Il mondo si può considerare, fra l'altro, un'immensa biblioteca. È possibile che qualcuno oggi abbia pensato sul serio di catalogare, riprodurre e rendere disponibile al pubblico l'intera memoria dell'umanità contenuta in tutti i libri del mondo? Ancora no, ma qualcuno ha avuto un'idea che si ispira a tale utopia. Il 14 dicembre dello scorso anno Google ha, infatti, reso noto un accordo per la digitalizzazione di circa 15 milioni di volumi. Il fatto che oggi la tecnologia renda possibile un simile progetto è in sé molto positivo. Tuttavia rimangono perplessità serie da affrontare con attenzione e intelligenza. Attualmente l'operazione ha subìto una battuta di arresto a causa di importanti problemi di natura legale.
del 15 settembre 2005
Lo scrittore argentino Jorge Louis Borges nel racconto La Biblioteca di Babele (1941) paragonava l’universo a un’immensa biblioteca; tutti sono attratti dal numero indefinito delle sue gallerie e trascorrono la vita a esplorarle, senza però mai venirne a capo: non si trovano né i confini estremi né i libri che si cercano: «La Biblioteca è una sfera il cui centro esatto è qualsiasi esagono, e la cui circonferenza è inaccessibile». Ecco la domanda: è possibile che qualcuno abbia pensato sul serio di catalogare, riprodurre e rendere disponibile al pubblico l’intera memoria dell’umanità contenuta in tutti i libri del mondo? Forse no, ma qualcuno ha avuto un’idea che, sebbene sia più realistica, si ispira comunque a quell’utopia.
 
Un progetto ambizioso
 
L’immagine di Borges è affascinante e viene spontanea alla mente quando si pensa che il più consultato motore di ricerca presente in internet, cioè Google(1), il 14 dicembre scorso ha reso noto un accordo per la digitalizzazione(2) di circa 15 milioni di volumi. Ciò significa che le intere collezioni della Stanford University (8 milioni di volumi), della University of Michigan (7 milioni di volumi), oltre a collezioni di documenti della New York Public Library(3), a testi dell’Ottocento di Oxford e a 40.000 volumi di Harvard, per un totale di circa 4,5 miliardi di pagine saranno trasferiti dalla carta su supporto informatico e poi resi accessibili gratuitamente attraverso la Rete. A questi vanno aggiunti i libri che gli stessi editori mettono a disposizione direttamente. Ovviamente, saranno consultabili integralmente soltanto quelli che non sono coperti da diritto di autore; degli altri è prevista la digitalizzazione integrale per attivare ricerche al loro interno, ma non la piena disponibilità per l’utente. Il lettore che desiderasse acquistare il volume consultato potrà farlo proprio dalla pagina di accesso alla lettura.
 
Concretamente ciò significa che tutta la ricchezza di questo sapere potrà essere consultabile da casa propria in qualunque parte del mondo. Mary Sue Coleman, rettore dell’University of Michigan, ha dichiarato che permettere l’accesso universale al sapere mediante i tesori della biblioteca è una delle missioni importanti di una grande università(4). Il progetto non è privo di fascino e ricorda da vicino l’utopia di poter raccogliere e schedare tutto il sapere prodotto dall’umanità, rendendo possibile al suo interno ricerche e studi. Il nome di questo progetto è Google Print(5), disponile all’accesso in una versione dimostrativa dal giugno scorso. La ricerca è realizzata sull’integrità dei testi già inseriti e così permette di visualizzare l’elenco dei libri che contengono le parole-chiave ricercate. Un esempio: digitando il titolo della nostra rivista tra virgolette (“La Civiltà Cattolica”) si scopre che sono stati inseriti già oltre 200 libri che la citano. Non è poco, se consideriamo che il numero di volumi digitalizzati al momento è molto ridotto. Di ogni volume possiamo leggere le pagine disponibili e visualizzare il luogo esatto del testo nel quale ricorre la citazione della parola o dell’espressione che stiamo cercando. Possiamo però vederne anche la copertina, scorrerne l’indice ed, eventualmente, effettuare una nuova ricerca all’interno dell’opera scelta. Se essa è soggetta a diritti di autore, Google Print propone la consultazione di poche pagine soltanto (ma anche altre parti come l’indice o la bibliografia o la presentazione, a seconda degli accordi editoriali), mentre i testi di pubblico dominio sono proposti integralmente. L’utente dispone di link verso i siti partner del progetto, cioè librerie che vendono i libri via internet e propongono l’acquisto del volume cartaceo(6). È possibile poi, sempre dalla stessa pagina, proseguire nella ricerca per avere informazioni sul libro in questione: giudizi critici e citazioni del medesimo presenti in tutta la Rete.
 
In realtà quello di Google non è un progetto del tutto nuovo. Già la libreria virtuale Amazon, col suo motore di ricerca A9(7), sin dall’ottobre 2003 offre un servizio molto interessante. Essa infatti ha varato il programma «Inside the book» (Dentro il libro), al quale hanno aderito numerosi editori. Grazie a questo accordo Amazon ha acquisito molti volumi (nel momento della messa in Rete erano 120.000 di 190 editori) in formato digitale. Quando un acquirente cerca un libro pubblicato da un editore che ha sottoscritto il programma, egli è in grado di vederne non solo copertina, indici, sommario ed estratti, ma persino statistiche e concordanze. Ciò significa che è possibile leggere e ricercare nel testo le 100 parole usate più di frequente nell’intero libro e visualizzare l’intera pagina nella quale esse appaiono. Non solo: è possibile anche conoscere le statistiche di leggibilità, di complessità del linguaggio, oltre al numero di caratteri, parole, frasi e altro ancora. Il servizio offerto è decisamente orientato alla vendita e riguarda soltanto libri coperti da diritti. Tuttavia, grazie al motore A9, facendo una ricerca tra i libri, non ci vengono indicati soltanto i volumi che corrispondono ai termini della ricerca per campi come autore e titolo, ma anche quelli che contengono nel testo la frase o la parola che interessa. Nel risultato della ricerca troviamo l’indicazione delle pagine in cui il termine ricorre e un breve estratto del contesto (indicato come KWIC, keyword in context, cioè «parola chiave nel contesto»). Quando si clicca sul link attivo, sopra la KWIC appare l’immagine della pagina del libro vero e proprio, dove viene messa in evidenza la parola che cerchiamo. Un’ulteriore opzione consente di visionare anche le due pagine precedenti e successive a quella originale in modo da ricostruire il contesto della citazione.
 
Un’altra iniziativa abbastanza significativa è il Million Book Project(8), curato presso la Carnegie Mellon University di Pittsburg (USA), che si propone di mettere a disposizione un milione di volumi entro il 2005. Tuttavia Google Print si rivela unico per le sue dimensioni mastodontiche. Il suo obiettivo culturale utopico è quello di dar vita a un gigantesco catalogo bibliografico in rete e di aiutare i lettori e gli studiosi a conoscere quali siano i libri nei quali si parla delle cose che a loro interessano o che intendono approfondire. In tal modo anche libri editi da piccoli editori in qualunque nazione del mondo potrebbero essere conosciuti e messi a disposizione di tutti per la consultazione, ma anche per l’acquisto. Il capitale culturale dei libri inseriti sarebbe come un unico grande testo sul quale effettuare ricerche, nello stesso modo in cui ciò avviene in internet. Google Print fornisce a ogni biblioteca partner copia digitale dei libri acquisiti, in accordo con le leggi in vigore nei vari Paesi, e in tal modo permette ad esse di costituire un archivio digitale interno completo. Il costo stimato dell’operazione è tra i 150 e i 200 milioni di dollari. Quali le reazioni a quest’operazione? Il sogno enciclopedico di Diderot e d’Alembert si è trasferito in California?
 
Perplessità e nodi critici
 
Jean-Noël Jeanneney, presidente della Bibliothèque Nationale de France (BNF) e del consorzio Europartenaires, in alcuni suoi interventi su Le Monde si è schierato radicalmente contro questo progetto con parole di fuoco. Egli vede in tale operazione una forma di egemonia culturale statunitense sulla cultura mondiale. Infatti questa biblioteca accessibile da qualunque parte del mondo conterrà una percentuale molto elevata di testi di lingua e cultura inglese, e dunque contribuirebbe a una omologazione pericolosa(9).
 
Jeanneney ha trovato valido appoggio nel presidente Chirac, che ha incaricato la BNF di occuparsi della questione, sondando a livello europeo la possibilità di eventuali collaborazioni per istituire un progetto che supporti la cultura del Vecchio Continente. Il primo passo tutto francese è stao il rilancio di Gallica (http://gallica.bnf.fr), la versione digitale della BNF(10). Il secondo è il recentissimo lancio dell’ampio progetto franco-tedesco Quaero, che sarà pilotato dall’Agence pour l’Innovation Industrielle. Al momento l’archivio è però limitato a circa 70.000 titoli, oltre a 80.000 immagini e 500 documenti sonori consultabili gratuitamente.
 
In realtà le accuse sono volate non solo da una parte dell’oceano, ma anche dall’altra. Peter Givler, direttore dell’American University Press, organizzazione che rappresenta 125 editori no profit di riviste e libri scientifici, ha fatto notare il rischio che l’iniziativa possa compromettere seriamente il sistema della proprietà intellettuale regolato dal copyright. L’esito potrebbe essere la crisi irreversibile delle editrici no profit e accademiche. Il nodo consiste nell’ambiguità circa la salvaguardia dei diritti d’autore. La lettera interlocutoria, estesa e ponderata di Givler(11) è stata invece ripresa dalla stampa (anche italiana) come se fosse un attacco frontale. Il risultato è stato quello di aver rinfocolato la questione sul diritto d’autore(12). Il problema è serio, e alla fine ha provocato nel giugno scorso uno stop del progetto. La questione legale posta a Google Print dalla Association of American Publishers riguarda il fatto che la digitalizzazione viola il diritto d’autore, perché per acquisire i volumi è previsto un accordo con le biblioteche e non con gli editori, come invece dovrebbe essere. La conclusione della vertenza è che per almeno sei mesi, fino cioè al novembre 2005, l’acquisizione digitale dei testi delle Università di Harvard, di Stanford e del Michigan è stata bloccata, in attesa di un possibile accordo successivo. Resta attiva invece quella dei volumi della New York Public Library e della Oxford University, che hanno fornito un numero maggiore di testi non più coperti da copyright. Va avanti anche la politica di accordo diretto con gli editori, fino a questo momento esteso anche a Francia, Germania, Olanda, Spagna e Italia(13).
 
Una cosa perciò ci sembra chiara: avere a disposizione in qualunque luogo e in qualunque momento milioni di volumi, dai classici dell’antichità ai saggi contemporanei, è una risorsa di grandissimo valore per lo studio e la ricerca. Qualunque ragionamento negativo sulla necessità di affinare i criteri di selezione delle letture e sulla eccessiva facilità di reperimento dei materali non può risultare vincente. Il sapere, per essere patrimonio comune e accessibile, va messo a disposizione nei modi più adeguati. A volte si perdono ore per ottenere un libro in biblioteche affollate, sempre che sia disponibile. Per fare ricerca potrebbe anche essere necessario fare lunghe e costose trasferte. Il fatto che oggi la tecnologia renda possibile un progetto come quello ideato da Google Print è un fatto in sé positivo. Ciò però non significa che non ci siano perplessità serie da affrontare con attenzione e scrupolo, come abbiamo già accennato. Riassumiamo, dunque, i nodi critici.
 
Egemonia culturale?
 
Il primo è costituito da una preoccupazione di carattere culturale. Google Print intende immettere in rete 15 milioni di libri. Il numero è elevatissimo, ma esso è soltanto una piccola parte dei libri pubblicati dall’invenzione della stampa a oggi. Concretamente l’iniziativa attinge le sue risorse principali da biblioteche inglesi e statunitensi: non dunque da risorse scritte nella sola lingua inglese, ma, certo, da risorse selezionate da istituzioni culturali anglo-americane. Si prospetta un’egemonia culturale? Quale il migliore atteggiamento possibile? Fare ostruzionismo netto significa, crediamo, non raccogliere la sfida. Google Print sta lentamente diventando una realtà davanti alla quale non si può rimanere indifferenti. Essa coinvolgerà anche molti editori al di fuori del mondo anglosassone. Crediamo dunque che gli sforzi dovrebbero essere indirizzati verso iniziative nuove e appetibili, capaci di produrre alternative interessanti. In Europa il processo è stato avviato. In particolare, 19 biblioteche nazionali europee hanno firmato un appello collettivo per promuovere una digitalizzazione larga e organizzata delle opere appartenenti al patrimonio europeo. Un primo abbozzo del progetto è The European Library, un portale che consente l’accesso ai cataloghi e ai testi digitalizzati di 43 biblioteche nazionali(14).
 
Un altro progetto significativo, finanziato dall’Unione Europea e già attivo dal gennaio 2004, è il Building Resources for Integrated Cultural Knowledge Services (BRICKS, che in inglese significa «mattoni»)(15), che dovrebbe essere completato nel 2007. L’obiettivo è molto interessante e impegnativo: costruire una memoria digitale europea condivisa attraverso il collegamento fra tutti i database delle organizzazioni aderenti(16). La differenza tra Google Print e Bricks al momento è che il primo dà accesso a testi, il secondo a risorse di vario tipo, permettendo l’accesso virtuale (anche a pagamento: l’iniziativa ha anche un aspetto commerciale) ai luoghi (musei, biblioteche, istituti…) che custodiscono le risorse. Stanno nascendo anche varie iniziative a carattere nazionale.
 
Tra quelle italiane, ricordiamo il «Progetto Manuzio» dell’associazione Liber Liber, che ha già messo in rete a lettura gratuita centinaia di libri in formato testo(17). La maggiore, a livello pubblico, è stata varata nell’ambito della III Conferenza nazionale delle biblioteche (2001), quando è stato ufficialmente dato il via al progetto denominato Biblioteca Digitale Italiana (BDI). Nello stesso anno è stato istituito un Comitato guida presieduto dal professor Tullio Gregory e composto da esperti del mondo bibliotecario statale e regionale, del mondo archivistico e museale, dell’Università e della ricerca per definire alcune linee guida. Ha così avuto avvio l’ideazione del Portale della Biblioteca Digitale Italiana e del Network Turistico Culturale(18). Esso propone un sistema di accesso integrato alle risorse digitali e tradizionali di biblioteche, archivi e altre istituzioni culturali italiane. Il portale offre la possibilità di avviare una ricerca, accedendo sia alle informazioni bibliografiche sia ai contenuti digitali provenienti da diverse sorgenti informative. Il progetto è stato promosso dalla Direzione Generale per i Beni Librari e gli Istituti Culturali(19) del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e realizzato dall’Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche(20), che abbiamo già precedentemente citato. L’Istituto ha gestito il progetto, coordinato i vari partner, implementato le nuove funzionalità e integrato i servizi del portale con quelli già attivi nel proprio sito. Il primo progetto ad essere stato avviato nell’ambito della BDI è la scansione in formato immagine dei cataloghi delle biblioteche pubbliche italiane. Sono stati inoltre finanziati progetti riguardanti il patrimonio musicale, conservato presso biblioteche pubbliche statali e conservatori di musica, e la digitalizzazione delle pubblicazioni periodiche di particolare valore storico e culturale. L’Italia, tra il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha stanziato circa 80 milioni di euro per iniziative che riguardano la digitalizzazione dei testi e i libri elettronici, la costruzione delle infrastrutture necessarie e la formazione professionale. Per l’uso effettivo di questi fondi si attende un accordo, che pare imminente, tra i due Ministeri e l’Associazione Italiana Editori (AIE)(21).
 
Altri nodi
 
I responsabili del progetto Google Print, stando alle loro dichiarazioni, non hanno mai considerato le iniziative parallele come concorrenti, ma come sinergiche all’interno di uno sforzo comune per la memorizzazione digitale del patrimonio librario dell’umanità. Questo fair play, in realtà, sembra non risolvere la situazione né pacificare gli animi, perché le iniziative parallele hanno risorse economiche decisamente limitate, incapaci dunque al momento di garantire una collaborazione paritetica.
 
Il secondo nodo critico consiste nella natura commerciale dell’operazione californiana. Anche se la consultazione di Google Print è del tutto gratuita, il progetto è legato a un’azienda che lavora ovviamente a scopo di lucro: i due studenti fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin, hanno creato un gruppo che in borsa vale miliardi di dollari. Ciò non deve scandalizzare, ma deve comunque far riflettere: il capitale scientifico dell’umanità sarebbe nelle mani di un soggetto privato, che può gestirlo con i criteri selettivi, nella visibilità e nella pubblicità, che ritiene più opportuni e convenienti rispetto ai propri obiettivi.
 
Il terzo nodo critico è legato al supporto elettronico. Esso, per quanto sofisticato, è «fragile» e non ha durata secolare. A questo si aggiunga che il testo elettronico consiste in un codice che va interpretato da un programma. Nel mondo dell’informatica si sa che i programmi si evolvono rapidamente e, già dopo un decennio, può accadere che la versione successiva di un programma non sia più in grado di decodificare una versione di molto precedente in modo del tutto corretto, nonostante l’esistenza di filtri e convertitori. Google Print dunque, come tutte le biblioteche virtuali del resto, deve porsi seriamente il problema dell’aggiornamento dei formati digitali da utilizzare perché gli utenti potrebbero un giorno non essere più in grado di leggere le opere.
 
Un problema ulteriore è connesso alla tecnologia della digitalizzazione dei testi. Se non ci si accontenta del formato immagine della pagina e si intende rendere le pagine disponibili in formato testo, perché possa essere possibile effettuare ricerche al suo interno, allora è necessario acquisire i testi tramite scanner ottico. Questo processo non è mai esente da errori: richiede infatti un controllo attento. Nel caso che l’acquisizione non fosse di elevatissima qualità e il controllo non fosse scrupoloso, il rischio sarebbe di avere testi digitali non conformi agli originali. Si riproporrebbe, paradossalmente, il problema degli amanuensi medievali che ricopiavano i testi introducendo errori e modifiche rispetto agli originali.
 
Un quinto nodo consiste nel timore che l’operazione finisca per incidere negativamente sull’editoria no profit o accademica a causa delle ambiguità sul diritto di autore. Google Print ha assicurato alcune condizioni di sicurezza per i libri coperti da diritti: ad esempio, non si potrà stampare il volume, non si potrà visionare che una percentuale dell’opera alla volta, anche se essa è presente interamente nei server di Google, e le ricerche sono effettuate all’interno di tutte le sue pagine. Inoltre le case editrici riceveranno una parte degli introiti pubblicitari, oltre ad avere una nuova visibilità per i loro libri, che potranno essere acquistati direttamente attraverso la pagina di ricerca di Google Print. Se il libro è uscito dalla distribuzione, il sistema indirizza l’utente che vuole acquistarlo verso le librerie che vendono on line libri usati.
 
Il progetto dunque è quello di costruire un’unica grande realtà che fondi insieme biblioteca, libreria e bottega del libro usato o difficilmente reperibile. Sarà una nuova forma di promozione e diffusione del libro? Riteniamo di sì, anche se questo aprirà un altro problema: la sopravvivenza delle normali librerie, schiacciate sempre di più tra le grandi catene librarie e le librerie in Rete(22). Non solo: le librerie on line che appaiono nella pagina di Google Print sono solamente quelle partner del progetto. Resisteranno alla fine soltanto due o tre librerie, capaci di fornire l’intero pianeta? La fantasia galoppa. Non siamo ancora davanti a questi panorami. Fra l’altro, l’acquisto on line per mezzo di una carta di credito non è diffuso in tutto il mondo come lo è negli Stati Uniti. Tuttavia i rischi teorici non sono da sottovalutare per interpretare il presente in maniera lucida.
 
Considerando aspetti positivi e nodi critici, riteniamo che quella di Google Print sia una sfida da accogliere, ma in modo non ingenuo. Trincerarsi in un atteggiamento difensivo non serve né a comprendere l’evoluzione tecnologica e culturale in corso, né i bisogni ai quali essa risponde. L’opportunità di diffusione capillare del patrimonio librario che si apre davanti a lettori e ricercatori è decisamente affascinante. Tuttavia l’appello al senso critico è da tenere sempre desto per comprendere gli esiti di un progetto che in questi mesi sta compiendo i suoi primi passi. Dopo il prossimo novembre forse si capirà quale sarà l’esito della vertenza sui diritti d’autore e quindi il futuro del progetto. Per il momento un frutto positivo dell’allarme generato in Europa dai «neoamanuensi» californiani è però evidente: una spinta alla collaborazione tra gli Stati del Vecchio Continente in vista della possibilità di rendere fruibili universalmente, mediante tecnologie digitali, non solo l’immenso patrimonio culturale europeo, ma anche le sue grandi istituzioni culturali.
 
 
© La Civiltà Cattolica 2005 III 507-516          quaderno 3726
 
 
 
1 (http://www.google.com ). Il nome «Google» è creato sul sostantivo googol, una parola inesistente che il nipote del matematico E. Kasner inventò, quando il nonno gli chiese di trovare un nome per il numero 10 alla centesima potenza, cioè 1 seguito da 100 zeri. Lo slang statunitense ha già assunto il termine, facendolo diventare anche verbo (to google) col significato di «cercare informazioni su una persona o una cosa» (cfr R. CAGLIERO - C. SPALLINO, Dizionario di slang americano, Milano, Mondadori, 1999).
2 Le pagine dei volumi sono messe a disposizione non come testi (che sarebbero dunque disponibili per le funzioni di copia, incolla, modifica…), ma come immagini non modificabili, accessibili dunque in sola lettura.
 
3 La New York Public Library è al centro di un’altra interessante iniziativa, la quale mette a disposizione sul proprio sito web (http://www.nypl.org ) le versioni audio digitali di centinaia di volumi. Ciò significa che sarà possibile scaricare (gratis per i newyorkesi) i documenti audio e ascoltare la lettura di romanzi e saggi come si ascolta la musica mediante un lettore di musica digitale.
4 Cfr http://www.umich.edu/pres/about.html
5 Cfr http://print.google.com
6 Sarebbe possibile integrare un sistema simile a quello già collaudato per la musica. Infatti esistono siti (il più noto è iTunes Music Store della Apple, raggiungibile tramite il programma iTunes. Cfr http://www.apple.com/itunes) che permettono di scaricare legalmente file musicali digitali a basso costo. Ad esempio, iTunes Music Store, che usa una codifica a qualità molto alta, vende a 99 centesimi di euro i singoli brani e a 9, 99 euro gli album interi. Il costo di un normale CD è decisamente superiore, e questo ha permesso che i file «scaricati» da tale negozio virtuale ormai siano attualmente oltre 500 milioni. In tal modo il mercato pirata è scoraggiato e l’acquisto di musica porta buoni vantaggi alle case discografiche.
7 Cfr http://www.a9.com
8 Cfr http://www.archive.org/details/millionbooks
9 Cfr J.-N. JEANNENEY, Quand Google défie l’Europe. Plaidoyer pour un sursaut, Paris, Mille et une Nuits, 2005.
10 La stessa Biblioteca ha avviato un programma di digitalizzazione della stampa francese, che entro il 2009 dovrebbe rendere consultabili on line 22 testate dall’Ottocento ai giorni nostri.
11 La lettera è disponibile in http://aaupnet.org/aboutup/issues/0865_001.pdf
12 Cfr http://aaupnet.org/programs/annualmeeting/2005/2005pres.html
14 Cfr http://www.theeuropeanlibrary.org
15 Cfr http://www.brickscommunity.org
16 L’utente che si collegherà via web avrà a sua disposizione un sistema che permetterà non solo la ricerca di indici testuali, ma anche ricerche avanzate per profili semantici e per gestioni di diritti. Gli ideatori del progetto sono le società italiane Engineering e Metaware, la «Scuola Normale Superiore di Pisa», l’istituto tedesco Fraunhofer, la società austriaca ARC, oltre al Ministero per i Beni e le Attività Culturali italiano. Fra i partner dell’iniziativa si trovano il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), la Sovrintendenza per i Beni architettonici e il paesaggio e per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Firenze, Pistoia e Prato, la Galleria degli Uffizi, l’Archivum Secretum Vaticanum.
17 (Cfr http://www.liberliber.it ). Rinviamo il lettore interessato al nostro «Il libro e internet: le tecnologie digitali e il mondo dell’editoria», in Civ. Catt. 2000 I 28-41.
Per i progetti europei cfr http://www.infotoday.com/cilmag/nov00/raitt.htm
18 http://www.internetculturale.it
19 La Direzione ha l’obiettivo di tutelare e valorizzare il patrimonio librario nazionale attraverso le 46 Biblioteche statali, dovrebbe promuovere e sostenere la diffusione del libro e della cultura in Italia e all’estero, e vigilare sugli istituti culturali quali Accademie e Fondazioni. Essa cura inoltre la promozione della lettura e del libro all’interno del Paese e nell’ambito della comunità internazionale e l’incentivazione economico-finanziaria del settore.
20 L’Istituto per il Catalogo unico, referente tecnico-scientifico della Direzione generale, istituzionalmente promuove e coordina l’attività di catalogazione e documentazione del patrimonio librario conservato nelle biblioteche pubbliche. In particolare, cura la realizzazione del Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN), rete informatizzata di servizi nazionali, alla quale sono collegate circa 2.300 biblioteche italiane per la creazione del catalogo collettivo nazionale on line gestito dall’Istituto per il Catalogo unico.
21 Sui diritti digitali in Italia cfr http://www.interlex.it/copyright/vigevano2.htm
22 Cfr A. SPADARO, «Il libro e internet…», cit.
ANTONIO SPADARO S.I.
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