Sono a tavola e squilla il telefono. √â Lisa: “Ero fuori di testa e me la sono presa con lei che, invece, si è messa a disposizione. Ho deciso di continuare la gravidanza...”. A queste parole, la mia rabbia si è sciolta come neve al sole.
Telefonata di questa mattina:
“Paola, è nata!”
La voce di Lisa è debole. L’ultima volta che ci siamo sentite, risale alle ventidue di ieri.
Era praticamente in sala-parto e aveva chiesto che mi chiamassero. E’ riuscita a dirmi che aveva tanto male, tantissimo male, e che non ce la faceva più.
“Forza Lisa! Facciamo che spingiamo insieme. Sono con te.”
Impossibile non ripensare alla nostra storia!
Ormai sette mesi fa, ero stata avvisata da Marina, un’amica comune che abita a Roma, che Lisa sarebbe venuta a Milano perché aveva assolutamente bisogno di parlare con qualcuno di noi del Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli.
Normalmente al sabato il Centro di Aiuto alla Vita resta chiuso ma le urgenze sono sempre accolte.
Do la mia disponibilità per le dieci e, cinque minuti prima, sono lì ad aspettarla.
I minuti passano e poi i quarti d’ora, inesorabilmente, e Lisa non compare.
Piuttosto seccata, alle undici, mi alzo per andarmene e Lisa si materializza sulla porta.
“Ho avuto un guasto alla macchina, c’era traffico, abito fuori Milano, …”
Non un chiedere scusa, non un saluto, …
“Stavo per andarmene ma, a questo punto, si accomodi.”
Non mi risulta simpatica. Ha tutta l’aria della ragazza viziata a cui ogni cosa è permessa, anzi dovuta.
“La prego, mi racconti.”
É incinta. Non si sa esattamente di quanto.
Ha consultato un medico che le ha fornito una datazione e, subito il giorno dopo, un altro che le avrebbe calcolato una datazione che le rendeva impossibile l’interruzione della gravidanza stessa.
L’ascolto.
“Vogliamo rivedere insieme le motivazioni per cui questa data risulta così fondamentale?
Interrompere una gravidanza è davvero una cosa definitiva. Vogliamo rifletterci insieme?
E, intanto, mi vuole dire la data dell’ultima mestruazione?”
Mi si rivolge come aggredendomi:
“Mi hanno informato che lei non è un medico; e poi sono stanca di ripetere sempre le stesse cose.
Sono stata da due medici e hanno fatto solo confusione: referti assolutamente discordanti.
Ho bisogno, un assoluto bisogno, di fare un’ecografia che, con certezza inequivocabile, stabilisca questo benedetto tempo di gestazione.”
Mancava solo che mi dicesse: "la vuol capire sì o no?".
Provo un certo prurito pericoloso. La voglia di rimandarla al mittente è grande.
Tento di ripescare ciò che resta della mia pazienza:
"Forse non ho presentato il nostro servizio. Me ne scuso e lo faccio ora.
Siamo un’associazione di volontariato, non un despenser, che accoglie chiunque voglia riflettere con noi su una maternità difficile.
Offriamo la nostra consulenza professionale e aiuti materiali a seconda dei problemi portati.
A questo punto le chiederei se vuole usufruire del nostro servizio in questo senso, altrimenti vorrà dire che ci siamo conosciute e che basta così.”
Indispettita mi risponde che non ho ancora capito che la datazione della gravidanza è fondamentale per individuare la paternità di questo piccolo bimbo.
Il figlio potrà nascere solo se risulterà di uno dei due uomini con cui lei ha avuto rapporti.
Infatti con l’uno non vuole continuare la relazione, mentre con l’altro, da poco conosciuto, potrebbe essere possibile.
“Ho ben compreso – soggiungo duramente – lei ci vuole usare per la nostra collocazione in ospedale. Cerchiamo un medico che le possa fare questa benedetta ecografia.”
Trovata la persona giusta a cui affidarla, la saluto con una certa freddezza.
A tratti, in quella giornata, mi ritornava alla mente la sgradevole situazione vissuta e cercavo di fare spallucce.
Sono a tavola e squilla il telefono.
É Lisa: “Mi voglio scusare per il mio comportamento. Ero fuori di testa e me la sono presa con lei che, invece, si è messa a disposizione.
Ho deciso di continuare la gravidanza.”
A queste parole, la mia rabbia si è sciolta come neve al sole.
Rinfrancata, rispondo:
“Sono contenta. Lei ha il mio numero di telefono e se volesse incontrarmi ancora, ma per un colloquio professionale, può contattarmi.
Tanti auguri!”
Da allora ci siamo sentite e viste, varie volte.
Lisa conosce molte lingue (fa la traduttrice anche a congressi di diverso tipo) e ha inventato un progetto per fondare una cooperativa di servizi per le persone non italiane che avessero bisogno di traduzioni.
Tutto sarebbe gratuito per gli utenti del Centro di Aiuto alla Vita.
Inventare, progettare, è piuttosto facile, poi la realtà ti mette con i piedi per terra e, così, il progetto di Lisa per ora, è rimasto tale.
Ha lavorato fino a venti giorni fa nonostante la gravidanza avanzata e si è fatta passare un po’ dei grilli che aveva per la testa.
Abbiamo curato la relazione con il padre del bambino, rivelatosi poi una bambina, e, abbastanza faticosamente, questo loro rapporto è andato rinforzandosi.
Si è riavvicinata alla sua famiglia proprio anche in previsione di una certa stabilità necessaria per crescere bene la sua piccola.
“Ti ho preparato un bellissimo corredino per Silvia. Vogliamo che sia elegante!”
Così Lisa viene a ritirare il suo scatolone e a prendersi un grande abbraccio pieno di affetto e di voti ben auguranti.
Ora Silvia è nata, kg. 4,350. E, per una volta ancora, mi sento di voler ringraziare la Vita.
Paola Bonzi
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