Il Vangelo commentato dai giovani e dai salesiani. Prenditi un tempo di meditazione sulla Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 14,1-15,47
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:
“Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”.
Per restare in tema di “Palme”, il frutto della passione è un frutto particolare: una bacca tropicale, con una crosta esterna piuttosto dura e un centro succoso, aromatico e ricchissimo di semi. Il sapore è profumato e agrodolce. Teniamo a mente l’immagine di questo frutto: ci aiuterà a condensare la bellezza di questo brano del Vangelo di Marco. Siamo al termine del suo racconto: la Passione di Gesù.
A un primo sguardo è un racconto duro e resistente, come il frutto: si parla di morte, fallimento, sofferenza, tristezza. Se guardiamo la scorza del brano, è una storia tragica: non c’è l’happy ending. Marco ci racconta con semplicità, e quasi teatralità, un crescendo di dolore. Le tenebre sembrano aver vinto. Quante volte anche noi guardiamo alla crosta della nostra vita fermandoci a ciò che è buio, a ciò che non va. Ci pare che la nostra esistenza sia avvolta solo da destini avversi e da problemi: null’altro. «Come stai?» «Eh… è dura la vita…». Come se non bastasse, provare tristezza, dolore e fallimento è una cosa per noi inaccettabile: ci stanno insegnando che è sbagliato fallire, essere tristi e soffrire. Quindi facciamo di tutto per scappare, per negare tutte queste cose. Però, stiamo male… E se stiamo male, forse vuol dire che siamo fatti male? Che non meritiamo la felicità? Eppure Gesù non scappa. E non fa nemmeno la vittima! Va incontro a questa morte: la abbraccia. Ma come?
La crosta inizia a rompersi. Si inizia a intravedere il centro succoso. Si scorge il nucleo della vicenda di Gesù. A ben vedere, infatti, non è una storia di morte, ma di amore. Ci aiuta a capirlo l’inizio del brano: l’Ultima Cena. È la chiave di lettura di tutto il resto. Sì, perché le storie della Passione sono innanzitutto la storia del dono della vita di Gesù per noi. Fino alla fine. Fino alla morte: Prendete, questo è il mio corpo. Oggi, invece che stare con le braccia conserte durante la lettura di questo Vangelo, aspettando che finisca perché troppo lungo, prova a lasciarti incantare da questo Dio che ti ha amato talmente tanto da dare la vita per te. Ha trasformato il massimo del dolore nel massimo dell’amore. Come il frutto della passione è agrodolce e racchiude il succo in una scorza dura, così l’amore è a volte racchiuso da una superficie di dolore. L’amore è agrodolce. L’amore sa trasformare il dolore in dono. E il dolore purifica l’amore da tutto ciò che puzza di egoismo.
In queste pagine di Vangelo vediamo il volto più cristallino di Dio. Questa settimana che inizia è troppo preziosa per essere sciupata. Qui devo rompere il frutto della mia vita, a volte rivestita di tanto dolore, e cavarne fuori tutto l’amore possibile per il bene degli altri. Solo così i semi vengono fuori. Solo così si genera vita attorno a me e in me. Perfino in me! E l’amore circola. «Mi sto rispondendo che non ci possiamo fermare: amare, amare tutti, spaccarci il cuore per fare uscire il vero amore, quello nato dal dolore» (Servo di Dio Alberto Michelotti).
La settimana Santa è come fosse un’unica grande domanda fatta a Dio: qual è la Tua passione? Dio però non risponde il calcio, ascoltare musica, o leggere un buon libro… la Sua Passione sono le sue creature. E tu cristiano devi radicarti qui. Sapendoti amato a dismisura e tentando ogni volta di amare a dismisura: è questa la nostra salvezza. È dove il nostro frutto può crescere. Ed è il luogo dove scopriamo chi siamo. Chi sei tu che ti dici cristiano? «Io fiorisco sul sepolcro di Dio che è morto per me, affondo le mie radici nel terreno della sua carne e del suo sangue» (H.U. Von Balthasar).
Allora, solamente da qui ogni momento della mia vita sarà un morso a quel frutto d’amore, che sarà tanto dolce quanto acidulo per il dolore che porta con sé: ma poco importa! Quanti semi di vita potranno nascere! È questo il frutto della Passione di Gesù che oggi mi viene incontro. Allora, in cammino! Non come quelli che stendono i mantelli e inneggiano a Gesù, e dopo poche ore gli sputeranno addosso… in cammino come quel puledro in attesa che arrivi Gesù. E a quel punto, e solo a quel punto si incammina. Con Gesù sulla schiena. Andiamo a morire con Lui per il bene degli altri: vieni anche tu?
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