è maturata la sua vocazione?
La mia vocazione è nata in mezzo ai giovani. Quando nei campi scuola vedevo i miei animatori che ci facevano divertire e ci parlavano di Gesù, ho capito che anch'io avrei voluto fare lo stesso per tutta la mia vita. Un modello in questo l'ho trovato in don Bosco che mi ha accompagnato in questi anni verso il Signore. È stato questo santo ad indicarmi la via da intraprendere per realizzare il sogno che il Signore ha su di me, un sogno da realizzare nella nostra Diocesi di Trieste, essere tutto di Cristo per portare Cristo a tutti.
Quali sono stati i momenti decisivi e cruciali del suo percorso vocazionale?
Quando dopo l'anno di seminario 2004-2005 ho deciso di lasciare il percorso per comprendere meglio ciò che dovevo fare per vivere a pieno la mia vita. Sono rimasto fuori dal seminario per tre anni, nei quali il Signore mi ha dato l'opportunità di conoscere molte persone splendide, di fare esperienze che mi hanno aiutato a crescere, di trovare amici che mi hanno accompagnato nella mia ricerca, anche se non tutto ciò che ho vissuto è stato positivo. Non è stato facile lasciare il seminario per poi tornarvi, per molti è sembrato quasi un fallimento, mi hanno visto come un eterno indeciso, ma devo solo ringraziare il Signore per avermi dato la possibilità di vivere quei tre anni di grazia.
L'emozione più intensa del giorno in cui è stato ordinato?
Direi che un momento emozionante dell'ordinazione è stato sicuramente la prostrazione durante le litanie dei Santi. Il ricordo di tutti quei Santi che hanno testimoniato l'amore del Signore con tutto loro stessi. Hanno donato tutto al Signore non lasciando nulla per sé. Il prostrarsi a terra e il rialzarsi poi, per me ha proprio quel significato di essere rigenerati dalla terra e rialzandomi lasciavo tutto me stesso per essere tutto di Cristo.
Su quali basi e con quali mete porterà avanti il suo ministero?
Non saprei. L'unica certezza che ho è l'amore del Signore. Ora ho iniziato una nuova esperienza nella parrocchia di san Gerolamo dove cercherò di prestare servizio con umiltà e con entusiasmo. Come diceva don Bosco: «È Dio che vuol fare e noi dobbiamo pregarlo che abbia la bontà di servirsi di noi». Questo spero di riuscire a fare: lasciare che il Signore operi attraverso di me sperando di potergli essere utile in qualche modo.
Un suo messaggio augurale alla Chiesa in questo momento diffìcile, soprattutto ai giovani che vivono con molta sofferenza la ricerca di senso e di verità? Giovanni Paolo II disse: "Aprite le porte a Cristo". Questo secondo me resta l'augurio più bello che si possa fare a tutta la Chiesa. Con Cristo nel cuore tutto trova un senso, è il suo amore che ci fa comprendere veramente ciò che siamo, è il suo Spirito che rende veramente liberi perché ci fa essere noi stessi.
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