Benedirsi a vicenda può avvenire attraverso un gesto, per esempio tracciando una croce sulla fronte dell' altra persona. Ma può anche semplicemente avvenire attraverso una parola.
del 01 gennaio 2002
Quando Maria visitò sua cugina Elisabetta, quest'ultima fu piena di Spirito Santo ed esclamò: «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42). La donna più anziana benedice la più giovane. Entrambe le donne sono incinte. È un incontro prodigioso quello che ci viene descritto da Luca nel suo vangelo. In quanto greco, Luca ha una sensibilità particolare per la dignità della donna e per la sua capacità di sentire che il nostro compito più importante è benedirci a vicenda e diventare una benedizione per gli altri. Le donne dicono di se stesse che sono fertili, quando sono incinte. Le donne conoscono la grande benedizione della creazione. Ai giorni nostri sono proprio le donne ad aver sviluppato nuove forme di liturgia della benedizione. Amano benedirsi a vicenda.
Nell'incontro tra Maria ed Elisabetta vedo una dimensione affettuosa nel rapporto reciproco. Lì non è questione di rivalità, come sperimentano spesso gli uomini nelle loro relazioni interpersonali. Lì è questione di gioire per l'altra persona e della capacità di vivere insieme la benedizione di Dio, che è destinata a tutti, e di gioirne insieme agli altri. La benedizione pronunciata da Elisabetta su Maria rende viva anche lei. Il bambino le sussulta nel grembo. Il suo isolamento si trasforma in nuova vitalità. E Maria, la benedetta, prorompe nel canto di lode del Magnificat. Trasmette ad altri la benedizione di Dio. Benedire significa: lodare Dio per tutto ciò che ha fatto per noi. Dio è la fonte di ogni benedizione. Per questo fa parte della benedizione la lode di Dio come nostro creatore, redentore e salvatore.
Con questo racconto l'evangelista ci invita a benedirci a vicenda. Benedirsi a vicenda può avvenire attraverso un gesto, per esempio tracciando una croce sulla fronte dell' altra persona. Ma può anche semplicemente avvenire attraverso una parola. Elisabetta benedice Maria dicendole qualcosa di buono. La parola greca per 'benedire', euloghein, e la traduzione latina benedicere, significano: dire qualcosa di buono, dire bene. Benedire consiste nel dire qualcosa di buono dell'altro, su di lui e rivolto a lui. Elisabetta glorifica Maria come la donna che è benedetta più di tutte le altre, che ha una dignità inviolabile. Nella benedizione Elisabetta vede il mistero di questa giovane donna e del bambino che porta in grembo. Ciò che Elisabetta dice a proposito di Maria vale per ciascuno di noi. Ognuno di noi è una donna benedetta, un uomo benedetto. Ogni donna è sotto la benedizione di Dio. Ognuno è creato e amato da Dio come persona speciale e unica.
Elisabetta non glorifica soltanto Maria, bensì anche il frutto del suo seno. La benedizione che promette a sua cugina si riferisce al bambino che le cresce in grembo. Essere benedetti significa che in me fiorisce qualcosa di nuovo. Nei sogni il bambino rappresenta sempre qualcosa di nuovo e genuino, che desidera aprirsi una strada in me, attraverso tutto ciò che non è autentico e nasconde la mia vera natura. Oggi molte persone soffrono del fatto che la loro vita scorre in maniera monotona e basta, senza che accada nulla di notevole. Si sentono logorate. Tutto segue il suo corso abituale. Essere benedetti come Maria significa che Dio fa fiorire in me qualcosa di nuovo, che mi porta a contatto con l'immagine genuina e originale che egli si è fatto di me.
A proposito del bambino che Maria metterà al mondo, l'angelo dice: «Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Il nostro nucleo più intimo, l'immagine intatta di Dio dentro di noi, sono santi, sacri. In ognuno di noi c'è qualcosa di sacro, di cui gli esseri umani non possono disporre. Il sacro, infatti, è proprio ciò che è sottratto alla signoria del mondo. Per i Greci soltanto ciò che è sacro può risanare. L'angelo promette anche a noi che dentro di noi esiste qualcosa di santo, di sacro, che ha raggiunto salvezza e perfezione, che è intatto e non infettato dalla colpa.
Se sei a contatto con quanto di santo è in te, potrai avere un’azione benefica sugli altri. Allora - benedetto come Maria - anche tu diventerai una benedizione per gli altri. Ti auguro che, come Maria, tu sappia dire di sì al fatto che Dio ti ha benedetto e ti dona un figlio che sarà chiamato santo. È un mistero quello che avviene in te quando il bambino divino nasce dentro di te. Il mistero ha bisogno della tua parola di fede, come quella che ha pronunciato Maria dandoti l’esempio: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38).
Anselm Grun
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