Non è vero che Dio non parla e ci lascia soli ad arrabattarci alla bell'e meglio; Dio si prende cura e ci viene a visitare condivide con noi la vita dell'accampamento. Non è un villaggio turistico in cui possiamo stringere i denti per qualche mese e poi andare altrove dove c'è la vera vita...
del 23 dicembre 2005
 
Accampati siamo in questa terra. Crediamo di aver messo basi solide, di esserne i padroni, abbiamo qualche fazzoletto di terra, e ci abbarbichiamo come l’edera, ma tutto è provvisorio. A questa terra possiamo solo mettere tende confortevoli, con i canaletti x lo scorrere dell’acqua, come ci insegnano gli scout, in posti il più possibile sicuri. Ma chi è sicuro oggi dal terrorismo, dalla malvagità che aguzza ogni giorno fantasie malizie?
Ebbene tra queste tende ce n’è una nuova anche quest’anno: è arrivato uno straniero, arriva proprio da un altro mondo; è una tenda come la nostra ma diventa subito il centro di visite, di attacchi, di desideri e di improperi. La gente si divide subito in due: chi con lui, chi contro. Ha messo la sua tenda qui perché i suoi non l’hanno voluto. È Gesù. Il verbo si è fatto carne e abitò fra noi; quell’abitò alla lettera è “pose la sua tenda”. Venne ad abitare la nostra povertà. Non gli fanno paura le nostre intenzioni malvagie, sa che lo porteranno alla morte, ma spera che sicuramente questa morte sarà la risposta definitiva a chi lo vuol cancellare perché si trasformerà in risurrezione.
Lui è la parola, è la comunicazione di Dio. Non è vero che Dio non parla e ci lascia soli ad arrabattarci alla bell’e meglio; Dio si prende cura e ci viene a visitare condivide con noi la vita dell’accampamento. Non è un villaggio turistico in cui possiamo stringere i denti per qualche mese e poi andare altrove dove c’è la vera vita. No. La nostra vera vita prende forma in questa terra precisa, in quest’insieme di tensioni e problemi di gioie e dolori, e qui ci sta Dio; ci sta colui che tutti riteniamo responsabile dei nostri mali e viene a cercare di capire perché siamo così assetati di vita, e la vita è lui e non ci adattiamo alle pozzanghere. La felicità è lui e noi lo cerchiamo nello stordimento. La salvezza è lui e noi l’andiamo a mendicare agli oroscopi. Il natale presto supera i momenti emotivi per andare alla sostanza: belle le luci; buono il suono delle zampogne; ma la tenda, Dio, me la deve mettere nei miei giorni quotidiani, nelle relazioni che costruisco con parenti e amici, nello slancio della missione. I giovani potranno finalmente vedere che le nostre parrocchie sono abitabili proprio a partire dalla tenda di Gesù.
Sarebbero un segno di speranza, ma questa speranza dove la trovo?
mons. Domenico Sigalini
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