Nuovi attentati alle chiese cristiane rendono sempre più difficile la vita dei credenti nel paese. L'appello dei vescovi e l'invito al perdono. Lunedì scorso 35 feriti per un esplosione a sud ovest di Baghdad.
del 01 gennaio 2002
BAGHDAD – In un contesto in cui ogni giorno si contano decine di morti, gli attentati ai luoghi di culto fanno meno notizia. Eppure, anche questi episodi dimostrano come il processo di stabilizzazione in Iraq sia faticoso e una certa anarchia complichi le cose. Un paese che storicamente ha fatto del rispetto tra religioni diverse uno stile di convivenza, si confronta così con azioni assurde. L’ultima, in ordine di tempo, l’esplosione di un’autobomba che ha distrutto il muro esterno della chiesa cattolica di St. Baham, a sud di Baghad, provocando 35 feriti. Un attacco generalizzato che ha coinvolto anche la chiesa dei siri ortodossi di Dora e la chiesa nestoriana di San Matteo, senza dimenticare gli obiettivi degli attentati del mese scorso e di agosto, in cui persero la vita 11 persone. Il patriarca cattolico caldeo, Mons Emmanuel Delly, raggiunto dall’agenzia Asia News, ha tirato un sospiro di sollievo perché lunedì “non vi sono state vittime”, ma ha espresso il timore che gli episodi di violenze aumentino. Una situazione difficile che comunque non dà spazio alla rassegnazione e lascia sempre aperta la strada del perdono. “Non sta a noi vendicarci per questi atti; – ha detto il prelato - Cristo ci ha insegnato a perdonare i nemici, quindi dobbiamo essere dei cristiani veri, non solo di nome”. La sfida è tutta da affrontare, anche perché la paura ormai è generalizzata. “Tutta la popolazione ha paura, - spiega Delly - perché quando una bomba scoppia non fa distinzione e distrugge tutto quello che c’è nel raggio di un chilometro”. In questo clima, si inserisce l’invito di settori della Chiesa a scappare dalle violenze. Mons. Petros Hanna Issa Al-Harboli, vescovo di Zakho e Duhok dei caldei nella regione nord-irachena del Kurdistan, in un’intervista all’agenzia Sir, invita i cristiani che vivono in condizioni difficili a Baghdad e in altre zone del Paese a tornare nelle loro terre d’origine, abbandonate durante le persecuzioni del regime di Saddam Hussein. Si cerca così di rispondere all’emergenza, alimentando tuttavia la speranza. “Noi – dice mons. Delly - siamo convinti che questa nuvola passerà e ci affidiamo alla protezione della Madonna perché ci aiuti in questo momento così difficile”. Per approfondire: - Perseguitati. Il dramma dei cristiani in Iraq
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