Tutto è buio, forse anche dentro. Un ritorno, ma senza saluti e senza sorrisi. Il bene esiste ancora; solo, non si vede.
Giorno 35
31 marzo 2020
La notte passa immobile. Il vento fresco c’è, ma non lo sento. Tutto è immerso nel nero. I ragazzi sono venuti, questa sera e ho ascoltato i loro discorsi. Dicevano che Carlo sta sempre peggio e che ha detto a un’infermiera: “Io so dove vado. Qualche giorno fa è partito per il cielo un mio amico”. È pronto a morire, forse si è arreso. Eppure i suoi amici continuano a dire che è cambiato, lo chiamano vir, che vuol dire uomo forte. Perché questi giorni di malattia e dolore sono stati i giorni che hanno riempito la sua vita dell’amore di Dio e dei suoi amici, di Alberto. È stato come se qualcuno mi avesse tirato un pugno in pancia. Continuano a parlare di Gesù come uno che ti salva… ma io faccio fatica a crederci. Hanno continuato a pregare per un po’, poi se ne sono andati. Io non riuscivo più a tenere fermi i pensieri che vorticavano in me, non mi lasciavano dormire. Così sono ancora sveglia e aspetto l’alba. Credo che Stella sia ancora qui sotto, ma non voglio guardare, credo mi farebbe stare ancora peggio. Mi lascio scorrere addosso i pensieri e le emozioni. Tutto è buio, è buio… la luna sorride… buio…
Mi sveglio quando uno spruzzo d’acqua mi bagna il fianco. Il sole deve ancora sorgere e l’aurora è un acquerello diluito nel mare. Sento qualcosa sfiorarmi. Eos è sotto di me. La guardo e le sorrido: i suoi bordi non sono più regolari, ha qualche taglio qua e là, è più trasparente, come se fosse stata in acqua per tanto tempo. Stella si mette vicino alla foglia e il mio sorriso scompare. Forse lei e Kyma sono andate in giro per il mare per cercare Eos… ma no, ma no! Eos era qui… Eos è andata via con loro. Mi convinco che l’ha fatto contro la sua volontà. Aspetto, nessuno dice niente. Mi guardo attorno e le altre pietre sono tutte ancora addormentate, sulla spiaggia non c’è anima viva. Sulla riva, verdi alghe, qualche conchiglia, niente di speciale. Un altro schizzo d’acqua mi viene addosso, richiama la mia attenzione verso il mare davanti a me. Vedo Kyma. Lei non mi saluta, io nemmeno. Mentre ci guardiamo, uno schizzo ancora più grande mi bagna tutta. Non è stata Kyma, lei è rimasta ferma. L’acqua entra dentro le mie venature, tocca la crepa, sussulto. Non ci credo, non può essere. Il cuore batte forte, la crepa batte… oh, insomma, qualcosa dentro me batte forte, così forte, che ho paura di spaccarmi in due. Vedo un’altra onda, vicino a Kyma. Azzurro tenue, quasi bianco, ha il colore… è lo stesso colore del… del ghiaccio, quell’onda…
Nostos
testi: Anita Marton
grafiche: sr. Giulia Collodel
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