Fine agosto e nostalgia

Il trentuno agosto stringe il cuore, ma la nostalgia fa bene...

Fine agosto e nostalgia

 

Il sentimento che proviamo quando dalle tasche dei borsoni cade in casa poca sabbia tolta alle scogliere: ci vorremmo scusare, la vorremmo rispedire in un pacchetto al bagnasciuga dove è nata, perché è un torto farle fare la nostra vita senza un alito di vento la sera, i nostri orari, poterle offrire solo albe dimezzate che non si specchiano nel mare.

La malinconia che fanno al mese di settembre gli ombrelloni. Messi a riposo coi nastrini, provocati ancora dall’aria, pronti per il sonno verticale in assenza del sole. Non abbandonano le loro schiere, si domandano a vicenda a che punto del divertimento è terminata anche quest’anno una stagione.

Le automobili sudate senza fretta di tornare, colme fino a fuori i finestrini: i canotti che non si vogliono sgonfiare, le valigie che nessuno, questa volta, si è preso la briga di incastrare per bene; i bambini lievitati dai gelati e dagli strati alterni di crema e abbronzatura.

I temporali appena dietro a ferragosto: il modo brusco delle vette per sgombrare i cittadini, gli alpinisti  improvvisati con le loro attrezzature, i villeggianti che si credono del posto perché indossano i calzettoni.  La montagna freme, non vede l’ora di tornare seria, abbassa nuvole e vapori per non farsi più fotografare. Non attende di scrollarsi dalle malghe gli ultimi assaggiatori di formaggi, ridà la precedenza al suo silenzio, che sia il fruscio degli animali, o l’inspessirsi delle nevi, o l’astenersi dai discorsi dei pastori.

Le canzoni che rincorse dai profumi, nel patio dei ristorantini, ci miglioravano l’umore. Dagli altoparlanti neri in plastica, nel parcheggio di questo grande magazzino, si rivelano per quello che sono, e ci fanno domandare che meta ha scelto per le sue vacanze il nostro gusto musicale.

Il trentuno agosto stringe il cuore, ma la nostalgia fa bene. Ogni mancanza che ci assorda fa da ordito a un giuramento: siamo cavi per farci colmare. Verrà l’estate che non muore.

 

 

Emanuele Fant

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