E' verità la tua legge, e comanda di dare il primo posto al primo valore, e di non innalzare niente d'indegno sull'altare della mia vita. E perchè è verità ci libera, questa legge che tu stesso nel nuovo Testamento hai dato, o meglio ci hai lasciato quando Cristo « nella libertà ci ha fatto liberi» abolendo la legge antica e instaurando la sola « legge di libertà». Sì, la tua legge sarà difficile, ma ci fa liberi.
del 01 gennaio 2002
Sta scritto che tu sei spirito. E del tuo Spirito che è lo spirito della libertà. « Il Signore è spirito, e dov'è lo spirito del Signore, ivi è libertà» (2 Cor. 3, 17). E questo non è scritto di te libero signore delle ampiezze sconfinate della tua vita divina, ma di te che sei spirito e vita per noi.
O Dio della libertà, tu Dio nostro! Ecco, talvolta mi pare che credo a questa tua parola, non tanto perchè la piena della tua libera vita ci riempie il cuore con la sua larghezza e l'onda del tuo spirito, che spira dove vuole, ci abbia fatto liberi, ma piuttosto perchè so che mi lega la legge della tua fede, perchè riconosco in te il mio Dio della libertà, perchè necessità mi stringe.
Sei tu lo spirito di libertà o il Dio della legge nella mia vita? o tutt'e due? O è proprio nella legge che sei il Dio della libertà? La tua legge, che tu hai dato, non è una catena: questo è vero: la tua è una legge di libertà. E' ruvida inesorabile e schietta, e mi libera dalla opprimente grettezza in cui m'attirano le mie voglie miserabili e pigre! mi chiama nella libertà del tuo amore.
E' verità la tua legge, e comanda di dare il primo posto al primo valore, e di non innalzare niente d'indegno sull'altare della mia vita. E perchè è verità ci libera, questa legge che tu stesso nel nuovo Testamento hai dato, o meglio ci hai lasciato quando Cristo « nella libertà ci ha fatto liberi» (Gal. 5) abolendo la legge antica e instaurando la sola « legge di libertà» (Jac. 2, 12). Sì, la tua legge sarà difficile, ma ci fa liberi.
Ma, Signore, le leggi che gli uomini emanano in tuo nome? Lascia, o 'Dio della libera sincerità, ch'io ti dica una volta apertamente tutti i crucci e i risentimenti che mi amareggiano l'anima nei giorni di malumore. Sei benigno, tu, anche con i miei lamenti.
Signore, tu hai abolito la legge antica, « che né noi né i nostri padri riuscirono a portare» (Atti 15, 10). Ma poi hai stabilito autorità in questo mondo, secolari, e soprattutto, ecclesiastiche; e a me sembra talvolta che si sono date da fare, a rinfittire dove l'impeto pentecostale del tuo spirito di libertà aveva diradato quell'antico ginepraio di ordini e prescrizioni. Ci sono 2414 canoni del codice. E non erano ancora abbastanza: quanti responsi si sono aggiunti a consolazione dei giuristi! E qualche migliaio di decreti liturgici vogliono pure essere rispettati. Per lodarti nel breviario « in salmi ed inni e cantici spirituali» per « inneggiare e cantare a te di cuore» (Eph. 5, 19), devo studiarmi una guida, come un turista in paese straniero, un direttorio che ristampano tutti gli anni, tanto intricata è questa lode di Dio! E poi nel regno dello Spirito Santo, c'è anche una « Gazzetta ufficiale», e serie di atti senza numero, questionari e risposte, informazioni, relazioni, decisioni, sessioni, citazioni, istruzioni, di non so quante congregazioni e commissioni. E con che sottigliezze non si sanno lambiccare il cervello i moralisti per interpretare e dar ordine a tutti i decreti di tutte le competenze!
E che calcolo logaritmico è diventato l'acquisto delle indulgenze! Dotti teologi hanno da poco disputato se un povèro malato deve baciare quattordici volte la croce del tuo Figlio, o se solo sei volte o se basti meno, per un'indulgenza! Cosa non hanno escogitato, con tutto il loro zelo, i tuoi servi e gli amministratori a cui hai voluto affidare la tua casa nel lungo tempo che tu. sei « in viaggio nella regione lontana» dell'eternità. Eppure sta scritto che « dove è lo spirito del Signore ivi è libertà».
lo non voglio accusarli, questi servi fedeli e prudenti che tu hai costituito sopra la tua famiglia. E voglio confessare a loro lode che non si meritano di solito l'accusa che il Figlio tuo fece agli scribi e farisei che « siedono sulla cattedra di Mosè» (Matt. 23, 4) : non hanno imposto solo agli altri i loro gravi oneri. La tua famiglia, Signore, i laici, hanno poi da portare solo il tuo giogo soave, il tuo peso leggero, la fede nella tua parola, i tuoi comandamenti che ci danno la libertà dell'amore, il peso della grazia dei tuoi sacramenti. E se questo peso ci riesce grave, è solo che noi siamo deboli e il nostro cuore cattivo: siamo in colpa noi, non il tuo peso. Ma io mi lamentavo in cuor mio del nostro peso, di noi preti, peso che ci siamo poi addossato da noi.
Ma non è davvero un peso? E' solo la tua libertà, solo il sovraccarico di grazia, che nel nostro animo piccino e comodo, sentiamo come peso e oppressione?
A questa domanda non c'è forse altra risposta che quella del Figlio tuo: i tuoi piccoli servi devono osservare e fare .tutto quanto i tuoi grandi servi impongono loro; e quelli a cui desti il potere di sciogliere e legare, renderanno conto a te, un giorno, se il loro legare fu sempre in verità un ridonare la tua libertà ai loro fratelli.
Io so, e voglio stabilire sempre più il mio cuore in questa viva sapienza, che al1a tua libertà non si arriva mai protestando contro chi riceve da te il suo potere. Solo entrando nello spirito di tua dolce libertà si supera il peso dell'autorità umana, sentendola come tuo « strumento di bene» in mano agli uomini (Rom. 13; 3 ss.). Se non voglio ingannare me stesso, chi trova grave e vuole scuotere il suo peso non è il tuo spirito di libertà, ma il mio uomo deteriore, la mia pigrizia, l'ostinazione, l'egoismo; è che non ho riguardo allo scandalo del mio fratello, per cui pure sparse il suo sangue il Figlio tuo; è che mi voglio credere lecita ogni cosa monda (Rom. 14, 13 ss.); ho la scienza che gonfia, non la carità che edifica (1 Cor. 8, 1 ss.). E mi è già successo che ho, giudicato ostacoli alla tua libertà, precetti e imposizioni che erano solo salvaguardia per la libertà del tuo amore e protezione contro la legge che è nelle mie membra. Sì, io sperimento sempre di nuovo che le leggi umane della tua Chiesa sono scuola di disciplina per la volontà, di pazienza, di dominio su me stesso, di forte tranquillità dello spirito, di rispetto e di amore per il prossimo; vedo sempre di nuovo che non quello che piace, ma il dovere mi matura. E in verità non ogni dovere è una costrizione, e la felicità nell'operare non è sempre segno di alta moralità né di vera libertà. Consapevole volere si trova anche nel fanciullo immaturo, ma la consapevole accettazione del dovere segna la maturità dell'uomo. Dammi di non restare sempre nel numero degli immaturi che, nel loro "mondo di giochi, vogliono sempre altro da quello che si desidera e si esige da loro.
So anche che ordini e prescrizioni, cerimonie e consuetudini, metodi e industrie che mi sono imposte e raccomandate, possono divenire forma sensibile del mio amore, se ce l'ho l'amore; e che mi diventano un peso morto s'io sono fiacco, troppo poco vivo per dare loro un'anima. La tua Chiesa, mio Dio, deve essere visibile, per essere la « dimora dello Spirito Santo», come la chiama già Sant'Ireneo. Ma è in ogni precetto e in ogni indirizzo, in ogni no, e in ogni sì che essa è hic et nunc visibile; che in essa si manifesta e si rende tangibile il tuo Spirito. E chi questo accetta con cuore fedele e in forte amore, per la porta stretta delle leggi entra nella libertà del tuo Spirito.
Ti ho parlato tanto fin qui, Signore, per mostrarti il mio cuore aperto ai molti precetti e alle più numerose proibizioni dei superiori spirituali che tu m'hai dato. Voglio osservare tutto quanto hanno stabilito. E mi tornerà in benedizione certamente. Ma tu, Signore... tu sei il Dio delle leggi?
Tu vuoi ch'io le osservi, è chiaro. (Per certo appartiene all'intera intelligenza del tuo volere anche molto di quello che, a proposito di interpretazione, esenzione, equità, scrivono i moralisti all'inizio dei loro libri, per dimenticarlo poi dopo nel corso del trattato).
Ma tu, Signore, sei tu il Dio delle leggi? faccio fatica a chiarire a me stesso che cosa intendo propriamente con questa domanda. Ecco: nei precetti che hai dato tu, incontro quasi direttamente te: il loro contenuto 1'hai comandato perchè esso è già espressione della santità e bontà tua, perchè io divento difforme da te se non amo quello che tu comandi. Ma per le leggi che le autorità umane stabiliscono, non è lo stesso. La forma dell'abito clericale non ha niente a che vedere con la santità della tua essenza: che la talare sia lunga o corta, il tuo prete ti servirebbe allo stesso modo. Tu non stai in queste determinazioni: oppure ci stai quanto nel loro contrario. Perchè ti devo dunque cercare proprio in questo modo, mentre ti potrei trovare ugualmente in un altro? Perchè così ha ordinato il potere da te costituito? Sì, certo. Ma perchè doveva poi ordinare così? Forse solo perchè una qualche elezione arbitraria deve limitare l'ampio regno della possibilità, perchè esso possa entrare e vivere nel reale, e perchè non si potrebbe creare che disordine e scompiglio se ciascuno fosse libero di operare a suo arbitrio? Sì., questa può essere spesso la ragione. Ma sempre e in ogni. caso? Non si potrà concepire ogni legge e prescritto del tuo regno solo come un codice della strada, per disciplinare e coordinare il traffico, oppure sempre come determinazione della tua propria legge. Fossero tutte le leggi su questo tipo, non sarebbero una limitazione della interiore libertà personale, come nessun sente, seriamente, come restrizione della sua libertà, le leggi del traffico. Ma e le altre leggi che non sono affatto la semplice espressione della tua legge, e tuttavia non si limitano a regolare il mondo dei miei estrinseci rapporti con gli altri, ma mi toccano nell'intimo della mia personalità e nella mia libertà? Non ti chiedo se le devo osservare. Questo è chiaro. Ma come le osserverò in modo da incontrare te, da trovare te in libertà di spirito? Impegnano il mio intimo, con le loro determinazioni, ma non sono, come le tue leggi, piene di te, così che la loro osservanza sia lo stesso che la donazione a te.
Io ne ripeto sempre l'esperienza: chi non ci fa attenzione diventa un esteriore, freddo osservante dei canoni, un « legalista», un ligio servo della santità della lettera, uno che pensa di aver adempito ogni giustizia davanti a te con il compimento delle ordinanze umane, uno che ha scambiato te con la lettera. lo non voglio essere un legalista, né servo degli uomini, né della lettera. E tuttavia mi devo conformare agli ordinamenti di autorità umane. lo voglio essere fedele, di cuore, alle loro leggi; ma a tali leggi non posso consacrare il mio cuore; la mia anima deve obbedire, ma senza diventare serva degli uomini. Così io devo alzare direttamente a te il mio sguardo, nell'obbedire a queste leggi. A te il mio ossequio, solo a te senza intermediari; non alla cosa comandata in sè, nè alla cosa come necessario riflesso del tuo essere; anzi, appunto perchè non ci ha in sè niente su cui possa fermare il mio cuore, questa obbedienza è ricerca di te, e di te solo.
Così o non ti trovo affatto nelle leggi umane, o trovo te solo, secondo che è o no il puro amore che mi muove. Nella tua legge trovo te anche se non penso ad amarti nel suo adempimento, perchè il suo contenuto è necessaria espressione della santità del tuo essere. Ma nell'obbedienza a leggi umane non si trova che il volere umano, che fa servo chi in esse non ama te. Se le osservo in segno del mio ossequio amoroso alla libera tua volontà, che dispone di me a suo beneplacito, trovo te, e tutto il mio essere si converte a te, entra in te, e passa dall'angustia dell'obbedienza umana alla ampiezza della tua libertà. Solo se sei il Dio del mio amore, sei. il mio Dio anche come Dio delle leggi umane.
Dammi un cuore aperto a portare il peso dei superiori che m'hai dato, così che la mia soggezione sia esercizio di donazione, di pazienza, di fedeltà. E l'amore tuo dammi, che è la sola vera libertà, senza cui ogni obbedienza umana è esteriorità o servitù. Dammi pieno il cuore di venerazione per ogni legittimo comando e per quella libertà dei tuoi figli, nella quale mi ha stabilito la tua redenzione. Venga sempre più il regno della tua libertà: è il regno del tuo amore, in cui solo sono libero, da me e da ogni volere umano. Ché, io non servo all'uomo né per l'uomo, ma a te e per te. In nessuna legge io sono di un uomo, ma solo tuo. E chi è tuo è libero. Poiché tu non sei in verità un Dio delle leggi, perchè noi serviamo alle leggi, ma il Dio dell'unica legge di servire a te solo e amare te solo.
E io prego anche, come tu vuoi ch'io preghi, per ogni autorità che tu hai stabilito sopra di me, affinché ogni suo precetto non sia mai altro che la forma terrena e l'esercizio della legge del tuo amore.
Karl Rahner
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