Pubblichiamo il commento di padre Raniero Cantalamessa – predicatore della Casa Pontificia – al Vangelo di questa domenica, IV di Avvento (Lc 1,26-38).
del 17 dicembre 2005
Il brano evangelico della quarta domenica di Avvento comincia con le parole famigliari: “L’angelo del Signore fu mandato a una città della Galilea, chiamata Nazaret”. È il racconto dell’Annunciazione. Come al solito, però, noi dobbiamo concentrarci su un punto e questo punto sono le parole di Maria: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”.
 
Con queste parole Maria ha fatto il suo atto di fede. Ha accolto Dio nella sua vita, si è affidata a Dio. Con quella sua risposta all’angelo, è come se Maria avesse detto: “Eccomi, sono come una tavoletta incerata: Dio scriva su di me tutto ciò che vuole”. Nell’antichità si scriveva su tavolette incerate; noi oggi diremmo: “Sono un foglio di carta bianca: Dio scriva pure su di me tutto quello che vuole”.
 
Si potrebbe pensare che quella di Maria fu una fede facile. Diventare la madre del Messia: non era questo il sogno di ogni fanciulla ebrea? Ma ci sbagliamo di grosso. Quello è stato l’atto di fede più difficile della storia. A chi può spiegare Maria ciò che è avvenuto in lei? Chi le crederà quando dirà che il bimbo che porta in grembo è “opera dello Spirito Santo”? Questa cosa non è successa mai prima di lei, non succederà mai dopo di lei. Maria conosceva bene ciò che era scritto nella legge mosaica: una ragazza che il giorno delle nozze non fosse stata trovata in stato di verginità, doveva essere portata immediatamente davanti all’uscio della casa paterna e lapidata (cfr. Dt 22, 20 s.). Maria sì che ha conosciuto “il rischio della fede”!
 
La fede di Maria non è consistita nel fatto che ha dato il suo assenso a un certo numero di verità, ma nel fatto che si è fidata di Dio; ha detto il suo “fiat”, a occhi chiusi, credendo che “nulla è impossibile a Dio”.
 
Veramente, Maria non ha mai detto “fiat”, perché non parlava latino e neppure greco. Quello che con tutta probabilità uscì dalle sue labbra è una parola che tutti conosciamo e ripetiamo spesso. Ha detto “Amen”! Questa era la parola con cui un ebreo esprimeva il suo assenso a Dio, la piena adesione al suo piano.
 
Maria non ha dato il suo assenso con mesta rassegnazione, come chi dice tra sé: “Se proprio non si può fare a meno, ebbene, si faccia la volontà di Dio”. Il verbo messo in bocca alla Madonna dall’evangelista (genoito) è all’ottativo, un modo che, in greco, si usa per esprimere gioia, desiderio, impazienza che una certa cosa avvenga. L’amen di Maria fu come il “sì” totale e gioioso che la sposa dice allo sposo, il giorno delle nozze. Che sia stato il momento più felice della vita di Maria, lo deduciamo anche dal fatto che, ripensando a quel momento, ella intona di lì a poco il Magnificat che è tutto un canto di esultanza e di gioia. La fede fa felici, credere è bello! È il momento in cui la creatura realizza lo scopo per cui è stata creata libera e intelligente.
 
La fede è il segreto per fare un vero Natale e spieghiamo in che senso. Sant’Agostino ha detto che “Maria ha concepito per fede e ha partorito per fede”; anzi, che “concepì Cristo prima nel cuore che nel corpo”. Noi non possiamo imitare Maria nel concepire e dare alla luce fisicamente Gesù; possiamo e dobbiamo, invece, imitarla nel concepirlo e darlo alla luce spiritualmente, mediante la fede. Credere è “concepire”, è dare carne alla parola. Ce lo assicura Gesù stesso, dicendo che chi accoglie la sua parola diventa per lui “fratello, sorella e madre” (cfr. Mc 3, 33).
 
Vediamo dunque come si fa a concepire e dare alla luce Cristo. Concepisce Cristo la persona che prende la decisione di cambiare condotta, di dare una svolta alla sua vita. Dà alla luce Gesù la persona che, dopo aver preso quella risoluzione, la traduce in atto con qualche cambiamento concreto e visibile nella sua vita e nelle sue abitudini. Per esempio, se bestemmiava, non bestemmia più; se aveva una relazione illecita, la tronca; se coltivava un rancore, fa la pace; se non si accostava mai ai sacramenti, vi ritorna; se era impaziente in casa, cerca di mostrarsi più comprensivo, e così via.
 
Che cosa porteremo in dono quest’anno al Bambino che nasce? Sarebbe strano che facessimo regali a tutti, eccetto che al festeggiato. Una preghiera della liturgia ortodossa ci suggerisce un’idea meravigliosa: “Che cosa ti possiamo offrire, o Cristo, in cambio di esserti fatto uomo per noi? Ogni creatura ti reca la testimonianza della sua gratitudine: gli angeli il loro canto, i cieli la stella, i Magi i doni, i pastori l’adorazione, la terra una grotta, il deserto la mangiatoia. Ma noi, noi ti offriamo una Madre Vergine!”. Noi – cioè l’umanità intera – ti offriamo Maria!
padre Raniero Cantalamessa
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