Terzo passo della Proposta Pastorale, come passare dai sogni alle scelte
«Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macedone che lo supplicava: "Vieni in Macedonia e aiutaci!". Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo»
(At 16,9-10)
Intraprendere la strada dei sogni non significa rimanere in un mondo irreale e fantastico. Ogni sogno che viene davvero dal cuore di Dio chiede invece azione e cambiamento, invita a mettersi in gioco in modo nuovo. È un appello alla responsabilità personale e comunitaria, perché ci invita a progredire, a fare dei passi avanti, a sviluppare i propri talenti e portarli a piena fioritura. Quando il sogno è opera di Dio diviene sempre una grande convocazione che ci mette generosamente tutti al servizio della causa evangelica.
Per questo i sogni non vanno solo fatti, ma vanno concretizzati attraverso scelte coerenti. Sono un invito a uscire dalla propria zona di comfort per mettersi sulla strada della corresponsabilità apostolica con Dio nella Chiesa. Parlando ai giovani, papa Francesco, così si esprime in proposito:
Grazie, grazie, quando siete capaci di portare avanti i sogni con coraggio, per quando non smettete di credere nella luce anche dentro le notti della vita, per quando vi impegnate con passione per rendere più bello e umano il nostro mondo. Grazie per quando coltivate il sogno della fraternità, per quando avete a cuore le ferite del creato, lottate per la dignità dei più deboli e diffondete lo spirito della solidarietà e della condivisione. E soprattutto grazie perché in un mondo che, appiattito sui guadagni del presente, tende a soffocare i grandi ideali, non perdete in questo mondo la capacità di sognare! Non vivere o addormentati o anestetizzati. No: sognare vivi. Questo aiuta noi adulti e la Chiesa. Sì, abbiamo bisogno anche come Chiesa di sognare, abbiamo bisogno dell'entusiasmo, abbiamo bisogno dell'ardore dei giovani per essere testimoni di Dio che è sempre giovane.
Eccoci quindi giunti al terzo e ultimo passaggio del nostro itinerario, quello che ci invita a rispondere ai nostri sogni attraverso delle scelte di vita personali e comunitarie: il sogno implica ascolto e obbedienza, immaginazione aperta e creativa, e missione accolta e condivisa.
Nei vangeli dell'infanzia spiccano con forza i sogni raccontati dall'evangelista Matteo. Uno riguarda i Magi e ben quattro sono riservati alla figura di Giuseppe, lo sposo di Maria.
Il sogno viene dunque in aiuto ai nostri dubbi, fragilità, incertezze. E il modo specifico con cui Dio si fa nostro accompagnatore, oltre che compagno di viaggio, in maniera particolare nei momenti critici dell'esistenza. Così è stato nella vicenda di Giuseppe, come anche nella vita di don Bosco: il sogno è il segno dell’amore e della fedeltà di Dio che mai ci abbandona, ma sempre ci consiglia e ci ispira verso il bene, facendoci compartecipi della storia della salvezza.
In particolare, nella narrazione evangelica che riguarda Giuseppe, «il sogno viene considerato come una via privilegiata attraverso cui Dio chiama una persona umana ad una speciale dignità, gli affida un ruolo e una missione unica, chiede totale disponibilità e obbedienza al proprio volere perché collabori al compimento della storia della salvezza». Proviamo a risentire ora con attenzione il primo sogno di Giuseppe, che può essere considerato perfino una "annunciazione", similmente a quella di Maria riportata invece dall'evangelista Luca:
18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa cli Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati". 22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: 23Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa 'Dio con noi'". 24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; 25senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù (Mt 1,18-25).
Il racconto ci restituisce una situazione difficile da ricucire dal punto di vista umano. Imbarazzante per Giuseppe e assai problematica per Maria. Il sogno, che vede come protagonista un messaggero di Dio, consegna a Giuseppe una spiegazione divina rispetto a ciò che sta avvenendo, e la offre nella logica del compimento della profezia di Isaia. Le impossibilità umane si trasformano in eventi salvifici, nel momento in cui gli uomini vi partecipano con l'obbedienza della fede. Giuseppe, che viene definito "uomo giusto", agisce in piena disponibilità al sogno, perché "fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore". Il sogno qui è espressione di una volontà divina diretta, a cui prestare ascolto attento e obbedienza immediata. C'è di mezzo la custodia del Figlio di Dio, e quindi la prontezza dell'azione rispetto alla volontà espressa nel sogno è questione di vita o di morte. I magi stessi, «avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese» (Mt 2,12), sono di esempio a Giuseppe, chiamato ad una speciale custodia del Figlio di Dio in un momento di grande pericolo: nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15dove rimase fino alla morte di Erode (Mt 2,13-15).
Questo è il secondo sogno di Giuseppe, che ha una forma decisamente imperativa, e invita Giuseppe a partire immediatamente per sottrarre Gesù a una morte certa, che avverrà invece per tutti i bambini di Betlemme per mano di un infuriato Erode. A questo sogno ne seguono altri due:
19Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino". 21Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d'Israele. 22Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea 23e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: "Sarà chiamato Nazareno" (Mt 2,19-23).
L'invito a rialzarci è quindi una grande spinta a realizzare ciò che i nostri sogni ci indicano, ad esserne partecipi attraverso gesti concreti, azioni immediate, scelte coerenti. E, ad entrambi questi inviti, la risposta di Giuseppe non si fa attendere: "Egli si alzò", ripete il testo. Giuseppe è pronto a rendere operativo il sogno, ad essere custode del Figlio senza alcun indugio, a fare la sua parte nel grande mosaico della nostra salvezza.
Meditando sulla vicenda di Giuseppe si notano la sua mansuetudine e il suo senso della giustizia. Soprattutto emerge la sua obbedienza immediata. Egli, da uomo ricco di fede, si affida alla parola espressa nei sogni che avvengono nella sua vita.
Verifichiamo la qualità della nostra fede in Dio: siamo davvero convinti che Dio vede più lontano di noi? Siamo anche noi disponibili ad alzarci per fare la sua volontà?
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