Giovani bamboccioni che pensano solo a divertirsi?

Aperti al cambiamento, liberi e attenti ai legami personali. Ecco come sono i ragazzi italiani visti dal Rapporto Giovani 2018 dell'Istituto Toniolo. «Cercano un confronto che non sempre noi adulti siamo in grado di garantire»...

Giovani bamboccioni che pensano solo a divertirsi?

del 23 aprile 2018

Aperti al cambiamento, liberi e attenti ai legami personali. Ecco come sono i ragazzi italiani visti dal Rapporto Giovani 2018 dell’Istituto Toniolo. «Cercano un confronto che non sempre noi adulti siamo in grado di garantire»...

 

Aperti al cambiamento, liberi e attenti ai legami personali. Sono i ragazzi italiani così come li fotografa il Rapporto Giovani 2018 realizzato dall’Istituto Toniolo di Milano. Una ricognizione puntuale che racconta le nuove generazioni a partire dai valori più diffusi tra coloro che oggi hanno tra i 20 e i 35 anni. Se è vero che viviamo in una società sempre più liquida, come scriveva il sociologo Zygmunt Bauman, individuare quali siano i punti fermi a cui si «aggrappano» i ragazzi può fornire strumenti utili per valutare l’orizzonte giovanile. Comprendere la visione del mondo dei cosiddetti Millennials consente infatti di leggere la realtà dal punto di vista dei suoi futuri interpreti. Non è solo questione di psicologia sociale, attraverso lo sguardo delle nuove generazioni le vecchie sono chiamate al confronto arrivando a interrogarsi sui propri schemi mentali e sulla propria capacità di trasmettere valori e convinzioni.

Ma cosa desiderano i giovani? Esiste una gerarchia nelle loro convinzioni? Secondo la professoressa di Psicologia Elena Marta, che ha curato l’analisi assieme alle colleghe Sara Alfieri e Daniela Barni, siamo di fronte a un piccolo esercito di anticonformisti che non dimentica l’edonismo o i divertimenti ma che punta tutto sulla realizzazione personale: «Dalla nostra ricerca emerge come i ragazzi, indipendentemente dalle variabili anagrafiche o geografiche, siano alla ricerca di autonomia, di sfide continue e stimoli. Per questo lavorano in modo attivo sulle proprie competenze, è un modo per agevolare la transizione verso l’età adulta».

Al netto della rincorsa verso il successo personale, il secondo valore più diffuso tra gli under 35 è l’autotrascendenza, la capacità di rapportarsi al contesto sociale. Parliamo quindi di legami affettivi e di benevolenza verso il prossimo. Un atteggiamento che si lega ai valori universali di giustizia, onestà e responsabilità citati di frequente dai ragazzi. Rispetto a questo secondo valore sorprende in particolare il salto effettuato dalle ragazze nell’arco di una decina di anni. Se nei precedenti studi la componente femminile sembrava più attenta alla sfera delle relazioni, oggi si concentra sull’autorealizzazione quasi al pari della controparte maschile. «Per via della rivoluzione culturale e del loro maggior impegno sul fronte lavorativo, le giovani sono meno conservatrici e meno concentrate sulla cura esclusiva degli altri. Non significa siano diventate egoiste ma semplicemente hanno iniziato a considerare l’indipendenza un elemento imprescindibile», aggiunge Marta.

In parallelo diminuiscono i giovani uomini orientati alla ricerca del nuovo o del rischio a scapito delle relazioni. Segno che la popolazione maschile dimostra di aver bisogno di stabilità sia sociale che affettiva. Dallo studio però emerge anche una nota dolente: una fetta di giovani, circa il 10%, non ha ancora sviluppato un quadro di valori definito. «Molti ragazzi - continua Marta - vivono una sorta di spaesamento valoriale. Le ragioni sono diverse ma in genere quest’incertezza è legata alla mancanza di modelli . Accade quando non ci sono adulti in grado di trasmettere valori forti a cui aderire o con cui scontrarsi». Un problema non solo nell’ottica identitaria ma anche a livello di benessere quotidiano. Esistono infatti valori che per il loro contenuto, promuovono la salute. I cosiddetti «healthy values» che riflettono un bisogno di crescita psicologica e di competenza. Chi ne è sprovvisto fa fatica a progettarsi nel contesto sociale ed è per questo che le esperte parlano di disorientamento. «La soddisfazione di vita si gioca più sull’asse “autotrascendenza vs autopromozione”. I giovani che danno più valore alla prima riportano una soddisfazione più elevata mentre chi ha valori indifferenziati ottiene punteggi più bassi di autoefficacia».

Fondamentale in questo caso il ruolo della famiglia e della scuola che diventano arene in cui i ragazzi possono formarsi un’idea del mondo e sviluppare un’affinità specifica rispetto a un certo sistema di valori. Non sorprende quindi constatare come per circa il 78% dei ragazzi la scuola mantenga un’importanza fondamentale nel percorso di crescita. Anche se, come chiarito nel focus del Rapporto a cura di Diego Mesa e Pierpaolo Triani, per gli studenti il sistema scolastico italiano manca ancora di pragmatismo, flessibilità e apertura. Se è vero che i ragazzi puntano a una maggiore autonomia il meccanismo inceppato della transizione tra scuola e lavoro è visto dagli under 35 come un grosso limite. In Italia e Spagna in particolare, dove i raccordi sono meno strutturati, i Millennials cercano di compensare il gap attivandosi di più.

Considerando il sistema dei valori dei ragazzi si spiegano anche le critiche mosse agli insegnanti della secondaria superiore: la maggior parte degli studenti riconosce ai docenti un’adeguata conoscenza dei contenuti e delle modalità didattiche ma i ragazzi bocciano i professori quando si tratta di versatilità, capacità di adattamento ai cambiamenti e gestione degli imprevisti. Qualità che sono in cima alla “piramide valoriale” dei giovani italiani. «Cercano un confronto che non sempre noi adulti siamo in grado di garantire. Rischiamo così di crescere adulti spaesati che un domani parleranno a giovani ancor più spaesati. La soluzione è rimettersi in gioco e aprirsi a un dialogo costruttivo», conclude Marta.

 

Diana Cavalcoli

https://www.corriere.it

 

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