L'osservatore vaticano all'Onu interviene sul tema degli effetti del terrorismo sulla vita dei singoli e degli Stati...
Ancora una volta la voce della Santa Sede si leva per stigmatizzare la piaga del terrorismo. L'arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore della Santa Sede all’Onu di Ginevra, è intervenuto ieri ai lavori della 29° Sessione del Consiglio dei Diritti umani sul tema degli effetti del terrorismo sulla vita dei singoli e degli Stati, per sottolineare che l'approccio internazionale per la lotta al terrorismo deve dare sempre “priorità alle vittime”, senza far prevalere interessi finanziari, politici o ideologici.
Nel suo discorso, Tomasi passa in rassegna le dozzine di sigle che, alcune da anni, simboleggiano armi, morte e sangue innocente: Isis, Boko Haram, al Qaeda, al Nusra e via dicendo. Dal 2000 a oggi - osserva - “il mondo ha assistito a un aumento vertiginoso del 50% del numero di vittime di attacchi terroristici” a causa di queste organizzazioni. Solo nel 2013, “l'82% di queste vittime è stato ucciso in soli cinque Paesi: Iraq, Afghanistan, Pakistan, Nigeria e Siria”.
"Il terrorismo è una terribile realtà che colpisce tutte le parti del globo, distrugge innumerevoli vite, terrorizza le società e annienta le culture e le loro storie", sottolinea mons. Tomasi. Purtroppo, aggiunge, "dobbiamo ammettere che la comunità internazionale non è sempre stata capace di prevenire e di frenare il terrorismo, specialmente in Medio oriente e in diverse zone dell’Africa". La cosa più grave - afferma - è che la situazione potrebbe andare peggiorando se la comunità internazionale non trova il modo di far fronte comune contro quella “impunità” di cui i terroristi sembrano godere.
"Il terrorismo è l'antitesi dei valori condivisi e degli impegni che sono alla base della convivenza pacifica nazionale e internazionale”, ribadisce il presule, evidenziando che, attualmente, sotto gli occhi di tutti c'è una "globalizzazione del terrorismo" che si avvale di “poteri politici antagonisti tentati di giocare un ruolo” fornendo alle organizzazioni integraliste “risorse della moderna tecnologia, armi avanzate e finanziamenti”.
Tomasi parla pure di una sorta di "effetto domino" delle violenze perpetrate dal terrorismo, che "non riconosce la dignità delle sue vittime”: una volta “negato a una persona il suo diritto alla vita, si abusa degli altri diritti fondamentali, compreso il diritto alla libertà di credo e di culto, il diritto di espressione e la libertà di coscienza, il diritto all'istruzione e il diritto di essere trattati con pari dignità come ogni altro cittadino di una nazione, nonostante la differenza di religione, di status sociale ed economico, di lingua o etnia”.
Nel considerare, quindi "gli effetti negativi del terrorismo sul godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali, dovremmo anche essere chiari nel riconoscere che questi effetti continueranno, anzi peggioreranno, se gli Stati interessati e la comunità internazionale non si concentreranno chiaramente e velocemente sulle cause del terrorismo", afferma l'osservatore vaticano, e rimarca che "la risposta al terrorismo non può essere soltanto di carattere militare".
"Dove il terrorismo ha effettivamente preso piede - soggiunge - è stato compiuto un danno sociale e culturale irreparabile che si ripercuoterà sulle generazioni future. Distruggendo le infrastrutture delle città e delle regioni, soprattutto attaccando gli edifici governativi, le scuole e le istituzioni religiose, il terrorismo costringe letteralmente una società in ginocchio". Inoltre, secondo Tomasi, "la demolizione di siti culturali e antichi da parte dei terroristi minaccia di annientare la storia delle culture e popolazioni. Tale distruzione crea terreno fertile per l'estremismo più violento, perpetuando così il circolo vizioso della violenza con la moltiplicazione di ulteriori violenze”.
Quindi, a nome della Santa Sede, l'arcivescovo ribadisce la condanna al terrorismo “in particolare in quelle forme che derivano dall’estremismo religioso", che devono essere "contrastate da sforzi politici concertati”, con tutte le parti locali e regionali interessate. “Gli sforzi per raggiungere un approccio comune per la lotta al terrorismo - conclude - devono sempre dare la priorità alle vittime del terrorismo. Motivi finanziari, politici o ideologici non dovrebbero mai prevalere sulla capacità di giungere a una visione unitaria di come la piaga del terrorismo debba essere combattuta”.
Staff Reporter Zenit
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