La parola ‚Äòeucaristia' significa letteralmente ‚Äòrendimento di grazie. Una vita eucaristica è una vita vissuta nella gratitudine. La storia, che è anche la nostra storia, dei due amici in cammino per Emmaus ha mostrato che la gratitudine non è un atteggiamento ovvio verso la vita. La gratitudine va scoperta e va vissuta con grande attenzione interiore.
del 01 gennaio 2002
La parola ‘eucaristia’ significa letteralmente ‘rendimento di grazie. Una vita eucaristica è una vita vissuta nella gratitudine. La storia, che è anche la nostra storia, dei due amici in cammino per Emmaus ha mostrato che la gratitudine non è un atteggiamento ovvio verso la vita. La gratitudine va scoperta e va vissuta con grande attenzione interiore. Le nostre perdite, le nostre esperienze di rifiuto e di abbandono e i nostri tanti momenti di disillusione continuano ad attirarci nella rabbia, nell’amarezza e nel risentimento. Quando lasciamo semplicemente parlare i ‘fatti’ ci saranno sempre fatti sufficienti a convincerci che la vita, dopo tutto, non conduce a niente e che ogni tentativo di sconfiggere questo destino è soltanto un segno di profonda ingenuità. Gesù ci ha dato l’eucaristia per renderci capaci di scegliere la gratitudine. È una scelta che noi stessi dobbiamo fare. Nessuno può farla per noi. Ma l’eucaristia ci induce a invocare la misericordia di Dio, ad ascoltare le parole di Gesù, a invitarlo in casa nostra, a entrare in comunione con lui e a proclamare buone notizie al mondo; apre alla possibilità di lasciar andare gradualmente i nostri tanti risentimenti e di scegliere di essere grati. La celebrazione eucaristica continua a invitarci a quest’atteggiamento. Nella nostra vita quotidiana abbiamo innumerevoli opportunità di essere grati invece che pieni di risentimento. All’inizio potremmo non riconoscere queste opportunità. Prima che ce ne rendiamo conto pienamente, abbiamo già detto: «Questo è troppo per me. Non posso fare ameno di arrabbiarmi e di mostrare la mia rabbia. La vita non è bella e non posso agire come se invece lo fosse». Comunque, c’è sempre la voce che in continuazione dice che siamo accecati dal nostro stesso modo di comprendere e che ci attiriamo a vicenda in un vicolo cieco. È la voce che ci chiama ‘stolti’, la voce che ci chiede di guardare la nostra vita in modo nuovo, non di guardarla dal basso, dove contiamo le nostre perdite, ma dall’alto, dove Dio ci offre la sua gloria. L’eucaristia -il rendimento di grazie -, dopo tutto, viene dall’alto. E il dono che non possiamo fabbricarci da soli. Deve essere ricevuta. È offerta liberamente e chiede di essere ricevuta liberamente. È qui che sta la scelta! Possiamo scegliere di lasciar continuare il viaggio allo sconosciuto, rimanendo così egli uno sconosciuto. Ma possiamo anche invitarlo nella nostra vita intima, lasciarlo toccare ogni parte del nostro essere e quindi trasformare i nostri risentimenti in gratitudine. Non dobbiamo lasciarlo andare. In effetti la maggior parte della gente fa così. Ma ogni volta che facciamo quella scelta, ogni cosa, anche le cose più insignificanti, diventano nuove.
La nostra vita di poco conto diventa grande parte dell’opera misteriosa della salvezza di Dio. Quando ciò avviene, niente è più accidentale, casuale o futile. Persino l’evento più insignificante parla il linguaggio della fede, della speranza e, soprattutto, dell’amore. Questa è la vita eucaristica, la vita in cui ogni cosa diventa un modo per dire ‘grazie’ a lui che si è unito a noi lungo il cammino.
Henri Jozef Machiel Nouwen
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