Situazione sempre più difficile lungo i confini del Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian. Sono almeno 320 le vittime cadute sul fronte, anche se si contano morti tra le popolazioni civili di entrambi i Paesi.
di Massimo Notaristefani, tratto da lafedequotidiana.it
Situazione sempre più difficile lungo i confini del Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaigian. Sono almeno 320 le vittime cadute sul fronte, anche se si contano morti tra le popolazioni civili di entrambi i Paesi. A perdere la vita sono soprattutto ragazzi dai 18 ai 24 anni. In Armenia sarebbero già 1.200 le famiglie rifugiate mentre a Yerevan arrivano i feriti dal fronte, ma mancano medicine e protesi per gli arti. Raggiunto telefonicamente, l’arcivescovo Raphaël François Minassian lancia un appello all’Unione europea: “La vita dell’uomo è molto più preziosa del petrolio e del gas. Non permettiamo che gli interessi sporchino le mani dei potenti. Non permettiamo che per un pugno di dollari si scateni la guerra e si uccida. È una pazzia che dobbiamo fermare”.
“Sono più di 200 le vittime. Siamo arrivati ad almeno 320 e a morire sono tutti giovani dai 18 a 24 anni, soldati impegnati sul fronte. Io sto parlando delle vittime armene ma anche dall’altra parte ci sono innocenti che stanno morendo e tutto sta accadendo a causa di una politica sporca che nessuno riesce a fermare. Vi prego, basta”. Con preoccupazione mons. Raphaël François Minassian, arcivescovo per gli armeni dell’Europa dell’Est, racconta da Yerevan la situazione di un conflitto che non solo non si ferma ma sta allargando, e in modo preoccupante, il fronte dei paesi coinvolti. La contesa per il Nagorno-Karabakh, ogni giorno di più si sta trasformando in uno scontro sempre più violento e sanguinoso. Dai bombardamenti di trincea, s’è passati ai missili a largo raggio. Ma quello che più preoccupa è che gli scontri militari tra Azerbaijan e Armenia, possano diventare un catalizzatore per alimentare conflitti mai del tutto assopiti tra potenze, in particolare da quando la Turchia ha dichiarato di appoggiare Baku. Per questo motivo il Gruppo di Minsk, composto dalle diplomazie di Francia, Russia e Stati Uniti, nel quadro dell’Osce, ha affermato che la disputa in armi rappresenta “una minaccia inaccettabile alla stabilità della regione” e chiedono ad armeni e azeri un “cessate il fuoco immediato”. “Se non si mette un punto di arresto a queste continue aggressioni – conferma l’arcivescovo Minassian – noi temiamo un allargamento del conflitto. Se non si mette un limite, c’è il rischio di commettere lo stesso errore che è stato fatto nel 1915 con il genocidio”.
Appello all’Unione europea. “Sarebbe ancora una volta un appello di pace”, dice l’arcivescovo. “Chiediamo all’Unione europea che intervenga per mettere fine alle aggressioni. Non vogliamo consigli sul cessate-il-fuoco ma reali passi concreti perché si fermino definitivamente le aggressioni. Nell’area si intrecciano forti interessi dei Paesi su petrolio e gas. Ognuno ha il suo business. A tutti quindi vorrei dire: non giocate sulla vita dei popoli dell’Armenia e dell’Azerbaigian.La vita dell’uomo è molto più preziosa del petrolio e del gas. Non permettiamo che gli interessi sporchino le mani dei potenti. Non permettiamo che per un pugno di dollari si scateni la guerra, si uccida. È una pazzia che dobbiamo fermare”. (SIR)
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