Fame di tenerezza

Il concetto di tenerezza si esprime in ebraico con il termine rahamin che significa “seno materno”. Tenerezza, quindi, è l'atteggiamento della madre verso il frutto della propria carne...

Fame di tenerezza

del 15 maggio 2017

Il concetto di tenerezza si esprime in ebraico con il termine rahamin che significa “seno materno”. Tenerezza, quindi, è l’atteggiamento della madre verso il frutto della propria carne...

 

«Abbiamo fame di tenerezza, / in un mondo dove tutto abbonda / siamo poveri di questo sentimento / che è come una carezza…».

Bastano pochi versi per ricordarci due verità: la forza dell’amore e la consapevolezza del vuoto. “Abbiamo fame”, dice Alda  Merini, fame di amore, una fame di qualcosa che ci accompagna sin dalla nascita. Fame di carezze. E le carezze non sono un di più: un neonato toccato solo per essere pulito e nutrito e rimesso poi subito nel suo lettino, muore. Troppi genitori non sanno che abbracciare e baciare i propri figli è un atto di tenerezza, un gesto vitale!

Il concetto di tenerezza si esprime in ebraico con il termine rahamin che significa “seno materno”. Tenerezza, quindi, è l’atteggiamento della madre verso il frutto della propria carne: non un amore ideale e platonico, ma viscerale e fisico. Il dizionario della lingua italiana definisce la tenerezza come la qualità di ciò che è tenero, morbido. Essere tenero significa essere non duro, cedevole al tatto, che si commuove facilmente, affettuoso, amorosamente carezzevole.

Possiamo essere teneri e affettuosi con il nostro cane, con il gatto, con un neonato, ma si fa sempre più fatica ad esserlo con un adulto, anzi, è difficile che gli uomini mostrino questa tenerezza. La gentilezza d’animo, la tenerezza, l’affetto sono visti, in effetti, come segni di debolezza o disperazione, eppure, queste, sono manifestazioni di forza e coraggio. Essere teneri significa aprirsi ed interessarsi all’altro, un modo di relazionarsi con l’esterno facendo cadere le proprie difese. La tenerezza è il viaggio del cuore nel mondo dell’altro, è volersi bene, è accoglienza, cura, intimità, solidarietà.

Pur nelle nostre imperfezioni e limiti dovremmo sforzarci ad essere affettuosi non solo a parole ma anche, e soprattutto, con sguardi, atteggiamenti e gesti. Una vera e propria terapia per il nostro cuore che ci fa star bene, ci tira su di morale, ci fa sentire accolti e amati, perché «per il nostro cuore / abbiamo bisogno di questi piccoli gesti / che ci fanno stare bene».

La tenerezza è, pertanto, un cammino, non un episodio o un gesto sporadico, e ha bisogno di un esercizio costante in cui si metta da parte l’egoismo e si “impari” ad essere umili. La cifra dell’essere teneri si rintraccia perfettamente in un passo de “I fratelli Karamazov” di Dostoevskij, dove il monaco russo Starets Zosima descrive la «forza dell’umile amore» che è l’umiltà di accettare sé e i propri limiti facendosi teneri con se stessi; l’umiltà di accettare gli altri per quello che sono, con bontà di cuore e generosità, facendosi teneri verso di loro. «“Bisogna ricorrere alla forza o all’umile amore?” Decidi sempre per l’umile amore. Se deciderai per quello una volta per tutte, potrai conquistare il mondo intero».

 

Domenico Cassese

https://www.cogitoetvolo.it

 

 

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