E se ai giovani d'oggi servisse un Don Bosco? (di don Mazzi)

L'adolescenza è questa discesa. Nessuno può cambiarla in una passeggiata sugli sci. Vorrei tanto che il preparatore nostro e dei nostri figli fosse quel don Bosco che ha salvato milioni di adolescenti, partendo dal cortile, dal gioco, dalla quotidianità...

E se ai giovani d'oggi servisse un Don Bosco? (di don Mazzi)

da Teologo Borèl

del 01 febbraio 2005

 

Prima o poi, doveva scoppiare il problema degli adolescenti «normali». Abbiamo per anni fatto di loro l'oggetto dei nostri desideri, illudendoci di poter rinunciare a ogni regola e norma educativa. Ora, spaventati, stiamo ricorrendo a rimedi esagerati. È pericoloso scomodare magistrati, psichiatri e specialisti, ad ogni piè sospinto. In campo educativo non si inventa niente e nemmeno si rimedia in cinque giorni a errori che abbiamo commesso per anni. Non ci sono cliniche e corsie di ospedali che incollano le coscienze e tappano i buchi lasciati dall'assenza dei genitori. Ci sono due agenzie educative che vanno in tutta fretta aiutate e attrezzate per fare il loro mestiere: la scuola e la famiglia. Un ragazzo che viaggia con il serramanico in tasca a quindici anni, e un tredicenne che spara ad un suo amico con la pistola sottratta al padre, non possono essere criminalizzati ed etichettati come assassini senza interpretare i precedenti familiari. Le nostre creature rimangono nostre sempre, nel bene e nel male. Non possiamo accontentarci di allevarli belli e sani. Viziare un bambino è come mettere nel suo dna un cromosoma velenoso che gli rovinerà la vita intera.

L'avventura della vita, come ogni avventura degna del nome che porta, esige preparazione, sacrificio, scelte prioritarie, volontà. Se immagino l'Italia fra trent'anni, cosa mi posso aspettare? Pochissimi bambini, quei pochi viziati, con genitori e docenti disorientati. È così che elaboriamo il nostro futuro?

Uno Stato che non investe nella scuola, come possiamo chiamarlo? La scuola va aiutata a riscoprire il significato di 'magistra vitae', mentre oggi è tutto tranne questo. Anzi, quando qualcuno le chiede di fare il salto di qualità vengono avanzati mille motivi per negare questo ruolo. E se la scuola non funziona come luogo educativo, come potrà aiutare la famiglia a sopravvivere ai bombardamenti quotidiani che la riducono a prigione, a luogo di infedeltà seminascoste, a teatro di litigi adolescenziali? Abbiamo smontato giorno dopo giorno l'unico indispensabile valore che ci diversifica dalle bestie: l'amore. Assistiamo oziosamente, dai giornali e dalla tv, dalla pseudocultura rampante, al rantolo dell'amore genuino, fatto di oblazione, rispetto, ascolto, attenzione, meraviglia, pazienza. Questa pozione maledetta che ci viene servita dentro schermi e riviste patinate la trangugiamo senza neppure accorgerci. Reagiamo ad alcuni programmi evidentemente stupidi ma non ci accorgiamo di altri, che anziché essere stupidi, sono maliziosamente proposti per uccidere il bello che portiamo dentro. Oggi anche le famiglie migliori sono anchilosate e infeltrite. Da questo hanno origine i fatti e i misfatti che ragazzi fino a ieri normali compiono per riempire di emozioni fasulle i loro pomeriggi.

Fino a tempo fa pensavamo fossero solo i figli di famiglie dissestate a compiere atti vandalici. Invece è saltato anche questo postulato. I ragazzi tra i dodici e i sedici anni, alla ricerca della loro identità, non possiamo bloccarli, invocando un giorno sì e un giorno no la repressione o lasciandoli scorrazzare a briglia sciolta tra le praterie dell'adolescenza sfrenata.

Vedevo l'altro giorno le gare di discesa ai Campionati del Mondo di Bormio. Centodieci, centoquindici chilometri all'ora, due sci, un atleta sopra, una pista creata per la sfida. Tutto questo sarebbe un macello se dietro non ci fossero un allenatore, grande preparazione atletica, coraggio e determinazione. L'adolescenza è questa discesa. Nessuno può cambiarla in una passeggiata sugli sci. Vorrei tanto che il preparatore nostro e dei nostri figli fosse quel don Bosco che ha salvato milioni di adolescenti, partendo dal cortile, dal gioco, dalla quotidianità per arrivare poi alla costruzione di grandi uomini e donne dell'Italia del secolo scorso.

don Antonio Mazzi

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