Dal velo alla croce, i danni della legge sui simboli religiosi

In questi giorni è in corso a Parigi una campagna, che potrebbe presto tradursi in un'ordinanza comunale, contro la presenza di una croce (alta diciassette metri) sul sagrato della cattedrale di Notre Dame, eretta nell'ambito di una campagna lanciata dal cardinale Jean-Marie Lustiger per la “nuova evangelizzazione” della capitale francese, dove la frequenza alla Messa è ai minimi europei.

Dal velo alla croce, i danni della legge sui simboli religiosi

da Quaderni Cannibali

del 10 novembre 2004

  

I vescovi cattolici francesi l'avevano previsto, il Papa stesso lo aveva paventato in occasione dell'annuale incontro con il Corpo Diplomatico per il 2004: la legge francese sul velo è pericolosa, dopo i simboli dell'islam potrebbe toccare a quelli cattolici. Allarmismo ingiustificato? Niente affatto.

In questi giorni è in corso a Parigi una campagna, che potrebbe presto tradursi in un'ordinanza comunale, contro la presenza di una croce (alta diciassette metri) sul sagrato della cattedrale di Notre Dame, eretta nell'ambito di una campagna lanciata dal cardinale Jean-Marie Lustiger per la “nuova evangelizzazione” della capitale francese, dove la frequenza alla Messa è ai minimi europei.

Il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, è sceso in campo contro la croce, sostenendo che avrebbe potuto essere eretta all'interno della cattedrale ma non sul sagrato, il quale non è “luogo di culto” ma “luogo pubblico”.

Ora l'articolo 28 della legge-cardine del laicismo francese, quella del 9 dicembre 1905, vieta l'esposizione di “segni o emblemi religiosi” nei “luoghi pubblici”, permettendoli esclusivamente negli “edifici di culto, cimiteri, musei ed esposizioni”.

Il sindaco di Parigi, noto alle cronache anche per la sua militanza omosessuale che lo ha portato spesso a scontrarsi con la Chiesa, rivela in un'intervista a France Presse di essere stato “sensibilizzato” al tema da una lettera che Bernard Brandmeyer, Gran Maestro del Grande Oriente di Francia della massoneria, ha scritto al presidente Jacques Chirac e per conoscenza allo stesso Delanoë.

Il sindaco si dichiara tanto più sensibile alla presa di posizione di Brandmeyer in quanto fa parte egli stesso del Grande Oriente di Francia, che è l'obbedienza massonica maggioritaria nel paese transalpino ma non è riconosciuta come legittima dalle massonerie inglese e americana che non ne condividono le posizioni accanitamente anti-religiose.

Scrive dunque Brandmeyer che “il sagrato della cattedrale di Notre Dame non è un luogo di culto ma un luogo pubblico dove camminano pacificamente i parigini”, i quali secondo lui hanno diritto di non essere “offesi” da simboli religiosi contrari al laicismo repubblicano. Non si comprende bene che cosa vadano a fare i parigini che provano un sentimento di ripugnanza nei confronti della religione sul sagrato di Notre Dame: potrebbero “passeggiare pacificamente”, per esempio, nella zona a luci rosse di Pigalle, dove incontrerebbero simboli di tutt'altro genere, evidentemente meno sgraditi al sindaco.

Ma la vicenda si inquadra evidentemente nelle polemiche seguite alla pubblicazione di un recentissimo libro del ministro delle Finanze Sarkozy che si dichiara cattolico (anche se solo occasionalmente praticante) e afferma di considerare ormai anacronistico il laicismo alla francese, chiedendo esplicitamente la revisione o perfino l'abolizione della legge del 1905. Sarkozy mira alla presidenza della Repubblica, e contro di lui sono scesi in campo gli chiracchiani ortodossi e i custodi del sacro laicismo, compresi appunto i massoni del Grande Oriente e il sindaco Delanoë.

La disputa è politica e tutta francese, e non si sa come andrà a finire. Fin da ora sconfitti appaiono il buon senso - che cosa ci può essere di più naturale di una croce a Notre Dame? - e le speranze di chi si immagina una Francia meno legata alle sue arcaiche peculiarità rivoluzionarie e più sensibile ai temi della libertà religiosa che oggi godono di un ampio consenso internazionale.

 

(Il Giornale, 16 novembre 2004)

 

 

Massimo Introvigne

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