L’antropologa Segalen sottolinea la centralità della famiglia anche nell’epoca della crisi pandemica: “pilastro vero della società. Dai giovani mi aspetto la resurrezione”
L’antropologa Segalen sottolinea la centralità della famiglia anche nell’epoca della crisi pandemica: “pilastro vero della società. Dai giovani mi aspetto la resurrezione”
La famiglia bistrattata, attaccata, “imitata” e condannata alla sparizione ormai da oltre 30 anni, è invece l’unico verso pilastro della società anche nell’epoca della pandemia e della crisi delle comunità: ne è convinta la celebre antropologa francese Martine Segalen. Intervistata da Adriano Favole per i ‘Dialoghi sull’uomo’ di Pistoia – con ampi stralci sull’Avvenire di ieri – la studiosa spiega come questi ultimi due anni hanno sicuramente cambiato le abitudini e anche le fatiche della vita familiare, ma non hanno cancellato l’essenza stessa dell’utilità sociale e umana che riveste la famiglia.
«Mi sembra quindi che vi sia stata, da parte dei media, una sorta di riscoperta – dico riscoperta perché è qualcosa che già esisteva – del fatto che la famiglia – un’istituzione in costante mutazione», spiega Segalen. I problemi restano, dalla crisi della natalità alla crisi dei matrimoni, tanto quelli religiosi quanto quelli civili: eppure, nonostante tutte queste difficoltà che l’Occidente tristemente riscopre anche dopo la pandemia, «questa famiglia in quanto istituzione costantemente rinnovata, è davvero – sarà anche sciocco usare questo termine mah… – un pilastro della società: se non ci fosse la famiglia, sarebbe ancora più grave, a mio parere».
Interessante infine il passaggio sui giovani, con l’antropologa francese che riflette sulle enorme differenze sociali acuite dall’epoca del Covid-19: «Io effettivamente nutro una grande fiducia in questa generazione, e penso che senza di loro e senza la loro energia non ce la caveremo», spiega Segalen, aggiungendo «è proprio da questi giovani che possiamo aspettarci una resurrezione, e hanno tanto più merito, dopo questa pandemia interminabile che ha fatto loro subire la didattica a distanza davanti al computer, e ancora, quando non avevano una famiglia che li sostenesse, delle condizioni molto difficili». Una politica che però fa della famiglia e dei giovani un elemento non centrale, è definita «disperante» dalla antropologa, con esplicito riferimento alle mancate riforme del Governo Macron: «io chiedo ai giovani perdono per essere appartenuta a questa generazione che avuto la fortuna di aver potuto godere dei ‘Trente Glorieuses’ (1945-1975), di una relativa facilità di trovare lavoro, mentre per loro chiaramente è molto più difficile. Ma forse adesso il balzo successivo alla pandemia consentirà all’economia di ripartire e a loro di fare la loro strada e di riparare l’Antropocene».
tratto da ilsussidiario.net
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