«La mia équipe ha scoperto che i giovani di questo pianeta provengono da sei dimensioni parallele che ne determinano il pensiero e i comportamenti Il seguente documento descrive in sintesi questi non-luoghi»
del 06 agosto 2005
I sei mondi della giovent√π (come risultano dalle nostre pi√π recenti ricerche).
Come già annunciato alla stampa mondiale, i risultati di alcuni studi condotti dalla mia équipe sui giovani moderni aprono nuove strade alla ricerca e porranno nuovi quesiti a chiunque si occupi di etica. Si è infatti scoperto che tutti i ragazzi di questo pianeta provengono da sei diversi 'mondi' (qualcosa di simile alle dimensioni parallele ma presenti fisicamente nel nostro universo e per questo raggiungibili, anche se per mezzo di metodi particolari che verranno illustrati in seguito) e queste diverse origini ne determinano il pensiero e i comportamenti. Il seguente documento è la sintesi delle ricerche approfondite su questi non-luoghi.
Il primo mondo che prenderemo in considerazione è facilmente raggiungibile, basta girare a destra, alla seconda stella e proseguire fino al mattino; a quel punto apparirà un'isola, chiamata Che Non C'è dai suoi abitanti.
Motto di questo regno è il famoso quesito «La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere?», su cui gli studiosi autoctoni dibattono da secoli.
Questi ragazzi passano le loro giornate a fantasticare, senza fare nulla di più concreto di mangiare. Ovunque ci si giri si scorgono castelli in aria. Cassetti traboccanti di sogni sono l'unico mobilio presente nelle abitazioni. Allegre fantasticherie zampettano sui prati. I ragazzi, intanto, sdraiati all'ombra dei faggi, compongono canzonette e ballate che accompagnano a passo di danza i loro sogni. Questa razza di giovani, un tempo presente in gran quantità sulla Terra, si sta ormai estinguendo, perché la selezione naturale ne ha privilegiato quelle più attente alla sopravvivenza che all'ideazione di cose immaginarie e di comunità di pace e di aiuto reciproco.
Il Trenino Millepiedi conduce invece al Paese dei Balocchi, il regno della regina Lubido, il cui stemma araldico porta la scritta «S'ei piace, ei lice». I ragazzi che vivono in questo regno passano tutto il tempo a divertirsi e a godere. Qualsiasi cosa possa procurare piacere c'è di sicuro in quella terra, gli spacciatori e i venditori di preservativi sono miliardari e qualsiasi alcolico della peggior specie circola a fiumi. Le strade, sporche di sporcizia che nessuno pulisce, sono meta di vagabondaggi di ubriachi e drogati, i parchi sembrano loro stessi delle enormi canne, tale è l'odore che ne impregna l'erba. C'è sempre qualcuno che vomita nei cessi pubblici. Parole come 'dovere' o 'moderazione' sono estranee al vocabolario degli abitanti di quel luogo edonistico, interessati solo a soddisfare i propri bisogni carnali e animali nella maniera più rapida possibile. Addirittura, per la loro legislazione, lo stupro e lo spaccio non sono reato e droghe pesanti e leggere sono trattate alla pari ed è obbligatorio averne addosso. E chi sgarra, chi non è perennemente fuori, chi non ha voglia di bere o di fumare, chi non stupra mai nessuno, né uomo né donna, è emarginato e continuamente pestato dalle folle razziste.
 
Con un ascensore che parte dalla Biblioteca di Alessandria si arriva al centro della Terra, dove tutte le culture mondiali hanno le radici. Lì sorge un vecchissimo castello, non creato da nessuno, dove ha sede la Repubblica, uno stato governato unicamente da filosofi e da studiosi; purtroppo questi sono anche gli unici abitanti… Tra la polvere dei libri gruppi di ragazzi, meno numerosi di anno in anno, studiano, i nasi incollati alle pagine giallognole dalla mattina alla sera, e traggono un enorme piacere anche solo ad udirne il frusciare dei fogli. È un'enorme festa ogni volta che un libro nuovo scende dalla superficie fino a loro e, dopo esser stato letto da tutti i sapienti, va ad infilarsi sugli enormi scaffali in compagnia di una copia di ogni volume mai scritto da mano umana.
E, sotto quel soffitto decorato di perle e arabeschi argentati, in centro ai quali spicca la scritta d'oro puro «Ipse dixit», in un urna di cristallo su un piedistallo di alabastro sta il libro massimo tra i libri, in un unico volume rilegato in velluto e filo d'oro.
Fra le teste dei Moai sull'Isola di Pasqua, dimenticata da tutti, una piccola società di ragazzi ha fondato Teocrazia, una comunità dedita alla preghiera e allo studio delle Scritture. L'Illuminato la guida con saggezza e con pugno di ferro: non è nelle sue intenzioni permettere eresie o divergenze dal pensiero canonico; qualsiasi libro non sacro o coerente con le Scritture è messo all'indice e le letture preferite dal popolo sono le agiografie. Per le strade, per le piazze, per i cortili si odono solo il sussurro sommesso di preghiere o le melodie di canti gregoriani. Quando uno dei sacerdoti gira per le strade, col suo bel motto «Oro pro vobis» ricamato sulla tunica bianca, sembra un messo divino, e tutte le persone gli si accalcano intorno, facendo ala al suo passaggio e lanciandogli fiori e mettendogli mantelli sotto ai piedi.
Questa terra, che dovrebbe essere ricca di doni di Dio, è invece una terra desolata, dove chiunque non è fanatico al livello della media del luogo viene bruciato per la sua fede semplice e interiore in nome della purezza dell'ortodossia.
 
Un unico, immenso cantiere è invece Laboratorio, la terra del lavoro. Lì tutti i ragazzi vivono in perpetua ansia, non di far bene o di fare in fretta, ma di fare. Fare fine a sé stesso, fare senza scopo, l'importante è lavorare. Eppure non è un fare astratto, ovviamente ogni lavoro deve portare ad un risultato concreto, come il guadagno di trenta monete o la costruzione di un enorme ponte.
Questa terra molto attiva si trova all'incirca tra il Polo Nord e l'Equatore ed è riconoscibile dall'enorme quantità di fabbriche, magazzini, porti, autostrade, negozi che la affollano, oltre che per il suo motto «Arbeit Macht Frei», che ovviamente non è stato scritto da nessuna parte per non perdere tempo ma è comunque costantemente sulle bocche di tutti.
Il Gran Sacerdote del Tempio di Pluto, il Maestro di Tutti, Paperon de' Paperoni, spezza la moneta che innalza sopra il capo da dietro l'altare e la distribuisce in spiccioli alla coda infinita dei fedeli che tramite quella ricercano la ricchezza e la Letterina (unico piacere, insieme alla Ferrari, non guardato storto dai più). Poiché ogni minuto perso è denaro perso, il sonno è proibito per costituzione. Si sono inventate macchine grandi come caschi di moto che riproducono per l'organismo i benefici del sonno senza addormentarlo effettivamente; surrogato perfetto per la fisiologia, ma un po' meno per il cervello, che cerca l'evasione non tramite le droghe ma con una dormitina clandestina in un angolo buio. Chi non trasgredisce mai è completamente nervoso ed irritabile.
 
L'ultimo mondo da noi individuato è situato in una zona del Centro della Francia presso Narsay. Lì la gente è lieta e cordiale e il vino scorre a fiumi nei campi coltivati dal duro lavoro degli uomini. Nome di questa contrada è Utopia, suo re Gargantua. È un sovrano di gigantesche dimensioni, e tanto è ampio il suo corpo tanto lo è il suo cuore. Egli insegna ai suoi sudditi una sola legge, «Fa' quel che vuoi», il motto dell'abbazia da lui fondata.
Infatti il suo popolo, oltre che onesto e libero, è anche religioso, ma di una fede pura, senza orpelli o chiusure di pensiero, senza quindi gli eccessi di un paese governato da inquisitori; d'altra parte, però, gli abitanti amano divertirsi. Grandi banchetti vengono imbanditi e innaffiati di dolci bevande, si ride, si scherza, ci si diverte e, fra una gara di rutti e una mano di briscola, fioccano i discorsi filosofici. Chi commenta un libro, chi cita Omero, chi critica Tasso, a seconda dei gusti di ognuno. Piacere comune a tutti, la conoscenza non è concepita come sciolta dalla vita ma come base fondante di ogni progetto, sia visionario ed irrealizzabile, sia pratico e finalizzato al lavoro. Questo regno è il più saldo degli altri, poiché di ognuno degli altri raccoglie il bene e fugge il male, ed i giovani che provengono da lì sono il fiore di ogni società.
Alberto Brambilla
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