Cosa mangiamo a Natale?

Ruttino / 06

Rubrica di educazione a cura di Richard Kermode.

Mariola Grobelska Mariola Grobelska

Mi permetto un augurio. Il profeta Isaia al capitolo 11, che si apre col germoglio che nascerà dal tronco di Iesse, offre una visione:

Il lupo dimorerà insieme con l'agnello,
la pantera si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un fanciullo li guiderà.
La vacca e l'orsa pascoleranno insieme;
si sdraieranno insieme i loro piccoli.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca dell'aspide;
il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi.

È una scena famosa, uno zoo dove vengono meno le gabbie, affinché le belve feroci non sbranino chi è debole. Cosa possibile grazie al germoglio (Gesù) del tronco di Iesse, capace di portare la giustizia, la pace rispetto alla violenza e alla cattiveria.

Mi sorprende una cosa: nel sogno di don Bosco i lupi diventano agnelli, qui le bestie restano ciò che sono, il leone e l’agnello non cessano di essere tali. La presenza di Gesù dentro la vita dell’uomo non elimina le differenze che esistono tra gli uomini o che esistono all’interno di ogni vita umana.

L’entrata in scena del germoglio, di Gesù, nella vita dell’uomo coincide non con una trasformazione ingenua, ma con la possibilità di un nuovo “regime alimentare”.
Cosa mangiamo noi? Ci si può nutrire di odio, di risentimento, di indifferenza, si può desiderare di sbranare l’altro o anche i nostri limiti, i nostri difetti. Il sogno, spesso, è azzerare la differenza, ciò che non sopportiamo, che dà fastidio.

Cosa fa il germoglio? Ci fa mangiare la sua carne, il suo sangue, la sua vita, cioè fare come Lui. Solo dando la propria vita (perdendola) è possibile trovarla. Fare questo oggi, a me sembra, significa tornare ad avere fiducia in Dio e anche nell’uomo, anche se è un leone o un serpente. Solo in questa accoglienza della Sua vita data per noi, è possibile vivere una speranza nuova. In caso contrario c’è solo spazio per la paura e per le gabbie, affinché l’altro non mi sbrani (o io sbrani lui).

So long

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