Siamo all'incrocio della Paragua e la Mutualista, due strade parecchio trafficate di Santa Cruz; la gente sta tornando... Ci avviciniamo e David lo riconosce, si chiama Luis Angel, 13 anni... Testimonianza di Leonardo Vivian, volontario in Bolivia.
Sono le 20.00.
Siamo all’incrocio della Paragua e la Mutualista, due strade parecchio trafficate di Santa Cruz; la gente sta tornando a casa dopo una settimana di lavoro. Con David, l’educatore incaricato del lavoro di “calle” parcheggiamo a lato di un supermercato. Solitamente è pieno di ragazzi e ragazze, ma oggi sembra che non ci sia nessuno. Una signora ci informa che è appena passata la polizia a fare “pulizia”.
Stiamo per andare quando vediamo in un angolo buio un ragazzo. Ci avviciniamo e David lo riconosce, si chiama Luis Angel, 13 anni. Sta li solo con la sua bottiglia di colla. Iniziamo a parlarci: “Hola, como estas?” (Ciao come stai?). Mentre parliamo iniziano a spuntare, un po’ alla volta, anche altri ragazzi. Arriva Lucio, Fernando, Bryan e Marco. Ci dicono che è passata la polizia ma che loro sono riusciti a scappare. Il lavoro di strada che facciamo consiste nel convincere i ragazzi a seguirci a Techo per lavarsi, mangiare e dormire in un letto. Convincerli e non obbligarli perché la scelta deve essere loro: loro devono prendere la decisione di provare a dare una svolta alla propria vita.
Angel sembra deciso a restare in strada, ma un po’ alla volta lo stiamo convincendo a venire a Techo. Alla fine sale in auto con noi, salutiamo gli altri ragazzi che nel frattempo sono raddoppiati e partiamo per far ritorno alla casa.
Una volta arrivati mi da i soldi che ha con se, frutto di uno o più giorni li lavaggio vetri ai semafori, perché glieli possa costudire. Gli cuciniamo la cena, e una volta lavato e cambiato si unisce agli altri ragazzi che stanno giocando a calcio, o guardando un film.
Oggi è sabato, uno dei giorni più attesi dai ragazzi, perché si va in piscina. Arrivo e mi metto in acqua, inizio a giocare scherzare quando a un certo punto sento una voce che mi chiama. Mi volto e vedo che è Angel. Quasi non lo riconosco! I suoi occhi hanno una luce diversa, la faccia triste e persa non c’è più, al suo posto c’è un gran sorriso, occhi vivi, c’è un bambino di 13 anni!
Adesso è mezzanotte, e sono solo in giardino della casa del volontario con il mio computer a scrivere queste quattro righe... E penso... Penso ai primi tre mesi passati qui a Santa Cruz, di quello che sto facendo e quello che ancora posso, devo fare. Guardando i “miei ragazzi” penso a quanto fortunati siamo tutti noi, ad avere una famiglia che ci ama, degli amici con cui condividere le gioie e i dolori.
Ogni sera prima di addormentarmi prego il Signore perché mi dia la forza andare avanti, di non fermarmi mai, anche quando sono stanco, vivere il mio sogno al massimo.
Mi piace credere che se anche la mia presenza qui non è indispensabile, comunque il mio essere qui per loro sarà utile! Quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano, ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno (Madre Teresa di Calcutta).
Un abrazo
Leo, o meglio conosciuto come Gringo J
PS: nella il ragazzo nella foto è Genaro, che secondo tutti è mio figlio vista la sua somiglianza! Mah J
Leonardo Vivian
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