Presentato il rapporto “Ecomafia 2021” di Legambiente: il covid non ha bloccato né rallentato gli affari delle “ecomafie”. Che anzi sono cresciuti e allargati in nuovi settori
Il covid non ha bloccato né rallentato gli affari delle “ecomafie”. Che anzi sono cresciuti e allargati in nuovi settori, approfittando dell’emergenza. “L’illegalità sembra seguire gli andamenti strutturali del mercato, diventandone quasi una “componente naturale”. Lo denuncia il rapporto “Ecomafia 2021” di Legambiente, sottolineando come la “casa comune”, l’ambiente “non ha “beneficiato” di quel crollo verticale dei reati predatori registrato nel lockdown”.
Infatti i reati ambientali accertati dalle forze dell’ordine sono rimasti più o meno gli stessi del 2019, anzi in leggera crescita: esattamente 34.867 (+0,6%), oltre 95 al giorno, 4 ogni ora. Sono invece molto aumentate le persone denunciate, 33.620 (+12,9%), le ordinanze di custodia cautelare, 329 (+14,2%) e i sequestri, che hanno raggiunto la cifra di 11.427, la più alta degli ultimi cinque anni, con una crescita del 25,4%. E preoccupa il forte incremento nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, arrivate al 46,6% del totale nazionale, con 134 arresti, quando nel 2019 erano stati “solo” 86.
Ma tra le quattro big si inserisce, dopo Campania, Sicilia e Puglia, il Lazio che supera la Calabria con ben 3.082 reati (+14,5%). Esemplare di come l’emergenza sanitaria non abbia bloccato gli ecocriminali, sono gli incendi boschivi cresciuti del 18,3%, triste presagio della terribile estate del 2021, dove ad andare in fumo sono stati oltre 150mila ettari di patrimonio naturale. Incendi senza responsabili: a fronte di 4.233 reati accertati, le persone denunciate nel 2020 sono state 552 e gli arresti solo 18. Più articolata la “fotografia” del settore dei rifiuti. Alle chiusure di molte attività economiche imposte dai lockdown fa riscontro il calo dei reati accertati (ben 8.313, ma in calo del 12,7%) e una seppur lieve riduzione del fatturato illegale (da 3 a 2,9 miliardi), mentre crescono gli arresti (+15,2%) e anche il numero di inchieste per attività organizzata di traffico illecito di rifiuti: 27 contro le 26 del 2019, a cui se ne devono aggiungere altre 23 dal 1 gennaio al 15 settembre di quest’anno. Non si sono fermati neppure gli incendi agli impianti di trattamento, smaltimento e recupero: sono stati 180 nel 2020 e 195 nei primi 9 mesi del 2021.
Da quando Legambiente ha iniziato questa attività di monitoraggio, nel gennaio del 2013, ne sono stati contati 1.293, con la Sicilia in testa (194), seguita da Campania (165), Lombardia (146), Lazio (128) e Piemonte (101). Insomma, “meno illegalità “diffusa”, perché diminuisce la “domanda”, ma più “offerta organizzata”, con una robusta propensione, come rivelano i dati dell’Agenzia delle dogane, alla “globalizzazione” dei traffici”. Nel 2020 la quantità di rifiuti sequestrati, in particolare Raee e plastica, è cresciuta del 225% rispetto al 2019. E rotte e territori attraverso i quali si sviluppano i traffici illeciti di rifiuti sono in costante evoluzione. Se è la Campania con 2.054 reati, a guidare la classifica degli illeciti accertati nel 2020, è il Lazio a “conquistare” il secondo posto (736 reati), superando la Puglia (678).
La Lombardia (577 reati) è quarta, ma è la regione in cui, per il secondo anno consecutivo, si registra il maggior numero di arresti, ben 56. E cambiano le strategie. “Il trasporto destinato al mero smaltimento abusivo, alla maniera che ci ha “insegnato” la camorra napoletana nella tristemente nota Terra dei fuochi, sta diventando sempre di più un meccanismo residuale rispetto a forme di riciclo in nero, ossia con il ricorso a metodi più sofisticati che vedono l’intervento strumentale degli impianti e la sistematica falsificazione della documentazione”. Non più camion ma tecnici, consulenti, intermediari in giacca e cravatta. Reati in leggera flessione anche nel ciclo del cemento (-0,8%), con una crescita, però, delle persone denunciate (13.083, un +23,1% rispetto al 2019). Ma si continua a non demolire gli abusi. Legambiente ha inviato un questionario a tutti i 7.909 comuni italiani, al quale hanno risposto in maniera completa in 1.819, dichiarando di aver emesso ben 57.250 ordinanze di demolizione dal 2004 al 2020: ma solo il 32,9% degli abusi è poi stato abbattuto. In Campania, Sicilia, Puglia e Calabria le ordinanze sono state 14.485 e la percentuale di quelle eseguite appena il 17,4%.
Se calano gli abusi edilizi cresce invece l’assalto agli appalti pubblici. Lo conferma la crescita delle interdittive antimafia: nella relazione della Dia sul 2019 erano 625, mentre nel corso del 2020 sono state 748, per il 64,7% concentrate nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: in testa la Calabria (194), seguita dalla Campania (100 contro i 67 del 2019) e dalla Sicilia (97). Chiude la Puglia, che però registra in assoluto il maggior incremento in un anno, passando da 39 a 93, confermando non solo la forte presenza mafiosa ma anche l’impegno finalmente efficace del contrasto. Continua a crescere, infine, il numero di inchieste sulla corruzione in ambito ambientale: nel periodo di rilevazione, che va dal 18 ottobre 2020 al 15 settembre 2021, sono state 386 (quasi la metà nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa), con 2.310 persone denunciate, 1.521 arrestate e 514 sequestri. Solo nei primi otto mesi e mezzo del 2021 le indagini sono state 292, “un numero impressionante”, denuncia il rapporto, la maggior parte in Calabria (66), Campania (65), Lazio (44), Lombardia (40) e Puglia (32). E Legambiente commenta: “La corruzione è lo strumento più efficace e diabolico per agevolare la commissione dei reati ambientali. Con effetti devastanti sulla tenuta socioeconomica del paese e sulla stessa giustizia ambientale, poiché si basa sulla sistematica alterazione delle regole democratiche, umiliando merito, virtù e giustizia, consegnando risorse ambientali e bellezza dei territori nelle mani sporche di corrotti e corruttori”.
di Antonio Maria Mira
tratto da avvenire.it
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