Ci sono libri che lasciano un segno nel cuore degli uomini. Raccontano storie di uomini e donne che toccano i nostri sentimenti. Questo mese vi segnaliamo il libro di Thomas Schlesser: Gli occhi di Monna Lisa.
Henry aveva capito benissimo. Ma proprio in quel momento, in una frazione di secondo fu colto da un’illuminazione, da un’idea apollinea che tenne per sé. Non avrebbe portato sua nipote da uno psichiatra, certo che no... Al contrario, le avrebbe fatto seguire una terapia di altra natura, una cura capace di compensare l’indigestione di brutture a cui la sua infanzia era stata sottoposta.
Lisa, che aveva piena fiducia in lui e lo stimava come nessun altro adulto, lo doveva accompagnare nei luoghi dove si custodisce ciò che il mondo ha di più bello e umano da offrire: doveva seguirlo nei musei. Se, per disgrazia, la bambina fosse diventata cieca per sempre, avrebbe potuto godere di un serbatoio mentale da cui attingere a una grande bellezza visiva. Era proprio quello il piano del nonno: una volta alla settimana, seguendo un rituale immutabile, avrebbe preso per mano Lisa e l’avrebbe portata a contemplare un’opera d’arte – una soltanto – prima in un lungo silenzio, affinché la delizia infinita dei colori e delle linee potesse entrare nella mente della nipote, poi con le parole, perché la bambina riuscisse a comprendere, al di là del semplice piacere visivo, come mai gli artisti ci parlano della vita e quanto la illuminano.
Aveva in mente qualcosa di meglio dello psichiatra, per la sua piccola Lisa. Prima il Louvre, poi il Museo d’Orsay e infine il Beaubourg... Lì, sì, proprio lì, in quei luoghi dedicati alla conservazione delle opere più audaci e meravigliose dell’umanità, avrebbe trovato una medicina per la nipote.
Una bambina. Il suo nonno. La scoperta della bellezza, dell’arte... e della vita.
Lisa ha dieci anni e vive a Parigi con i genitori quando un giorno, all’improvviso, i suoi occhi smettono di vedere. I primi accertamenti al pronto soccorso non rilevano nulla di anomalo e dopo qualche ora di angoscia la vista sembra tornata. L’oculista è convinto che la bambina necessiti di un consulto psichiatrico, ma il nonno di Lisa, Henry, un vecchio burbero e determinato, è di tutt’altro avviso: se la bambina rischia di perdere la vista, l’unica vera urgenza è mostrarle tutto ciò che di più bello l’uomo ha creato.
E così, ogni mercoledì, subito dopo la scuola, fingendo con i genitori di portarla dallo psichiatra, il nonno accompagna la nipote a visitare alcuni tra i più importanti musei del mondo: il Louvre, il Museo d’Orsay, il Beaubourg sono scrigni di meraviglie che si schiudono davanti allo sguardo di Lisa e della sua specialissima guida. Osservando incantati le cinquantadue opere che scandiscono il romanzo, scoprendo la cifra stilistica di un artista, commovendosi davanti all’ineffabile spettacolo di un Leonardo o di un Degas, di un Botticelli o di un’installazione di Marina Abramovic, nonno e nipote compiono un viaggio nel mistero della bellezza, nell’enigmatica capacità dell’arte di mettere a nudo l’animo umano, che cambierà la vita di entrambi. E insieme anche la nostra.
Con Gli occhi di Monna Lisa (Longanesi), Schlesser crea una storia nuova, dove si muovono soprattutto una bambina di dieci anni e suo nonno. E lo fanno per le sale dei musei di Parigi, tra i più importanti al mondo.
Dopo che la giovanissima protagonista, Lisa, viene colpita da una cecità transitoria, il presente e il futuro non le appaiono più allo stesso modo. Il trauma psicologico è evidente, e i suoi genitori cercano una risposta rivolgendosi, come comprensibile, ai medici.
Il padre, Paul, è piuttosto smarrito, preso com’è dalla preoccupazione per gli affari del suo negozio di robivecchi, che rischia il fallimento e che lo ha portato a stordirsi con l’alcol. La madre, Camille, vorrebbe garantire a Lisa una certa serenità, ma non sa come ritrovarla, e allora fa di tutto per celarle le sue ansie, non riuscendoci appieno. Il nonno, Henry, invece, ha un’idea che non sarà forse la soluzione, ma offre un conforto immediato: anziché accompagnare la nipotina da uno psichiatra, come gli è stato richiesto, ogni mercoledì pomeriggio la porta in un museo, a cominciare dal Louvre.
Il suo obiettivo non è quello di compiere un veloce giro per le sale, come fanno tanti turisti; al contrario, ogni settimana sceglie una sola opera, per qualche verso paradigmatica (non necessariamente solo di artisti rinomati). Dapprima i due osservano, in silenzio, e questo è il momento in cui noi lettori troviamo la descrizione del quadro in un paragrafo in corsivo (a cui è sempre suggestivo accompagnare la visione della riproduzione del quadro). Quindi la piccola Lisa pone domande a dir poco argute a suo nonno, dimostrando un «appetito […] già di per sé prodigioso» (p. 69), che supera di gran lunga l’ingenuità che potremmo aspettarci da parte di una decenne. È proprio Lisa, ad esempio, a porre domande sull’ingaggio di un artista o a collegare arditamente quadri visti in sessioni diverse, offrendo al suo amatissimo nonno soprannominato “Dedé” l’occasione per approfondire questo o quell’aspetto.
E lui più volte si chiederà: «come poteva essere tanto fortunato da avere una nipote così straordinaria?» (p. 204). Al di là della commozione, Henry approfitterà delle domande di Lisa per ampliare la riflessione: oltre al quadro in sé, ricorrono riflessioni socio-culturali e storiche sul periodo in cui sono vissuti gli artisti, agganci letterari e rimandi metapittorici, di grande aiuto per mostrarci come esplorare l’arte sia anzitutto immergersi in un contesto. Ma anche evadere dal nostro presente, interrogando il passato, altri problemi, altre donne e altri uomini. Sentendosi meno soli. Perché «dipingere era prima di tutto un atto d’amore» (ibidem).
Avanziamo così tra i capitoli, che testimoniano a loro volta questa duplice matrice saggistica e romanzesca: infatti, sono intitolati a un artista e nel sottotitolo si legge in corsivo un concetto che andrà a chiarirsi via via nella narrazione (ad esempio, il capitolo 26 è intitolato a Claude Monet e sotto leggiamo: Tutto scorre).
L’inizio e la fine dei capitoli sono solitamente occupati dalle vicende famigliari di Lisa, nonché dagli spostamenti di nonno e nipote, dalle piccole e tenere incursioni di Lisa nel negozio antiquario di papà Paul, dalle visite o dalle giornate scolastiche. Al centro dei capitoli spicca il viaggio nella nuova opera artistica.
Questo fa sì che il ritmo di Gli occhi di Monna Lisa risponda all’imperativo di nonno Henry, ovvero a quello di prendersi del tempo per la bellezza, provare prima a guardarla e poi a riflettervi; quindi si torna alla vita, al movimento, alle azioni, agli eventi che non possiamo controllare. E non sorprende, dunque, che Gli occhi di Monna Lisa sia un caso editoriale globale, tradotto in venti paesi prima ancora della sua uscita in Francia: sì, perché dona serenità a chi la legge.
Nell’indagine artistica, piena di curiosità su artisti e opere, troviamo una quieta ammirazione per chi ha saputo trasfigurare la vita, bloccarla in un quadro, eternarla. E accanto a questo filone, seguiamo con tenerezza le vicende famigliari di una piccola e talentosa decenne alle prese con la vertigine di una paura che si può forse imparare a contenere solo col tempo.
Thomas Schlesser è uno storico dell’arte e direttore della fondazione Hartung-Bergman, la cui missione è assicurare la conservazione e la valorizzazione di opere, archivi e patrimonio architettonico. Docente all’École polytechnique, è autore di biografie di pittori e artisti.
Gli occhi di Monna Lisa è stato un caso editoriale globale, con diritti venduti in tutto il pianeta e tradotto in oltre venti paesi prima ancora della pubblicazione in Francia.
Tratto da: IlLibraio.it
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