Don Bosco e il desiderio dei desideri (di Don Pascual Ch√°vez)

L'unico vero grande desiderio dell'uomo: vedere Dio. La nostalgia e la ricerca non finiscono mai... Eppure la vera grande conquista dell'uomo non è la visione ma l'ascolto. Il privilegio della visione lo ebbe solo Mosé, secondo la Bibbia. Don Bosco e la sua concezione di Dio.

Don Bosco e il desiderio dei desideri (di Don Pascual Chávez)

da Don Bosco

del 01 gennaio 2002

 Vedere Dio “con i propri occhi” (Is 52,8) è l’anelito più profondo dell’uomo nella Bibbia. Ciò nonostante, l’uomo sa molto bene che il vero Dio è “un Dio nascosto” (Is 45,15), “che nessuno ha visto né potrà vedere mai” (1 Tim 6,16; 1 Jn 4,12); il solo cercare di sbirciare qualcosa di quel Mistero infinto può costargli la vita (Es 33,20; Lv 16,2; Nm 4,20). L’attuale vita del fedele trascorre tra il ricordo di un tempo passato, quello di Adamo, quando godere della sua presenza era un fatto quotidiano (Gn 2,8) e la speranza di rivederlo “così come è” (1 Jn 3,2; Ap 22,4); intanto deve accettare di vivere senza vederlo, il che significa camminare la vita sentendone la mancanza.

La nostalgia di Dio, alimentata dalla coscienza di non conoscerlo se non per averne sentito parlare, è alleviata dalla ricerca ansiosa di luoghi e spazi dove lo si suppone presente: entrare nel tempio, partecipare al culto, è già un modo di avvicinarglisi, di “cercare il suo volto” (Sal 24,6), “contemplare il suo potere e la sua gloria” (Sal 63,3). Ciò malgrado, il credente percepisce con chiarezza nel suo intimo che è inutile coltivare l’illusione di potere in qualche modo vedere l’Invisibile: non è la visione, ma l’ascolto il modo di entrare in contatto con Dio che non ha immagine ma ha parola; al contrario gli idoli, dèi con volto, bocca, mani, piedi, sono solo simulacri che non respirano, che non parlano, che non si muovono, che non gustano, che non creano, totalmente e irrimediabilmente falsi. Il Dio vero è inimmaginabile, ma percettibile: suo volto è la Parola; il credente aspira ad ascoltarlo più che a vederlo: dovrà rinunciare ad essere uno che lo vede, dovrà convertirsi ad essere uno che lo ascolta. “Ascolta, Israele” è il suo credo e la sua preghiera (Dt 6,4).

Soltanto di un uomo si dice nella Scrittura che vide “l’immagine di Dio” (Nm 12,8), “le sue spalle, ma non la sua faccia” (Es 33,23); quell’uomo è Mosè che parlò con Dio “faccia a faccia, come parla un uomo con il suo amico” (Es 33,11); non riuscì tuttavia a vedere direttamente Dio, anche se ha avuto il privilegio, unico, di stare alla sua presenza. Dio non glielo permise, coprendogli gli occhi con la mano (Es 38,18-22). Vuol dire che nessuno può vedere Dio se Dio stesso non gli si mostra. Se è vero che Dio si è già impegnato a lasciarsi vedere dai puri di cuore (Mt 5,8), ciò non è altro che un avvenire che Egli prepara alla fine per i suoi fedeli (Ap 22,4).

La visione di Dio non è, dunque, alla portata del credente, anche se costituisce il suo anelito più profondo. Ciò malgrado, Dio ha impegnato la sua parola e ha impegnato la sua onnipotenza a lasciarsi vedere un giorno (1 Cor 13,12). Chi lo sa, chi lo crede e in ciò si riafferma, può già vivere “come se vedesse l’Invisibile” (Heb 11,27). Questa è la prodezza degli amici di Dio, di quei credenti che, senza ancora vederlo, sanno già stare davanti a Lui come davanti a un amico, faccia a faccia.

Don Bosco apparteneva a quel tipo di credenti per i quali è ovvio contare su Dio nella vita, i quali sanno che “la presenza di Dio nella vita umana non è semplicemente quella di un ospite o di un testimone esterno” (E. Viganò). “Così profondamente impressa portava l’idea della presenza di Dio, che neanche la molteplicità di impegni che reclamavano la sua attenzione turbava sia pur minimamente l’intima e perpetua unione con Lui. Al contrario, sentire Dio sempre presente, mentre lo manteneva allerta e attento all’unico fine di servire Lui solo, era per Don Bosco fonte di perenne allegria nel mare immenso delle sue occupazioni” (E. Ceria).

A questo padre e maestro va tutta la nostra attenzione, tutta la nostra fedeltà, perché anche la nostra giornata passi nell’arco delle ventiquattro ore come se vedessimo l’Invisibile, realizzando così l’anelito supremo della nostra vita e di ogni vita.

don Pascual Chávez

don Pascual Chávez Villanueva

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