Per fare soldi. La bellezza, o il suo abuso, la sua distorsione, la sua chiamata in causa, sono usate al solo scopo di ottenere attenzione e da essa denaro.
di Marco Scicchitano, tratto da aleteia.org
Per fare soldi. La bellezza, o il suo abuso, la sua distorsione, la sua chiamata in causa, sono usate al solo scopo di ottenere attenzione e da essa denaro.
“Pulchrum autem dicatur id, cuius ipsa apprehensio placet”
La geniale operazione di #Gucci di nominare modella rappresentativa #Armine Harutyunyan ha ottenuto il risultato che probabilmente aveva: diffondere il marchio Gucci.
La reazione tipica è stata incredulità, scetticismo, sarcasmo veicolati dacondivisione della foto e commento, moltiplicando così la diffusione della notizia. A seguito di questa reazione immediata e diffusissima tanto da essere quasi unanime, la rete informativa mainstream si è mossa con perfetta sincronia dell’ingranaggio pubblicando infiniti articoli deprecatori rispetto alla reazione.
Dall’ “Armine, la modella di Gucci vittima di bodyshaming” di chedonna.it, al “Non siamo ancora pronti” di FanPage fino al “Bufera bodyshaming sulla modella di Gucci” i media hanno codificato la reazione incredula del pubblico come negativa, ottusa, offensiva.
Al mio sguardo il tutto appare un bel domino, sapientemente progettato conoscendo le dinamiche e gli ingranaggi del sistema e nello specifico il combinato disposto di due fattori che hanno moltiplicato esponenzialmente il numero delle condivisioni e discussioni: l’esposizione di un modello di bellezza che disattende le aspettative, e il politically correct che condanna il cosiddetto bodyshaming.
Dal mio punto di vista, se vogliamo dirla tutta, chi ha fatto primariamente del bodyshaming, è stata l’azienda Gucci, utilizzando la modella per ottenere reazioni. Ma l’azienda credo sia contenta e Armine anche. Similmente quanti hanno espresso i giudizi negativi sulla scelta hanno la loro buona dose autoconfermativa di quanto siano nel giusto confrontando il proprio giudizio con la reazione praticamente univoca che li accomuna alla maggioranza. Tutti contenti. O quasi.
In fin dei conti, qui, l’unica a pagare pegno è la bellezza. La bellezza bistrattata, utilizzata strumentalmente per far soldi, ammaliare e sedurre per mercificare ogni cosa; la bellezza depauperata, associata sempre più a strati istintivi dell’essere umano per evocare risposte istintive e rapide. La bellezza sciupata, utilizzata per provocare polemiche e reazioni, tirata tra soggettivo inconsistente e un oggettivo assolutizzante e ingabbiante.
La bellezza è ciò che suscita desiderio e attrazione. Più che chiederci cosa sia bello e cosa no, chiediamoci come viene usato e perché. Mercificazione. Soldi. A questo di riducono.
Ma io no.
Io sono un tuo devoto, bellezza e ti difenderò. E ora che sono qui nel mio studio clinico, penso che scenderò a prendere una piantina e cercherò di renderlo bello perché le persone ci si sentano ancora più comode e accolte. Prometto che migliorerò e avrò cura del mio aspetto anche perché le persone a cui sono legato provino gioia nel vedermi. Mi prodigherò a rendere interessanti i progetti che creo sperando per suscitino entusiasmo e motivazione nei ragazzi e nelle persone che voglio che stiano meglio. Ti vorrei vedere adornare i luoghi dove le persone vivono e rendere defaticanti le loro passeggiate. Vorrei tu fossi lì dove più si soffre a lenire il dolore, ad elevare lo sguardo e l’animo.
Io valorizzerò la tua forza usandola per aver cura di ciò che “inferno non è” e gli darò spazio
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