Il Segreto del cuore grande di Francesco

Perché il Papa è stato subito amato dalla gente? Da dove viene la sua connessione immediata con tutti? Sono le domande a cui risponde la giornalista Marie Duhamel nel suo libro fotografico “Papa Francesco”

Il Segreto del cuore grande di Francesco

del 15 dicembre 2016

 

Perché il Papa è stato subito amato dalla gente? Da dove viene la sua connessione immediata con tutti? Sono le domande a cui risponde la giornalista Marie Duhamel nel suo libro fotografico “Papa Francesco”

 

Amico fedele e professore esigente, pastore attento fin da giovanissimo ai piccoli e ai poveri, ma prima ancora alunno con ottime pagelle che in futuro allestirà biblioteche fornitissime. E, da sempre, tifoso di calcio. Jorge Mario Bergoglio è raccontato con decine di testimonianze e soprattutto con un ricco apparato fotografico dalla parigina Marie Duhamel, 35enne giornalista di Radio Vaticana da un decennio di stanza a Roma, in Papa Francesco, volume-cofanetto fresco di stampa per le Edizioni San Paolo. Un libro in cui le curiosità non mancano: dal certificato di Battesimo alle pagelle del primo Pontefice latinoamericano e gesuita. Svelato anche attraverso gli appunti dei tempi del seminario e la sua professione di fede come arcivescovo di Buenos Aires, tante lettere autografe e la tessera del San Lorenzo, la sua squadra del cuore.

Com’è nata l’idea di scrivere questo volume?

«Nel marzo 2013 ho seguito il conclave e l’elezione in diretta; quando Francesco si è affacciato alla loggia della basilica di San Pietro, sono rimasta sorpresa per la sua connessione immediata con la gente, confermata nei mesi successivi. Volevo capire perché questo Papa era stato amato subito, chi era e quale visione di Chiesa aveva, così sono andata in Argentina per intervistare una quarantina di persone che lo avevano conosciuto quando era studente, professore, poi vescovo e cardinale. Il libro è uscito lo scorso anno in francese, superando le 10 mila copie: nel mio Paese di origine c’è molto interesse, anche dei non credenti, nei confronti di Bergoglio, perché è ritenuto una figura morale che va al di là delle differenze. Poi sono uscite le traduzioni in inglese e spagnolo, e ora anche in italiano».

Quali scoperte ha fatto sul Santo Padre?

«Molte, in diversi campi. A scuola Jorge Mario riceveva sempre voti eccellenti in quasi tutte le materie, a qualsiasi età. Da bambino saliva e scendeva le scale per imparare le moltiplicazioni; dai Salesiani ha appreso le mnemotecniche, infatti ha una memoria eccezionale di nomi e volti, tanto da riconoscere tra la folla delle udienze generali persone che non vedeva da tanti anni. Quando è andato alle superiori, si dimostrava uno studente molto riservato però incredibilmente intelligente, che intuiva rapidamente anche i concetti più complessi; generoso fin da piccolo, faceva la lezione bis ai compagni che restavano indietro, portandoli a casa sua». 

E poi la passione per i libri…

«Li amava. Una volta il giovane Bergoglio è andato con altri amici in un outlet di libri per studenti, e ne è uscito con una montagna di copie fra le braccia. I compagni ricordano che era felice come se avesse vinto alla lotteria».

E il calcio?

«Con suo padre e la famiglia andavano a vedere la partita allo stadio; gli piaceva molto anche il basket. In Argentina è come in Italia: non puoi non essere “matto” per il calcio; il San Lorenzo era la squadra del suo quartiere». 

È diventato provinciale dei Gesuiti a soli 36 anni: che idea aveva della formazione?

«In quel periodo difficile, all’inizio della dittatura del generale Videla, ha dato una svolta alla Compagnia di Gesù, che ebbe un fiorire di vocazioni; padre Bergoglio era molto esigente e aveva una visione della chiamata molto alta, sempre concreta. Chiedeva agli studenti di occuparsi dei maiali, dei campi, dell’orto, come di seguire le parrocchie. Alla facoltà teologica di San Miguel ha creato la biblioteca più grande (e austera, non chic, nell’aspetto esteriore) di tutta l’Argentina; insisteva sull’insegnamento della cultura popolare e sull’inculturazione essenziale per l’evangelizzazione nelle villas miserias, dove mandava gli studenti tra il fango per fare catechismo. La domenica i bambini venivano invitati al convento di San Miguel per la Messa, a cui seguiva l’offerta del pranzo, preparato spesso da lui mentre loro erano in chiesa. Di solito si occupava anche del bucato e delle lavatrici, sempre attento al risparmio: spegneva le luci accese nel corridoio per evitare sprechi inutili di energia».

Tanti amici argentini sono venuti a trovarlo da quando è a Roma?

«Certo. Ho incontrato il medico di origine cinese, taoista, che gli faceva l’agopuntura: mi ha testimoniato che l’arcivescovo Bergoglio indossava sempre abiti molto consumati. Quando stava per nascere la sua primogenita, ha chiesto al futuro Papa di sceglierne il nome e lui ne aveva annotati alcuni in diversi bigliettini, alla fine l’ha chiamata Maria Guadalupe, in suo onore. Poi è venuto un giovane, che a Buenos Aires fabbrica calici per la Messa e conia le medaglie della Madonna che scioglie i nodi; credo che sia l’unica persona entrata in bermuda a Casa Santa Marta! Si vedevano per bere un tè o una cioccolata con i biscotti fatti dalle suore che ospitavano l’allora cardinale. E, da Papa, è rimasto in contatto con un pilota dell’Alitalia conosciuto in volo, che preferisce restare nell’anonimato». 

L’attenzione alla persona è una costante di Jorge Mario?

«Direi che attraversa come un filo rosso la sua vita. Come vescovo era disponibile a qualsiasi ora per i preti, a cui dava un numero diretto dove potevano chiamarlo per le urgenze, per esempio in caso di minacce di morte perché schierati contro i trafficanti di droga. Ogni volta che andava in una parrocchia per la visita pastorale, non mancava di passare dagli anziani nella casa di riposo vicina. Da sempre ha avuto a cuore le questioni di giustizia sociale, come la difesa dei cartoneros e dei lavoratori illegali. Inoltre era in prima linea per rafforzare i legami con ebrei, musulmani e protestanti: decise di metterli in seconda fila durante il Te Deum di fine anno, mentre prima erano in fondo alle chiese, convinto che la fraternità sia vettore di pace».

Cosa vorrebbe augurare al Papa per i suoi 80 anni?

«Quando gli ho mandato una lettera per annunciargli questo libro, mi ha risposto il giorno dopo scrivendo: “Faresti meglio a scrivere sui santi, però fallo”. Mi affascina la sua coerenza di vita e gli auguro di avere intorno a sé persone che lo aiutino nella sua difficile missione di riforma della Chiesa, secondo il Vangelo».

 

Paolo Rappellino

http://www.famigliacristiana.it/

 

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