01.01.03... Se ne va il Signor G. Ecco come ho conosciuto Gaber [...]
del 12 gennaio 2003
1992. Mi stavo preparando per un viaggio lungo in treno. Cosa prendo per passare il tempo? Un amico mi ha consigliato uno spettacolo di Gaber (Il Grigio). Preferisco la musica, gli dico. Pensavo fosse il solito comico banale che qualche volgarità e discorso a doppio senso. Accetto comunque. Fidarsi sempre degli amici!
Ho conosciuto Gaber così, un po’ per caso. Più di 10 anni fa. Da allora ho cominciato a seguirlo, a leggere con cura i suoi testi, a cercarlo in qualche spettacolo. Si è risvegliato quasi una passione “gaberiana”, un po’ inaspettata per uno come me che non ha mai seguito grossi personaggi dello spettacolo.
Quello che mi dava Gaber è stata una lettura profonda della realtà. Ascoltando, leggendo, sorridendo alla sua sorprendente capacità descrittiva, trovavo me stesso, quello che vivevo, la storia dei sentimenti umani, una capacità di introspezione che spesso sfuggiva anche alla mia stessa analisi.
Mi appassionava anche la sua lettura laica delle cose, che lasciava intravedere un anelito più profondo, quasi religioso, ma non di religione (come diceva lui)… poi però si fermava, non osava dare un nome a questa ricerca di senso, non andava oltre… pazienza!
Così Gaber mi ha accompagnato, come molti di noi, con le sue canzoni e i suoi monologhi (chi non ricorda L’Equazione, Il sogno in due tempi,…). Quando mi capitava di presentarlo ad un pubblico adulto mi sentivo spesso ribattere: “Non ci farai mica sentire una canzoncina anni ’60?”. Non sapevano che Gaber aveva abbandonato lo stile della canzoncina italiana per dedicarsi alla canzone-teatro. Aveva rifiutato la mercificazione massmediale della fluorescenza (la TV) per dedicarsi ad un più impegnato modo di espressione. Anche qui sta la grandezza di questo artista: cogliere con uno spirito critico sorprendente ciò che è banale e ciò che va difeso a tutti i costi, anche al costo della impopolarità. Il suo modo di accusare le piaghe e soprattutto la mediocrità delle vicende umane, dei sentimenti, della politica (destra o sinistra che sia!), dell’amore, di un filantropismo che mette a posto la coscienza e nulla più, non può che sorprenderci e ci fa dire: “Grazie Signor G del grande contributo che hai dato alle persone che si pongono delle domande intelligenti e non vogliono subire tutto passivamente!”.
Questa è la lezione che Gaber ci lascia… e chissà che da quel primo lungo viaggio ciascuno di noi possa arricchire la sua consapevolezza con una visione critica e matura della storia umana e civile.
dmt
“Avete mai visto le spalle di un uomo che cammina davanti a voi? Io le ho viste. Sono le spalle comuni di un uomo qualsiasi. Ma si prova una sensazione simile alla tenerezza. C'è tanta normalità umana. La fatica quotidiana del capofamiglia che va al lavoro. I piaceri di cui è fatta la sua precaria esistenza. Si, certo... tutto dentro la naturalezza di quelle spalle vestite. Quello che io ora provo per quell'uomo è una comprensione diretta, senza impegno, senza ideologie sociali. Attraverso quest'uomo li posso vedere tutti. Nessuno sa quello che fa, nessuno sa quello che vuole, nessuno sa quello che sa. Intelligenti, stupidi... che differenza c'è? Vecchi, giovani... certo, tutti della stessa età. Uomini, donne... che vuoi che conti?... Tentativi di persone che comunque... esistono. Si, quell'uomo è tutto. Bisognerebbe essere capaci di trovare... la consapevolezza e l'amore che dovrebbe avere un Dio che guarda”
Non c’è niente da fare. La matematica deve avere una sua estetica: x=2. Bello, la semplicità. Forse, per fare bene un’equazione è sufficiente avere delle buone basi. Ma per fare una storia d’amore vera e duratura è necessario essere capaci di scrostare quella vernice indelebile con cui abbiamo dipinto i nostri sentimenti. (da L’Equazione)
A questo punto mi sono svegliato di nuovo, mi basta così, non voglio sapere altro, spero solo che non sia un sogno ricorrente. Però una cosa l’ho capita: non che se uno chiede aiuto gli arriva una legnata sui denti… questo lo sapevo già! Ho capito quanto sia pieno di insidie il termine ‘aiutare’, c’è così tanta falsa coscienza se non addirittura esibizione nel volere a tutti i costi aiutare gli altri che se per caso mi capitasse di fare del bene a qualcuno mi sentirei più pulito se potessi dire: “non l’ho fatto apposta”; forse solo così tra la parola aiutare e la parola vivere… non ci sarebbe più nessuna differenza. (da Il sogno in due tempi)
Questo mondo è impazzito e non si può fermare, popolato dall’unico mito che è il potere. Popolato di gente che corre contro al tempo, e in questo enorme indaffarato niente non ha più scampo.Se ci fosse un uomo rinvigorito e forte, forte nel veder chiara e sorridente la sua oscura realtà del presente, se ci fosse un uomo forte di una tendenza senza nome, se non quella di umana elevazione forte come una vita che è in attesa di una rinascita improvvisa.Se ci fosse un uomo rigenerato e vero, vero nell’inseguire quel miraggio che è la visione di un mondo più saggio, vero nell’affrontare ciò cha ha intorno senza mai intaccare il suo equilibrio interno, vero nel custodire con impegno la parte più viva del suo sogno… se ci fosse un uomo.Allora si potrebbe immaginare un umanesimo nuovo con la speranza di veder morire questo nostro medioevo, col desiderio che in una terra sconosciuta ci sia di nuovo l’uomo al centro della vita.
Allora si potrebbe immaginare un neo rinascimento, un individuo tutto da inventare in continuo movimento con la certezza che in un futuro non lontano al centro della vita ci sia di nuovo l’uomo
Un uomo affascinato da uno spazio vuoto che va ancora popolato.
Popolato da corpi e da anime gioiose che entrano di slancio nel cuore delle cose, popolato di fervore e di gente innamorata, ma che crede nell’amore come una cosa concreta, popolato da un uomo che ha scelto il suo cammino senza gesti clamorosi per sentirsi qualcuno, popolato da chi vive senza alcuna ipocrisia, col rispetto di se stesso e della propria pulizia.
Uno spazio vuoto che va ancora popolato.
(da Se ci fosse un uomo)
don Matteo Favaro
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