Custodire gli affetti, custodire la vita da Giovani per i Giovani

Un uomo che non ama e non è amato non può conoscere la gioia. La vita è soggetta alla ‚Äòbenevolenza' al ‚Äòvoler bene', ne è proprio dipendente. Solo l'amore dà vita, porta frutto, genera, fa sorgere qualcosa di eccedente, di nuovo.

Custodire gli affetti, custodire la vita da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 07 maggio 2005

 

Un incontro

Qualche sera fa ho incontrato, Federica, una ragazza dagli occhi semplici e luminosi, sorridente, tanto sorridente. Accanto a lei c’era Andrea, un ragazzo dall’aria riservata, ma chiaramente compiaciuto di essere suo marito da oltre due anni.

Erano venuti a parlare del ‘Movimento Aiuto alla Vita’  a un gruppo di adolescenti, ma si sono ritrovati a raccontare anche  della loro esperienza di fidanzati. Che il rispetto della vita passi anche da lì?

 

 

Scegliere ‘prima’ che le situazioni si presentino

Ci ha parlato dell’importanza di cominciare presto a porsi le domande sul dono della vita e sull’importanza dello scegliere ‘prima’ che le situazioni si presentino da che parte stare. Nella preoccupazione e nella responsabilità, infatti, di ‘dover decidere’ di una gravidanza inaspettata o nel rispondere a un medico che propone un aborto terapeutico… aver scelto prima di stare dalla parte della vita aiuta a non lasciarsi sopraffare dalla paura o da una scelta emotiva e affrettata. Immersi nel dialogo sono iniziate le domande, e così nel parlare dello scegliere il rispetto profondo ‘prima’ si è ritrovata anche a condividere con noi la scelta della verginità fatta nel lungo fidanzamento di otto anni: il desiderio e la fatica, a volte, di attendere il matrimonio per essere ‘una carne sola’ con la sua ‘dolce metà’.

“Sono stata chiara fin dall’inizio e lui”, diceva indicando il marito che le sorrideva, “ha fatto fatica ad accettare… poi ha capito, e a volte è stato lui ad essere il più forte, così siamo cresciuti insieme”. E poi ha aggiunto: “Se oggi io riesco ad essere fedele, e sono sicura che lui lo è, è perché siamo diventati forti in quel periodo; dal giorno del matrimonio avrei avuto tante occasioni per tradire…”. E lapidaria concludeva: “Saper attendere e conoscere in profondità l’altro valorizzando anche altri aspetti è decisamente fare un’assicurazione sul proprio matrimonio!”.

Mi ha colpito questa immagine: ‘un’assicurazione’, qualcosa che dà garanzie e protegge una relazione che proprio perché importante e bella necessita di essere custodita.

Il pudore, la riservatezza e la limpidezza di una verginità scelta, porta in sé una grande possibilità di crescita! É amplificare e imparare ad ascoltare in profondità sé e l’altro/a. É far maturare il seme di un dono che sarà sempre più accudito e purificato, anzi è prepararsi a essere totalmente dono, in pienezza; chiarendo e indirizzando motivazioni e sentimenti, permettendo alla fiducia di radicarsi e diventare più consapevole del suo consegnarsi.

 

Il corpo è sempre più del corpo

Quando mi capita di parlare di queste cose con i ragazzi che incontro a scuola o in parrocchia mi rendo conto che c’è un grande bisogno di recuperare la profondità e la simbolicità dei gesti, delle parole… del corpo stesso.

La sessualità non è un istinto da domare, ma una ricchezza da esplicitare. Ogni azione umana contiene una significato anche se non semplicemente deciso dalla persona stessa. Uno psicologo metteva in evidenza questo invitando a pensare a quanti significati un corpo nudo può veicolare: fa pensare all’essere sessuato e ciò provocare eccitazione o paura, può anche indicare una persona indifesa, suscitando sentimenti di aiuto o di sopraffazione. Così nella sessualità: quanti significati, dai più sublimi ai più gretti può veicolare un bacio, una carezza, uno sguardo!

Il corpo è sempre di più del corpo. Non è un caso che qualcuno dica che gli organi sessuali per eccellenza sono proprio il cervello e il cuore. Una persona che non spegne la valenza simbolica e, così, lascia che i comportamenti sessuali parlino di valori e affetti solidi non li rende ‘una cosa’, ma scorge in essi dei rimandi che lo conducono ‘oltre’, a quel progetto inscritto da Dio in ogni persona. Quando non è così parliamo di pornografia che, appunto, è tale perché non permette alla sessualità di agire come una realtà simbolica[1].

 

Il bacio

Per chiarire cosa intendo dire con questo, vi propongo alcune riflessioni di F. Varillon sul significato del bacio. “Il bacio è un bellissimo simbolo d’amore perché è il segno del dono e dell’accoglienza a un tempo. Un bacio di dà veramente solo se lo si accoglie. Labbra di marmo, come le labbra di una statua, non possono accogliere un bacio; è necessario che le labbra siano vive. E labbra vive sono labbra che accolgono e donano allo stesso tempo. Il bacio è un gesto bellissimo: proprio per questo non può essere svenduto o dato per gioco, ma bisogna riservarlo come segno di qualcosa di estremamente profondo. Il bacio è lo scambio dei respiri che significa lo scambio delle nostre profondità: io soffio in te, mi espiro in te e ti aspiro in me in modo tale che io sia in te e che tu sia in me. […] Amare significa vivere per l’altro (è il dono) e vivere in forza dell’altro (è l’accoglienza). Amare significa rinunciare a vivere in sé, per sé e in forza di sé.”[2]

 

Dono e accoglienza

L’amore è dono e accoglienza! E proprio quando le diversità maschile e femminile s’incontrano nel reciproco dono e nella reciproca accoglienza di ciò che ognuno è nella sua specificità - in una profondità tale da essere promessa per sempre - nasce qualcosa di nuovo: una famiglia!

Ed è così concreto l’amore che è chiamato a regnarvi, che la scintilla della vita originariamente e nel suo modo più proprio può accendersi solo così, nell’amore di un uomo e una donna. Solo un gesto d’amore può generare, dare vita. Pensate la vita nasce solo a partire da un dono! Un dono che impegna.

Quanto diventa chiaro, allora, che ciò che svilisce, abbrutisce e si intromette rovina gesti preziosi e ricchi di responsabilità: dal banalizzare nel linguaggio alla superficialità della scelta di pater più o meno occasionali, alla delicatezza o meno della scelta di come regolare la propria fertilità. Ciò di cui stiamo parlando è autentico solo se dice una presenza di reciproco dono e reciproca accoglienza. Mentre ‘ci si mette a nudo’ e ci si protende con tutto di sé verso l’altro si riceve il massimo riconoscimento di sé: ci si percepisce oggetto di un dono di cui ci si stupisce sempre. L’amore autentico si riceve come dono gratuito e fa sgorgare una profonda gratitudine.

Proprio perché è una realtà bellissima ha il potere però di ferire molto in profondità, quando anziché oggetto di dono l’altro diventa pretesa, possesso o semplicemente rifugio per sé.

Mai è scontato, anche in una coppia di sposi il reciproco amore che richiede di essere continuamente alimentato e oggetto di cura. Ogni amore si esprime in una ‘custodia’ e in un ‘portare frutto’, in una riservatezza e in una apertura, in tutte le diverse stagioni del cammino della vita.

Non è facile, ma è possibile, anzi è ciò che è inscritto nel nostro essere uomini e donne. Siamo pensati e creati a immagine di un Dio che è comunione di amore. E’ davvero un progetto da realizzare nel dialogo con l’Autore della Vita, nell’incontro aperto e fiducioso con Lui.

Federica, personalmente, alla fine dell’incontro mi diceva: “Non avrei mai creduto all’inizio di poter pregare con Andrea”; e poi felice: “Adesso lo facciamo, a volte preghiamo anche il rosario insieme”. Condividere insieme l’intimità anche del rapporto con Dio, l’inizio e la presenza che sostiene ogni amore, è un aiuto grande per attingere sempre la forza e la limpidezza di un dono capace di rinnovarsi.

 

Dare vita

La vita, quindi, si alimenta nell’amore, nel dono… Ogni vita, da un certo punto di vista, è molto povera: nasce da un dono reciproco e può crescere solo se continuamente riceve, accoglie. La cosa, per esempio, è lampante all’inizio della vita: un bimbo nasce dall’amore ed è accudito dai gesti indispensabili alla sua sopravvivenza, un bimbo non amato semplicemente muore.

Un uomo che non ama e non è amato non può conoscere la gioia. La vita è soggetta alla ‘benevolenza’ al ‘voler bene’, ne è proprio dipendente. Solo l’amore dà vita, porta frutto, genera, fa sorgere qualcosa di eccedente, di nuovo. É così anche in tante situazioni, in tante ferite, in tanti contesti bloccati dal risentimento… L’amore, se lo sappiamo ricevere (anche e soprattutto da Dio), ha il potere di generare qualcosa di nuovo, di portare nuova vita.

Mi piace ogni tanto soffermarmi, e far soffermare, su ciò che spinge le nostre scelte… dalle più semplici a quelle più formali. Mi chiedo: è davvero l’amore, quello capace di generare, di dare vita a qualcosa, a qualcuno quello che ci spinge? O a volte chiamiamo amore la scelta più ‘indolore’? Scegliamo di amare o di soffrire di meno?

Dare vita richiede di mettersi in gioco…. dare vita chiede di dare la vita! Amare chiede anche di saper ‘morire’ come il piccolo seme nella terra, per portare molto frutto (cfr.  Gv 12,24), a volte ci chiede di metterci da parte, di perdere per vincere nell’amore.

La misura resta sempre l’amore di Gesù che continuamente ripete ‘amatevi come io vi ho amato’ e per poterlo vivere aggiunge ‘rimanete nel mio amore’ (Gv 15), in Lui che è la ‘via, la verità, la vita’ (Gv 14,6), affinché abbiamo vita e l’abbiamo in abbondanza (cfr. Gv 10,10).

 

[1] Cfr. Alessandro Vanenti, in Se vuoi 4/2001, pp.5-8.

[2] François Varillon, Gioia di credere gioia di vivere, Edizioni Dehoniane, Bologna 2000, p.30-31.

sr Francesca Venturelli

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