Le vocazioni sono doni speciali che rendono partecipi coloro che ne sono destinatari della santità divina. Ma non servono grandi imprese per partecipare alla bellezza della santità ne' bisogna aspettare una chiamata particolare. Basta vivere con un cuore puro, semplice e fedele l'esperienza della preghiera e non aver paura di “volare alto”, affidandosi a chi quella chiamata l'ha avuta e può diventare il nostro “istruttore di volo”.
da Teologo Borèl
Tutti noi abbiamo le ali
È davvero un tema affascinante il poter riscoprire e gustare che tutte le nostre vite sono chiamate a vivere la Santità.
C’è un testo molto bello di un “negro spiritual” che, con una immagine plastica e suggestiva, esprime immediatamente questa chiamata di ciascuno e questa straordinaria opportunità che ci è donata:
Io ho le ali, tu hai le ali, tutti i figli di Dio hanno le ali,/quando arriverò in Cielo mi metterò le mie ali,/me ne andrò volando per tutto il Cielo di Dio./Cielo, Cielo, me ne andrò volando per tutto il Cielo di Dio.
“Tutti i figli di Dio hanno le ali”…; tutti noi abbiamo le ali per volare in cielo e siamo chiamati ad un volo maestoso, come l’aquila reale che vola alta nel cielo.
L’aquila riesce a vincere i venti e le correnti dell’alta quota e sfida i rischi del volo alto.
L’aquila é capace di guardare le cose dall’alto e di vederle con nitidezza, perché la sua vista è acutissima.
L’aquila pone il suo nido negli anfratti delle rocce: un nido sicuro e ben protetto, contro tutto e contro tutti.
L’aquila è l’unica capace di guardare il sole e di volare verso di esso, senza rimanerne accecata: è quanto racconta, nella sua stupenda parabola, Leonardo da Vinci.
…ma non sempre riusciamo a volare
Ma noi non riusciamo a volare: siamo come aquile con le ali di piombo. Siamo stanchi e sfiniti, troppo attaccati alle nostre piccole cose da fare, ai nostri interessi, ai nostri idoli di cartapesta.
E il nostro cuore diviene piccolo e raggrinzito, non guarda verso l’orizzonte, non cerca il sole.
La stanchezza, la noia della vita, il senso della inutilità, l’egoismo delle cose da avere e da possedere, perché altri posseggono più di noi: questa è la pesantezza del cuore che non ci permette di librarci in volo verso la Santità.
Unirsi a Dio per vivere la Santità
Nella udienza generale del 6 aprile 2011, Papa Benedetto XVI° afferma:
“In questi ultimi due anni abbiamo imparato a conoscere i Santi più da vicino e a capire che tutta la storia della Chiesa è segnata da questi uomini e donne che con la loro fede, con la loro carità, con la loro vita sono stati dei fari per tante generazioni e lo sono anche per noi. I Santi hanno lasciato che Cristo afferrasse così pienamente la loro vita da poter affermare con san Paolo "Non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20).”
Che cosa vuol dire essere santi? Chi è chiamato ad essere santo? Spesso si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi eletti. San Paolo, invece, parla del grande disegno di Dio e afferma: "In Gesù Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità" (Ef 1,4).
E parla di tutti noi.
La santità, la bellezza e la gioia della vita cristiana non consistono nel compiere imprese straordinarie ma nell’unirsi a Gesù, nel vivere con Lui e come Lui, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti.
Sant’Agostino affermava: "Viva sarà la mia vita tutta piena di Te" (Confessioni, 10,28).
Intraprendere il cammino verso la Santità significa sentirci un popolo in cammino, che ritrova il senso della sua ricerca; un popolo che sente che Qualcuno ha compassione di lui e lo considera per come veramente è: folle stanche e sfinite, che hanno bisogno di essere curate, guarite, consolate.
…e affidarsi agli “istruttori di volo”
Abbiamo bisogno, allora, di istruttori di volo; di chiamati che dicono Sì all’Amore.
Abbiamo bisogno di tornare ad apprezzare, nelle comunità cristiane, tutte le Vocazioni, e in particolare quelle che donano radicalmente la propria esistenza nel seguire Gesù: come i Dodici discepoli che, partendo dalla Galilea, si sono messi con Lui non per fare un’altra scuola rabbinica, ma per andare a raccontare poi al mondo: “Siamo stati con Gesù, e Lui ci ha insegnato il modo più bello e più grande per vivere. Siamo stati con Lui, ha liberato le nostre ali dalla zavorra, dal piombo e da ogni paura e resistenza, e Lui ci ha insegnato a volare alti.”
Fra di loro c’erano pescatori, esattori delle tasse, rivoluzionari della lotta partigiana, e anche un traditore.
Certo, Giuda non é stato omesso dalla lista. Sarebbe stato troppo comodo! Il bene e il male convivono sempre. Anche Gesù ha sbagliato la sua scelta o forse ha sperato sino in fondo che Giuda tornasse da lui e gli dicesse: “Ho capito, Maestro, ho capito che mi vuoi bene; accettami con te, posso essere anch’io un buon discepolo”.
Giuda, in fondo, é molto più vicino a noi di quello che pensiamo; ha avuto paura di volare; ha avuto paura di rischiare; ha avuto paura che qualcuno gli dicesse: “Distogli i tuoi occhi dall’ombra, e guarda verso il sole e lì mi troverai.”
…con un cuore puro e semplice
La chiamata alla Santità passa per la via semplice e umile della preghiera. Non le grandi celebrazioni e neppure i grandi rituali, ma la preghiera quotidiana, vissuta nel contatto con i fatti e le persone di ogni giorno. Chi vive con cuore puro e semplice, ma fedele, l’esperienza della preghiera sente la propria vita dilatarsi, diventare più leggera e desiderosa di lasciarsi sollevare in alto, là dove le cose si vedono in maniera totalmente diversa.
Auguro a ciascuno di riscoprire la letizia e la pace profonda della propria via alla Santità, che coincide con la scoperta della propria personale Beatitudine, facendo nostre le parole di frère Roger Schutz:
“Tu che aspiri a vivere rischiosamente a causa del Vangelo e di Gesù Cristo,/ti chiederai ogni giorno che cosa significhi la sua parola:/‘Colui che vuol salvare la propria vita, la perderà’./Un giorno capirai il significato di quell’Assoluto…/Come giungere a capirlo?/Cerca, cerca e troverai”.
(da “Stupore di un amore” di frère Roger Schutz)
Nico Dal Molin
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