Pubblichiamo uno stralcio dell'intervento della prof. Vera Zamagni al Forum MGS di Gennaio 2003 dal titolo: “L'impegno politico è la prima carità?” Qual è il principale nodo irrisolto nella politica di oggi? Un rapporto in profonda crisi tra partitocrazia e società civile.(continua...)
del 06 aprile 2003
 In quest’ultimo quarto di secolo la democrazia ha fatto notevoli passi avanti. Eppure, mai come oggi la politica viene associata dai cittadini a comportamenti pervasi di cinismo, volti più all’acquisizione di voti e alla conservazione del potere che al “bene comune”. 
L’idea di democrazia non è nata in tempi recenti, ma ha conosciuto le prime elaborazioni nella Grecia antica, nella polis. Nel corso della storia però, quattro condizioni hanno avversato la sua piena realizzazione.
1.      Una società civile analfabeta, debole, frammentata e incapace di autoregolarsi.
2.      Una disuguaglianza economica profonda, che mina alla base l’uguaglianza dei diritti necessaria per la democrazia.
3.      Una situazione di permanente conflitto, che rende necessaria una guida autocratica.
4.      La concezione moderna di “stato sovrano”.
La tradizionale definizione di società civile come un minore da educare e disciplinare da parte dei partiti e dei loro funzionari poteva andare bene per stati e periodi dove prevaleva l’analfabetismo e il lavoro manuale. È diventata sempre meno accettabile in una società della conoscenza. I cittadini, acculturati e titolari di capacità professionali specifiche, non vogliono più delegare ad altri il compito di identificare e promuovere i loro destini, ma ritengono fondatamente il poterlo fare direttamente.
Sono queste le radici ad un tempo dell’insoddisfazione diffusa per come si muove la politica oggi e della fortuna elettorale di candidati che vengono dalla società civile. Ma si tratta di una fortuna instabile e di breve durata. 
Per contrastare la disaffezione alla politica e rifondarla sull’ispirazione di un’autentica democrazia partecipativa, occorre in primo luogo ritornare alla concezione di cittadinanza attiva. Oggi il mondo è assai più complesso del passato e assai più globalizzato: da un lato non esiste un unico luogo dove fare politica (l’areopago), ma molti diversi luoghi e livelli; dall’altro lato non è un’attività che si esercita in un unico gruppo (il partito), ma in tanti raggruppamenti intermedi.
Occorre un concetto allargato di politica basato sull’autonomia democratica, che si esprime in tutte le attività di cooperazione, conflitto e negoziazione sull’uso delle risorse da parte di gruppi ed istituzioni formali ed informali. Un’attività politica a cui si dedichino sia la società civile sia il potere istituzionale, impegnati insieme per la realizzazione del bene comune, entrambi oggetto di un processo di “doppia democratizzazione”. Alla società civile spetta di identificare il “collante”, l’ethos, che tiene assieme una società e di realizzare sempre di più le condizioni per l’autonomia delle persone, che sta alla base di una vera democrazia, in collaborazione con il potere istituzionale; al potere istituzionale spetta di fornire un’adeguata architettura d’insieme, rendendosi più trasparente e dialogante con la società civile, per rappresentarla efficacemente.
 La funzione dell’autorità politica non è né quella di sostituirsi alla società civile, annientandola, né quella di dirigerla dall’alto, ma quella di sostenerla, coordinarla ed integrarla, laddove si riveli carente, al fine del bene comune.
 Alcuni suggerimenti per la realizzazione di questa “doppia democratizzazione”
 1. Passare da una democrazia competitiva (o statistica) ad una democrazia deliberativa. Mentre nella prima sono solo i numeri ch
 
e contano e quindi l’obiettivo del tutto prevalente della politica istituzionale è quello di raccogliere e mantenere una maggioranza, nella seconda viene perseguito con appropriati strumenti l’obiettivo della validità del contenuto delle decisioni. Ad esempio “giurie di elettori” per dare pareri (in prima battuta solo consultivi) su questioni di particolare importanza. 
 2. Ridurre il ruolo della politica istituzionale, delegificando e demandando molte attività oggi ancora sotto il controllo dei politici di professione alla società civile, particolarmente quelle volte alla difesa di valori umani basilari e universali. Va notato che, se in questa concezione di democrazia partecipativa la società civile acquisisce una dimensione politica, la politica istituzionale acquisisce una dimensione morale. Non si può più considerare la politica istituzionale come uno strumento puramente formale privo di valenza etica.
 3. Ridimensionare la prassi della politica come carriera, con appropriati interventi legislativi che limitino la permanenza in politica di ogni singolo individuo. Questo farebbe uscire la “macchina politica” dal dominio esclusivo dei politici di professione e la rimodellerebbe, ristabilendo la opportunità vera per gli candidati della società civile di interessarsi a temporanee carriere politiche, come servizio.
“Senza un’opera di civilizzazione, che ha luogo nel cuore della vita sociale, la società politica sarebbe priva di valori e l’esercizio dell’autorità politica sarebbe ingiustificato e, alla fine dei conti, insopportabile'
Vera Zamagni
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