Ecologia e povertà evangelica

Ogni primo venerdì del mese la redazione donboscoland propone una riflessione sul tema dell’ecologia. Oggi parliamo di povertà evangelica in relazione all'ecologia.

POVERTÀ EVANGELICA

di Don Damian Taiwo Akintemi SDB
Maestro dei novizi, Ispettoria AOS, Ghana


La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto il contrario. Infatti, quelli che gustano di più e vivono meglio ogni momento sono coloro che smettono di beccare qua e là, cercando sempre quello che non hanno. […] La felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono, restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita.”
(L.S. 223)

Spesso si parla di povertà come mancanza di denaro, cibo, alloggio o altri bisogni primari. Tuttavia, parlando di povertà evangelica ci si riferisce al dono gratuito di sé: donarsi e condividere, superando la continua tentazione del profitto, del calcolo egoistico, dello sfruttamento e della manipolazione degli altri, di se stessi o delle cose. Piuttosto, trovare la propria felicità, gioia e pace nel comunicare se stessi, nel dare una mano, nell’amare. Questa virtù la troviamo spesso proprio tra le persone economicamente deboli: condividono volentieri, spontaneamente quello che hanno, tra di loro e con gli ospiti; inoltre sono felici e onorati di poter condividere. Nel mondo, il primo luogo da cui si pensa provenga la povertà è l’Africa.

Non è vero che siamo poveri per nascita. Si può essere poeti per nascita; si può essere dotati di un particolare talento, ma non poveri per nascita. Si può solo diventare poveri, così come si può diventare avvocati, tecnici o sacerdoti dopo un lungo e impegnativo percorso di studi, anni di fatica, esercizi e allenamento duro. La povertà, possiamo dire, è una carriera a sé stante e, a dire il vero, è una delle più complicate. Richiede un duro allenamento pratico, così duro ed esigente che il Signore Gesù decise di tenere direttamente per sé l’insegnamento di questa disciplina. Il significato evangelico della povertà salesiana si vede in Gesù di Nazaret che, pur essendo ricco, si è fatto povero. Abbracciare la povertà volontaria diventa un valore per chi è chiamato da Dio a essere religioso.

Perché scegliamo una vita di povertà? Guardiamo alla semplicità della vita di Cristo, perché Gesù ha voluto essere povero, ha scelto la povertà come compagna costante della sua vita e ha usato uno stile di vita semplice per svolgere la missione che Gli era stata affidata. Per questo la povertà per il Regno è possibile e può essere amata, perché Gesù l’ha praticata e ne ha fatto lo strumento per rivelare l’amore di Dio per gli uomini. Il salesiano sceglie questo stile di vita per rendere reale il Vangelo di Cristo. Uno degli articoli delle Costituzioni della società di San Francesco di Sales dice: "Scegliamo di seguire ‘il Salvatore che nacque nella povertà, visse nella privazione di tutte le cose, e morì nudo sulla croce’" (C72). Questo stile di vita semplice è visibile tra gli africani che vivono con il sudore della fronte; esprimono gioia e soddisfazione per il poco che hanno per vivere. I Salesiani testimoniano il valore evangelico della povertà con uno stile di vita semplice ereditato da Don Bosco. Una delle cose più interessanti è la sensibilità per l’ambiente in cui vivono e per le persone che li circondano.

La testimonianza della povertà salesiana è contraddistinta dalla condivisione dei beni temporali a loro disposizione. Seguendo l’esempio di Don Bosco, che visse una vita distaccata dai beni mondani, i Salesiani emulano la sua semplicità di vita piena di servizio ai giovani e all’intera umanità. Impariamo ad affidarci alla provvidenza di Dio e alla generosità dei benefattori. Per questo motivo, i Salesiani si sono impegnati nella vita di lavoro e di temperanza per dare il proprio contributo alla madre terra.
In risposta al pressante appello del Santo Padre nella sua Enciclica Laudato si’, i Salesiani si sono impegnati a prendersi cura dell’ambiente in cui si trovano. Entrando in qualsiasi ambiente salesiano, si percepisce immediatamente la risposta positiva all’appello del Santo Padre a prendersi cura della nostra casa comune.

Lavoro, lavoro, lavoro è una delle caratteristiche dei figli di Don Bosco. È un ritorno a quella semplicità che ci permette di fermarci ad apprezzare le tante cose che ci vengono dai benefattori e dalle benefattrici, di essere grati per le opportunità che la vita ci offre, in particolare di essere solidali con i giovani poveri. Per contribuire alla crescita della società, sono impegnati in progetti agricoli per aiutare la sostenibilità e la formazione dei giovani novizi che aspirano a diventare salesiani. Il progetto comprende l’allevamento di animali con varietà di bestiame, agricoltura, coltivazione di ortaggi, apicoltura, itticoltura e molto altro. Il tutto con l’intento di non diventare solo consumatori ma anche “prosumer” (produttori-consumatori).

In solidarietà con i poveri, i salesiani di questa parte del mondo non risparmiano le loro energie andando in giro per il mondo, sollecitando o finanziando progetti per aiutare i giovani poveri a diventare buoni cristiani e onesti cittadini secondo il pensiero di Don Bosco. Lo spirito di condivisione ci aiuta a essere spiritualmente distaccati da ciò che possediamo e a non soccombere alla tristezza per ciò che ci manca. Ciò implica evitare la dinamica del dominio e del mero accumulo di piaceri. Si tratta di acquisire solo ciò che è necessario. Per mostrare ai novizi questa semplicità di vita e la solidarietà con chi ci circonda, la comunità del noviziato si è impegnata di tanto in tanto nella costruzione di strade, espressione della nostra povertà e della nostra cura per la madre terra.

La temperanza, raccomandata da Don Bosco, aiuta i salesiani a evitare gli sprechi. Aiuta a mangiare solo il necessario, a bere moderatamente, a vestirsi in modo semplice, a non usare automobili appariscenti o gadget costosi e inutili, se non quelli necessari per la missione. In questo modo, dimostriamo la nostra solidarietà con i poveri che ci circondano.

In conclusione, la nostra povertà evangelica diventa qualcosa di positivo quando è frutto e manifestazione dell’amore per gli altri e per tutto il creato: appare come un carisma di umiltà, semplicità, distacco, solidarietà e fraternità con tutti, a partire dai più bisognosi, ospitalità, "opzione per i poveri" e "promozione della giustizia", superamento di ogni forma di sfruttamento, di imborghesimento (di tipo capitalista) e di consumismo. Accogliamo quindi l’invito del Santo Padre a prenderci cura della nostra casa comune per vivere nella gioia, nella pace e nell’armonia.


 

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