Si può scegliere fra tre personaggi: Modou (31 anni, senegalese), Katerina (40 anni, ucraina che ha lasciato i tre figli per lavorare in Italia) o Ahmed (23 anni, tunisino). Il gioco pone di fronte a bivi drammatici: mandare o non mandare soldi a casa? “Nei miei panni”, un videogioco creato dall'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali.
Prova a metterti nei panni di Modou: hai 31 anni, una laurea in tasca e tanta voglia di lavorare. Anche perché devi mantenere tua moglie e i tuoi figli rimasti in Senegal. Ma in tanti «non affittano ai neri» e quindi la ricerca di un appartamento si rivela molto più complicata del previsto: i 350 euro richiesti dal padrone di casa quasi dimezzano il budget mensile.
Malgrado la laurea, sei costretto a lavorare come operaio: orari e mansioni massacranti e quando hai un incidente perdi una settimana di lavoro. E sei pure costretto a ripagare gli attrezzi andati perduti (altri 100 euro). Devi poi fare i conti con l’abbonamento ai mezzi pubblici, devi comprare da mangiare e spedire un po’ di denaro alla famiglia rimasta in Senegal. Arrivare a fine mese per Modou è difficilissimo. Se non ci credete, provate a fare una partita a “Nei miei panni”, un videogioco creato dall’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) in occasione della settimana contro il razzismo (17-24 marzo). Si può scegliere fra tre personaggi: Modou (31 anni, senegalese), Katerina (40 anni, ucraina che ha lasciato i tre figli per lavorare in Italia) o Ahmed (23 anni, tunisino). Il gioco pone di fronte a bivi drammatici: mandare o non mandare soldi a casa? Curarsi, prosciugando il magro budget per comprare le medicine o no? Andare a lavare i vetri delle auto al semaforo per raccogliere qualche spicciolo in attesa che venga pagato il primo stipendio? Per tutti l’obiettivo è apparentemente semplice: arrivare a fine mese con soli 700 euro in tasca. Molto spesso il gioco si chiude con un «Non ce l’hai fatta!». Modou, Katerina e Ahmed. Persone diverse ma accomunate dalle difficoltà e dalle ingiustizie spesso subite dai cittadini stranieri che vivono in Italia. “Nei miei Panni” è solo un gioco ma, avverte l’Unar: «Forse non sai che molte delle vicende che hai dovuto affrontare durante il percorso, accadono quotidianamente agli oltre 5 milioni di immigrati che vivono in Italia». E per loro è un passatempo molto meno divertente.
Ilaria Sesana
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