L'Amore non è tenersi la propria vita bensì donarla, fidarsi, lasciare che sia l'altro a guidarci restando pronti, quando verrà il momento, a dargli il cambio...
Nei college americani hanno un problema, che per la verità non è esclusivamente loro: i ragazzi vorrebbero innamorarsi ma non riescono. Non per imbarazzo, inesperienza o mancanza di tempo – fosse così la soluzione, tutto sommato, sarebbe semplice -, ma per un problema più serio: la diffusione, divenuta prassi, del sesso occasionale. Col conseguente e prevedibile disagio che sperimenta chi vorrebbe un legame stabile e, possibilmente, duraturo. «Si sente il bisogno – è stato quindi osservato – di professori che facciano lezione su tutto quello che noi abbiamo imparato sulle nostre fragili spalle. Sono tanto disarmati i nostri studenti intossicati da “hookup” che il romanticismo viene necessariamente trattato come disciplina scolastica, devono imparare seduti sui banchi come innamorarsi, come riconoscere i sintomi dell’ amore, come capire quando l’amore ci sta avvelenando e sarebbe meglio ricorrere all’eutanasia».
Prima di trarre valutazioni sull’idea di provare a ricordare ai più giovani l’importanza del romanticismo, è bene sottolineare che – anche al di là di valutazioni di ordine morale – quella che anima il cosiddetto “hookup” non è, per così dire, una condotta priva di rischi, anche se non mancano ricerche che tentano di metterne in luce i benefici. Il sesso “a-relazionale”, è infatti un fenomeno spesso associato al consumo di alcol e che, sperimentato dai giovanissimi, appare legato a maggiori rischi di depressione e non di rado genera sensi di colpa e delusione. Quindi non c’è da stupirsi del fatto che, se anziché rimediare al vuoto educativo di taluni comportamenti adolescenziali sul versante sessuale, si offrono risposte improprie quali, per esempio, la promozione di metodi contraccettivi quanto meno, si dice, per “limitare i danni” (leggasi: evitare gravidanze indesiderate) detto vuoto altro non fa che espandersi, come mostra da un lato l’assenza di dati che dimostrino «la riduzione degli aborti mediante politiche di incentivo alla contraccezione» e, d’altro lato, la presenza di «numerosi indicatori che vanno in senso contrario».
Ma torniamo all’”hookup”, formula gergale del tutto paragonabile, nel suo significato, alla nostra triviale ed esplicita espressione del «una botta e via». Per provare ad incidere su questo tipo di condotta – che inaspettatamente pare ormai diffusa in modo simile fra maschi, di solito ritenuti più sessualmente disinvolti, e femmine – è bene aggredirne le cause che, secondo un accurato studio sul tema, sarebbero molteplici anche se, in sintesi, riconducibili alle seguenti: il desiderio di “evasione” senza legami fissi, una forte attrazione fisica, la comodità di un rapporto senza impegno, la preferenza generale per un rapporto occasionale. Aggiungiamoci le responsabilità non marginali dei mass media per come, ormai da decenni, raffigurano una sessualità assai disinvolta, e i conti – come si dice – tornano. Saranno quindi utili lezioni di “romanticismo” che in più college americani stanno predisponendo? La risposta è: dipende.
Da cosa? Una prova certa potrà venire solo dai riscontri fattuali futuri, ma si può ragionevolmente ipotizzare l’efficacia di iniziative simili nella misura in cui queste sapranno motivare i giovani. Una motivazione che non potrà essere loro trasmessa tramite generici divieti morali o spauracchi di alcun genere, ma facendo loro capire come genitalizzare i rapporti, in fondo, significhi non viverli e snaturarsi, omologarsi all’edonismo; andrebbe loro poi spiegato che una relazione merita di essere vissuta nella misura in cui è espressione di tre caratteristiche: la gratuità, la gradualità e la finalità. La prima è fondamentale perché più permane non tanto una componente individuale – che è bene rimanga, essendo propria dell’originalità personale di ognuno –, bensì una individualista e quindi attenta al tornaconto, nessun rapporto, neppure se durevole, sarà mai cementato del tutto in un’ottica di autentica condivisione reciproca. Si sta cioè assieme, ma fino ad un certo punto; in parte, ma mai del tutto.
La seconda caratteristica fondamentale è quella della gradualità: se non esiste casa realizzabile senza le fondamenta, lo stesso deve valere sul versante relazionale, dove oltretutto le basi – a differenza di immobili ormai quasi tutti teoricamente al sicuro, in quanto antisismici – verranno continuamente messe alla prova da scosse, fluttuazioni ed imprevisti. Ne consegue come una storia senza basi, così come una casa col tetto ma senza fondamenta, nel giro di poco sia destinata per forza di cose a deludere. Terzo ed ultimo profilo, quello dell’attenzione al fine, ossia allo scopo per cui due persone scelgono di stare assieme. Uno scopo che, a differenza di quanto accade in relazioni fondate sulla sola dimensione sessuale, dovrà a sua volta essere chiaro (se non sai perché stai con l’altro, difficilmente ci resterai a lungo), condiviso (se la coppia è la somma di volontà diverse, non è) ed altruistico, aperto alla vita (l’ipotesi di costruire una famiglia escludendo subito l’ipotesi dei figli deprime a priori).
Ma di queste è senza dubbio la prima, la gratuità, la caratteristica più importante, ossia il sapersi donare integralmente – in tempo, energie, pensieri –, dando spazio all’elemento unitivo dell’amicizia senza preoccuparsi di preservare in modo quasi ossessivo i cosiddetti “propri spazi” né di perseguire il solo piacere, come avviene nel sesso occasionale. La cultura dominante predica l’opposto, ossia l’ostinata ricerca di un appagamento anzitutto personale e di una fusione di vite sempre relativa e parziale, attenta a non limitare alcuna libertà. Eppure il precariato affettivo e la frammentazione familiare dei nostri giorni dimostra in modo fin troppo chiaro che, per quanto seducente, questa strada è un vicolo cieco dal momento che è utopico immaginare stabile un rapporto dove due da un lato si dichiarano uniti e dall’altro seguono – e continuano a seguire – ognuno la propria strada, le proprie ambizioni, i propri sogni. Ma l’Amore non è tenersi la propria vita bensì donarla, fidarsi, lasciare che sia l’altro a guidarci restando pronti, quando verrà il momento, a dargli il cambio. In una quotidiana e meravigliosa alternanza.
Giuliano Guzzo
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